Sentenza nº 274 da Constitutional Court (Italy), 21 Ottobre 2011

RelatoreGiuseppe Tesauro
Data di Resoluzione21 Ottobre 2011
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 274

ANNO 2011

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Alfonso QUARANTA Presidente

- Alfio FINOCCHIARO Giudice

- Franco GALLO "

- Luigi MAZZELLA "

- Gaetano SILVESTRI "

- Giuseppe TESAURO "

- Giuseppe FRIGO "

- Alessandro CRISCUOLO "

- Paolo GROSSI "

- Giorgio LATTANZI "

- Aldo CAROSI "

- Marta CARTABIA "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 705 del codice di procedura penale e dell’art. 40 della legge 22 aprile 2005, n. 69 (Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri), promossi dalla Corte di cassazione con ordinanze del 14 febbraio e del 25 marzo 2011, iscritte rispettivamente ai nn. 71 e 147 del registro ordinanze 2011 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 18 e 28, prima serie speciale, dell’anno 2011.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 21 settembre 2011 il Giudice relatore Giuseppe Tesauro.

Ritenuto in fatto

  1. – La Corte di cassazione, con ordinanza del 14 febbraio 2011 (r.o. n. 71 del 2011), ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 27, terzo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 705 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede una riserva analoga a quella richiamata dall’art. 18, comma 1, lettera r), della legge 22 aprile 2005, n. 69 (Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri), «nella lettura imposta dalla pronuncia della Corte costituzionale n. 227 del 2010», qualora la procedura sia attivata tra Stati membri dell’Unione europea e riguardi la richiesta di estradizione di un cittadino dello stesso territorio, «stabilmente inserito in Italia».

    1.1. – Il giudice rimettente espone che nei confronti di S.A., cittadino rumeno, è stata attivata una procedura ordinaria di estradizione, in ragione dell’epoca del commesso reato, antecedente al 7 agosto 2002. Tale fatto impedirebbe di applicare al caso di specie il limite alla consegna, previsto dall’art. 18, comma 1, lettera r), della legge n. 69 del 2005, nella lettura imposta dalla pronuncia della Corte costituzionale n. 227 del 2010, disposizione posta a presidio della garanzia del cittadino italiano e comunitario di poter scontare in Italia la sanzione divenuta definitiva nello Stato comunitario richiedente, ove l’interessato sia stabilmente residente in Italia e sia provata la sua integrazione nel territorio.

    A giudizio della Corte di cassazione, per effetto di tale «limitazione», dovuta alla vigenza della normativa sul mandato di arresto europeo, si sarebbe venuta a creare, nella situazione di fatto descritta, una violazione dei diritti fondamentali, tra i quali deve collocarsi il diritto di stabilimento, determinandosi una «difformità di trattamento di situazioni analoghe, che appare priva di ragionevolezza», come sarebbe reso evidente dal caso in esame, in cui risulta preclusa la disposizione più favorevole, nonostante che «il decorso di un congruo periodo temporale dall’epoca del commesso reato rende in fatto ancor più probabile la recisione dei legami con il proprio paese d’origine e più radicata la presenza nel territorio straniero intervenuta medio termine». Tale disparità di trattamento, poi, non potrebbe essere superata in via interpretativa, essendo il giudizio limitato alla valutazione della legittimità della richiesta dello Stato estero, alla luce dell’art. 705 cod. proc. pen., che non prevede tra i motivi di rifiuto della consegna la valutazione dell’esigenza di reinserimento del condannato e quindi la tutela dell’interesse di tutti gli Stati membri alla rieducazione effettiva del reo.

    Il rimettente ritiene, pertanto, che la norma violi sia l’art. 27, terzo comma, Cost, sia i «principi comunitari», ed in particolare quello di non discriminazione di cui all’art. 12 (ora 18 TFUE) del Trattato, di uniformità di trattamento dei cittadini europei di cui all’art. 17 del Trattato e del diritto di stabilimento riconosciuto dall’art. 18 (rectius: 21 TFUE), con conseguente violazione dell’art. 117, primo comma, Cost.

    1.2. – Precisato, in punto di rilevanza, che dalle informazioni assunte sarebbe confermata la piena integrazione di S.A. e del suo nucleo familiare nel territorio italiano, la Corte conclude chiedendo di dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 705 cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede il rifiuto di consegna e la conseguente possibilità di scontare la pena in Italia, del condannato, cittadino di un Paese membro dell’Unione europea, residente o dimorante nel nostro territorio ed ivi stabilmente inserito, del quale sia stata richiesta l’estradizione.

  2. – Nel giudizio innanzi alla Corte è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata.

    In primo luogo si osserva come il diverso regime fra le procedure di estradizione e di consegna, a seguito di mandato di arresto, giustificherebbe la diversità delle ipotesi di rifiuto della consegna. In secondo luogo, sarebbe insussistente una diversità di trattamento fra cittadino e straniero, non essendo prevista una simile ipotesi neppure per il cittadino italiano. Inoltre, l’omessa previsione dell’ipotesi di cui all’art. 18, comma 1, lettera r), anche nel caso dell’estradizione, discenderebbe dalla norma transitoria (art. 40 della legge n. 69 del 2005), – peraltro consentita dall’art. 32 della decisione quadro 2002/584/GAI (Decisione quadro del Consiglio relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra gli Stati membri) – piuttosto che dall’asserita illegittimità della procedura di estradizione. Del resto, afferma l’Avvocatura generale dello Stato, la diversità delle discipline rifletterebbe la «filosofia» dei due differenti regimi, basato il primo, quello previgente, sulla cooperazione intergovernativa, il secondo sul mutuo riconoscimento, demandato a procedure integralmente giurisdizionali.

    Infine, il Presidente del Consiglio dei ministri assume che il petitum...

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