Sentenza nº 120 da Constitutional Court (Italy), 09 Luglio 1963
Data di Resoluzione | 09 Luglio 1963 |
Emittente | Constitutional Court (Italy) |
SENTENZA N. 120
ANNO 1963
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Prof. GASPARE AMBROSINI, Presidente
Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO
Prof. ANTONINO PAPALDO
Prof. NICOLA JAEGER
Prof. GIOVANNI CASSANDRO
Prof. BIAGIO PETROCELLI
Dott. ANTONIO MANCA
Prof. ALDO SANDULLI
Prof. GIUSEPPE BRANCA
Prof. MICHELE FRAGALI
Prof. COSTANTINO MORTATI
Prof. GIUSEPPE CHIARELLI, Giudici,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 3, secondo comma, della legge 23 ottobre 1960, n. 1369, promossi con cinque ordinanze emesse il 5 luglio 1962 dal Pretore di Genova nei procedimenti penali a carico, rispettivamente, di Dani Gino, Mazzi Ermanno, Mazzarella Millo, Marcialis Giuseppe e Speroni Garibaldino, iscritte ai nn. 145, 146, 147, 148 e 149 del Registro ordinanze 1962 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 259 del 13 ottobre 1962.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri e di costituzione in giudizio di Dani Gino, Mazzi Ermanno, Mazzarella Millo, Marcialis Giuseppe e Speroni Garibaldino;
udita nell'udienza pubblica del 24 aprile 1963 la relazione del Giudice Antonio Manca;
uditi gli avvocati Arturo Carlo Jemolo e Luigi Arnaboldi, per le parti private, e il sostituto avvocato generale dello Stato Umberto Coronas, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Ritenuto in fatto
Nel corso di procedimenti penali a carico dei signori Gino Dani, Ermanno Mazzi, Millo Mazzarella, Giuseppe Marcialis e Garibaldino Speroni, il Pretore di Genova, con cinque separate ordinanze del 5 luglio 1962, ha sollevato la questione della legittimità costituzionale dell'art. 3, secondo comma, della legge 23 ottobre 1960, n. 1369, per contrasto con gli artt. 25, secondo comma, e 39, quarto comma, della Costituzione. Detta legge concerne il divieto di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro e nuova disciplina dell'impiego di mano d'opera negli appalti di opere e di servizi.
Dispone nell'art. 3, primo comma, che gli imprenditori che appaltano opere e servizi da eseguirsi nell'interno delle aziende, con organizzazione e gestione propria dell'appaltatore, sono tenuti in solido con quest'ultimo a corrispondere ai lavoratori dal medesimo dipendenti un trattamento minimo normativo non inferiore a quello spettante ai lavoratori dipendenti dalle aziende appaltanti.
Il secondo comma, ora denunciato, stabilisce che la stessa disciplina si applica agli appalti concessi dalle imprese che esercitano un pubblico servizio per le attività di esazione, installazione e lettura di contatori, manutenzione di reti di distribuzione e di trasporto, allacciamenti, costruzione di colonne montanti, impianti di apparecchi, reti a bassa tensione ed attività similari.
Nell'art. 6 é contenuta la sanzione penale (ammenda) per l'inosservanza delle disposizioni dell'art. 3.
Il Pretore ha ritenuto la questione rilevante per la definizione del processo e non manifestamente infondata.
In riferimento al secondo comma dell'art. 25 della Costituzione osserva che, nella disposizione impugnata, la frase "o attività similari" deferirebbe al guidice la individuazione del fatto-reato in via di analogia, in contrasto col carattere tassativo del precetto penale, desumibile implicitamente dalla citata norma costituzionale.
Aggiunge, d'altra parte, che, nel caso attuale, non troverebbero applicazione i principi enunciati nella sentenza di questa Corte n. 27 del 1961, in relazione all'art. 121 del T.U. delle leggi di pubblica sicurezza 18 giugno 1931, n. 773. Ciò perché, in questo articolo, la frase "e mestieri analoghi" si riporterebbe a fattispecie omogenee, tali da fornire all'interprete precise direttive per la determinazione del fatto punibile, mentre, nella disposizione denunciata, le indicazioni esemplificative avrebbero carattere eterogeneo, e darebbero luogo ad un ampliamento e ad un'integrazione della norma penale da parte del giudice.
Riguardo alla violazione dell'art. 39 della Costituzione, il Pretore, riportandosi all'opinione che, in tale articolo, sia contenuta una riserva normativa a favore dei sindacati, osserva che il secondo comma dell'art. 3 della legge del 1960 avrebbe, in sostanza, esteso un contratto collettivo concernente i rapporti di lavoro con l'impresa appaltante (telefonici) ai rapporti di lavoro dei dipendenti della ditta appaltatrice; rapporti regolati da diverso contratto collettivo (metalmeccanici) o non regolati da alcun contratto del genere.
Dopo espletato le prescritte formalità concernenti le notificazioni o comunicazioni, le ordinanze sono state pubblicate...
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