Legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
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@CORTE DI CASSAZIONE PENALE sez. III, 11 marzo 2010, n. 9921 (ud. 12 novembre 2009) Pres. Teresi – Est. Sensini – P.M. Passacantando (Conf.) – Ric. Majouri

Giudizio abbreviato – Richiesta – Imputato soggetto a giudizio immediato – Ammissione del rito abbreviato – Successiva revoca del provvedimento da parte del g.u.p – Abnormità

Qualora l’imputato nei cui confronti sia stato emesso decreto di giudizio immediato abbia chiesto ed ottenuto, com’è suo diritto (in presenza delle condizioni di legge) l’ammissione al giudizio abbreviato, ai sensi dell’art. 458, comma 2, c.p.p., l’eventuale revoca di tale ammissione costituisce provvedimento abnorme, comportante nullità del giudizio che, a seguito di esso, sia stato svolto nelle forme ordinarie. (Mass. Redaz.) (c.p.p., art. 458) (1)

    (1) Si vedano Cass. pen. sez. V, 2 febbraio 2005, Di Ponio, in questa Rivista 2006, 220 e Cass. pen. sez. I, 14 aprile 2004, Pawlak, ivi 2005, 511, in parte discordanti tra loro ma concordi circa la non revocabilità dell’ammissione al giudizio abbreviato.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1 - Con sentenza in data 17 marzo 2009 la Corte di Appello di Firenze confermava la pronuncia del Tribunale di quella città del 10 aprile 2008, con la quale Majouri Farid era stato riconosciuto colpevole del reato di cui all’art. 110 c.p., D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, per avere, in concorso con Boubaker Mohamed e Bruni Alice, illegalmente acquistato e detenuto per fine di spaccio gr. 222 di eroina.

Va premesso che:

- in data 11 giugno 2007 il Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Firenze, dr. Crivelli, convalidava l’arresto del prevenuto;

- il 20 giugno 2007 il medesimo G.I.P. emetteva decreto di giudizio immediato nei confronti dell’odierno ricorrente, indicando per la comparizione l’udienza del 20 settembre 2007;

- in data 17 luglio 2007, la difesa dell’imputato avanzava richiesta di giudizio abbreviato condizionato all’esame dei coimputati Boubaker e Bruni;

- in data 3 settembre 2007, altro G.I.P. presso il Tribunale di Firenze, tale dr. De Luca, ammetteva l’imputato al giudizio abbreviato condizionato, fissando l’udienza per il giorno 18 ottobre 2007;

- in prossimità dell’udienza, precisamente in data 15 ottobre 2007, con provvedimento reso fuori udienza ed in assenza di contraddittorio, il G.I.P. dr. De Luca revocava l’ammissione al giudizio abbreviato e respingeva la richiesta di giudizio abbreviato condizionato. Conseguentemente, in data 27 ottobre 2007, il G.I.P. dr. Crivelli reiterava il decreto di giudizio immediato, indicando per la comparizione dinanzi al Tribunale l’udienza del 21 febbraio 2008.

L’imputato avanzava nuovamente, nella fase degli atti preliminari al dibattimento, la richiesta di giudizio abbreviato condizionato, ma il giudice la rigettava.

La Corte di Appello di Firenze, pur ritenendo l’illegittimità del provvedimento con il quale era stata revocata la pronuncia ammissiva del giudizio abbreviato, ne escludeva, però, la abnormità.

Rigettava, inoltre, la richiesta di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale (in particolare, l’esame della Bruni Alice, la quale avrebbe dovuto chiarire che l’imputato si era recato presso il casolare ove poi i militari lo avevano rinvenuto, unitamente ad essa Bruni ed al Boubaker, semplicemente per acquistare droga per suo uso personale), osservando che lo stesso coimputato Boubaker, rendendo l’esame, aveva dichiarato che era stato proprio il Majouri Farid a portare la partita di droga al casolare. In ogni caso, risolutiva - ad avviso della Corte territoriale - per escludere la richiesta di rinnovazione del dibattimento, era la deposizione del verbalizzante Fanfarillo Antonio, il quale aveva riferito di aver sorpreso tre persone (appunto il Majouri, il Boubaker e la Bruni) sedute in circolo, attorno al panetto di droga. Anzi, proprio l’assoluta rilevanza della suddetta deposizione ai fini della decisione, rendeva evidente - ad avviso della Corte territoriale - che il processo non poteva essere definito allo “stato degli atti” e la pronuncia di primo grado andava confermata.

2 - Avverso la sentenza della Corte di Appello ha proposto ricorso per Cassazione il difensore dell’imputato, lamentando:

2.1) inosservanza di norme processuali ed abnormità dell’ordinanza di revoca della precedente ammissione al rito abbreviato, nonchè abnormità del conseguente decreto che disponeva il giudizio. Siffatta abnormità si riverberava su tutti gli atti compiuti nei giudizi di primo e di secondo grado;

2.2) in ogni caso, illegittimità dell’ordinanza di revoca dell’ammissione al rito abbreviato, in quanto non giustificata nè da ragioni di economia processuale, nè sotto il profilo della superfluità dell’integrazione probatoria, in quanto “lo stato degli atti” era tutt’altro che univoco e comunque non sufficiente a provare che il prevenuto stesse partecipando allo spaccio e non stesse solo comprando perPage 304 fini personali. Si imponeva, comunque, in favore dell’imputato, la riduzione di pena prevista per il rito;

2.3) difetto di motivazione dell’ordinanza con la quale era stata rigettata l’istanza di assunzione della deposizione della Bruni Alice;

2.4) mancata assunzione di una prova decisiva in relazione alla richiesta di rinnovazione dibattimentale in sede di appello, anche ai sensi dell’art. 603, comma 2, c.p.p. sempre con riferimento alla deposizione della Bruni;

2.5) difetto ed illogicità della motivazione in punto di responsabilità penale del prevenuto e di congruità del trattamento sanzionatorio.

Si chiedeva l’annullamento della sentenza.

MOTIVI DELLA DECISIONE

3 - Il motivo di ricorso attinente alla corretta instaurazione del dibattimento di primo grado ha carattere pregiudiziale ed assorbente rispetto agli altri.

Va premesso che la L. n. 479 del 1999 ha ridisegnato in modo significativo la struttura del giudizio abbreviato, quale era delineata negli artt. 438 e 443 c.p.p., trasformandone radicalmente i presupposti e gli schemi procedurali. Attualmente, l’istituto del giudizio abbreviato si configura come un vero e proprio diritto dell’imputato, con la conseguenza che, una volta avanzata la relativa richiesta, il giudice è tenuto a disporre con ordinanza siffatto giudizio (art. 438, comma 4, c.p.p.), essendo a lui riservato esclusivamente il potere di integrazione probatoria ex officio, quando ritenga di non poter decidere “allo stato degli atti”.

Conseguentemente, al giudice non è più attribuito il potere di disattendere la richiesta sulla base di un apprezzamento discrezionale in punto di complessità delle acquisizioni probatorie necessarie ai fini della decisione e, quindi, di compatibilità dell’integrazione probatoria officiosa con le esigenze di deflazione tipiche del rito speciale. L’instaurazione del giudizio abbreviato è, pertanto, rimessa alla iniziativa esclusiva dell’imputato, che ne è divenuto l’unico arbitro, in quanto il pubblico ministero non può opporsi alla richiesta di giudizio semplificato ed il giudice, dal canto suo, non può nè valutare se il processo sia effettivamente suscettibile di definizione “allo stato degli atti”, nè, in caso negativo, rigettare la richiesta, in quanto la completezza delle prove può essere in ogni caso assicurata dal potere integrativo del giudice stesso. A quest’ultimo è, invece, consentito di rigettare la richiesta dell’imputato di giudizio abbreviato soltanto quando essa risulti “condizionata” ad un’integrazione probatoria che non sia necessaria ai fini della decisione nè “compatibile con le finalità di economia processuale” proprie del rito alternativo (art. 438, comma 5, c.p.p.).

La fattispecie in esame trova i suoi punti di riferimento nell’art. 438, comma 4, c.p.p. e art. 458, comma 2, c.p.p..

Ai sensi dell’art. 438, comma 4, c.p.p. sulla richiesta di ammissione al giudizio abbreviato formulata dall’imputato, il giudice provvede con ordinanza con la quale dispone il ridetto giudizio. In base alla interpretazione letterale della norma, si può affermare che l’ordinanza-decreto, disciplinata dall’art. 438, comma 4, c.p.p. è un atto di natura complessa, con il quale il giudice, da un lato, valuta i presupposti di ammissibilità del rito e, dall’altro, adotta i provvedimenti conseguenti, quali la fissazione della relativa udienza. L’art. 458, comma 2, c.p.p. stabilisce, a sua volta, che, se la richiesta è ammissibile, il giudice fissa con decreto l’udienza.

La giurisprudenza prevalente di questa Corte (cfr., ex multis, Cass. pen., sez. I, 17 giugno 2004 n. 33965, Gurliaccio; Cass. pen., sez. II, 2 aprile 2007 n. 15117, Polverino) ritiene che la fissazione dell’udienza disciplinata dall’art. 458, comma 2, c.p.p. deve essere interpretata come atto introduttivo del rito abbreviato, già preceduto da un vaglio di ammissibilità della richiesta, di cui costituisce il naturale sviluppo logico e giuridico. Pertanto, il provvedimento adottato ai sensi dell’art. 458, comma 2, c.p.p. costituisce un atto complesso, con il quale il giudice per le indagini preliminari, investito della richiesta formulata dall’imputato, cui sia stato notificato il decreto di giudizio immediato, valuta l’ammissibilità dell’istanza e, dopo un apprezzamento positivo dei presupposti, fissa la relativa udienza. All’esito della pronuncia dell’ordinanza di accoglimento della richiesta, il giudizio abbreviato può dirsi iniziato. Proprio perchè introduttiva del rito, l’ordinanza con la quale viene ammesso il giudizio abbreviato non è revocabile, fatti salvi i casi disciplinati dall’art. 441 bis c.p.p., qualificabili come fattispecie di diritto potestativo dell’imputato, essendo riconosciuta esclusivamente a quest’ultimo, in presenza dei presupposti fissati dalla legge, la facoltà di revocare la richiesta di ammissione al giudizio semplificato, in precedenza formulata.

Sulla base di queste considerazioni, sono da ritenere esorbitanti da qualsiasi schema processuale sia l’ordinanza del G.I.P di revoca del provvedimento ammissivo del giudizio abbreviato...

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