Ordinanza nº 326 da Constitutional Court (Italy), 02 Dicembre 2011

RelatorePaolo Maria Napolitano
Data di Resoluzione02 Dicembre 2011
EmittenteConstitutional Court (Italy)

ORDINANZA N. 326

ANNO 2011

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Alfonso QUARANTA Presidente

- Franco GALLO Giudice

- Gaetano SILVESTRI "

- Sabino CASSESE "

- Giuseppe TESAURO "

- Paolo Maria NAPOLITANO "

- Giuseppe FRIGO "

- Alessandro CRISCUOLO "

- Paolo GROSSI "

- Giorgio LATTANZI "

- Aldo CAROSI "

- Marta CARTABIA "

- Sergio MATTARELLA "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’articolo 32, commi 1 e 1-bis, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), come modificato dall’art. 1, comma 22, lettera v), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), promossi dal Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte con tre ordinanze del 10 febbraio 2011 e con due ordinanze del 22 gennaio 2011 rispettivamente iscritte ai nn. 78, 79, 80, 94 e 95 del registro ordinanze 2011 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 20 e 23, prima serie speciale, dell’anno 2011.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 18 ottobre 2011 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano.

Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, con tre ordinanze di identico tenore, rispettivamente due del 22 gennaio 2011 (r. o. n. 94 e n. 95 del 2011) e una del 10 febbraio 2011 (r. o. n. 78 del 2011), ha sollevato – in riferimento agli artt. 3, 10, primo comma, e 117, primo comma, della Costituzione – questione di legittimità costituzionale dell’art. 32, commi 1 e 1-bis, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), nella parte in cui, nel testo risultante dalle modifiche introdotte dall’art. 1, comma 22, lettera v), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), estende ai minori affidati ai sensi dell’art. 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Diritto del minore ad una famiglia), e a quelli sottoposti a tutela la disciplina originariamente prevista per i soli minori «non accompagnati», in virtù della quale, per la conversione del titolo di soggiorno rilasciato per «minore età» in quello rilasciato per «lavoro subordinato», è necessario aver partecipato per un periodo non inferiore a due anni ad un progetto di integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato che abbia rappresentanza nazionale.

che il TAR è chiamato a decidere su ricorsi avverso provvedimenti del Questore di Torino di rigetto dell’istanza di conversione del permesso di soggiorno per minore età, in «attesa occupazione» o in «lavoro subordinato» e in un caso (ord. n. 78 del 2011) anche della legittimità del provvedimento del Prefetto di Torino con il quale è stato respinto il ricorso gerarchico presentato avverso il provvedimento del Questore;

che le ordinanze si differenziano solo per la parte in fatto;

che i ricorrenti nel giudizio principale sono tutti stranieri, entrati clandestinamente in Italia, che hanno ottenuto il rilascio di un permesso di soggiorno per minore età e che sono stati affidati dall’autorità giudiziaria all’assessorato all’assistenza del Comune di Torino e, in un caso, ad uno zio materno (ord. n. 95 del 2011);

che in tutti e tre i giudizi, il TAR ha ritenuto di sollevare d’ufficio questione di legittimità costituzionale, provvedendo, con separate ordinanze, a disporre la sospensione cautelare dei provvedimenti impugnati sino alla prima camera di consiglio successiva alla restituzione degli atti da parte della Corte costituzionale;

che il remittente ritiene infondata la tesi sostenuta dai ricorrenti secondo la quale la normativa censurata sarebbe applicabile soltanto per il futuro, cioè esclusivamente nei confronti degli stranieri minorenni entrati in Italia, dotati di permesso di soggiorno per minore età e affidati ai sensi dell’art. 2 della legge n. 184 del 1983 dopo l’entrata in vigore della legge 15 luglio 2009, n. 94, in quanto, in base al principio tempus regit actum, ritiene di dover applicare la normativa vigente al momento dell’emissione del provvedimento;

che, a parere del Tribunale amministrativo, la normativa censurata introdurrebbe una definizione di straniero «minore non accompagnato» assolutamente difforme rispetto a quella antecedentemente conosciuta dal diritto comunitario e nazionale e, tale normativa, nella sua irrazionalità e arbitrarietà, frustrerebbe l’affidamento dell’interessato nella sicurezza giuridica, elemento fondamentale dello Stato di diritto;

che in precedenza erano considerati «minori non accompagnati» soltanto coloro che, non avendo la cittadinanza italiana o di un altro Stato UE e non avendo presentato domanda di asilo, si trovavano in Italia privi di assistenza e rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per loro legalmente responsabili;

che le definizioni di «minore non accompagnato» desumibili dalle diverse norme in materia sono coincidenti (art. 2, lettera h, della direttiva del Consiglio UE del 27 gennaio 2003, n. 2003/9/CE – recepita in Italia con d.lgs. 30 maggio 2005, n. 140, recante «Attuazione della direttiva 2003/9/CE che stabilisce norme minime relative all'accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri» – recante norme minime in materia di accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri; art. 1, comma 1, della Risoluzione del Consiglio UE del 26 giugno 1997 sui minori non accompagnati, cittadini di Paesi terzi; art. 1, comma 2, del d.P.C.m. 9 dicembre...

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