La volontaria giurisdizione

AutoreMassimiliano di Pirro
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@1 Premessa

La giurisdizione volontaria, a differenza della giurisdizione contenziosa, è finalizzata non a risolvere una lite ma ad assicurare l’intervento del giudice nella formazione della volontà del soggetto (Satta-Punzi). Con tale attività, infatti, il giudice collabora con le parti nel dar vita ad un determinato rapporto giuridico.

La differenza più evidente tra la giurisdizione volontaria e la giurisdizione contenziosa sta nella natura del provvedimento finale: mentre in sede contenziosa i giudici emettono provvedimenti idonei a regolare con stabilità i rapporti controversi tra le parti in lite, i provvedimenti di giurisdizione volontaria possono essere revocati o modificati in ogni tempo, essendo adottati in base a valutazioni contingenti di opportunità che possono mutare nel tempo.

Ai procedimenti di volontaria giurisdizione non regolati in altro modo da norme specifiche si applicano le disposizioni sui procedimenti in camera di consiglio (artt. 737-742bis c.p.c.), che possono sinteticamente riassumersi nel seguente modo:

- dopo la proposizione del ricorso, il presidente nomina, tra i componenti del collegio, un relatore, che provvede ad una succinta attività d’istruzione, non senza farla precedere da un riscontro circa l’eventuale necessità o opportunità che al procedimento partecipino anche altri soggetti, e quindi riferisce in camera di consiglio (art. 738, 1° comma, c.p.c.);

- se deve essere sentito il pubblico ministero, gli atti sono a lui previamente comunicati ed egli stende le sue conclusioni in calce al provvedimento del presidente, con ciò esaurendo l’osservanza del suo onere di partecipazione (art. 738, 2° comma, c.p.c.);

- il giudice può assumere informazioni (art. 738, 3° comma, c.p.c.), compiendo così un’attività probatoria;

- il procedimento si conclude con decreto motivato, salvo che la legge disponga altrimenti (art. 737 c.p.c.).

Nei paragrafi seguenti analizzeremo i procedimenti più rilevanti. Altri procedimenti di volontaria giurisdizione sono quelli di autorizzazione alla vendita dei beni ereditari (art. 747 c.c.), di dichiarazione di assenza e di morte presunta (art. 721 e ss. c.c.), di accettazione dell’eredità con beneficio

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di inventario (art. 778 e ss. c.c.), di apposizione e rimozione di sigilli (artt. 752 e ss. c.c.) etc.

@2 La separazione personale dei coniugi

La separazione personale consiste nell’interruzione di tutti i diritti e i doveri che i coniugi acquistano e assumono con la celebrazione del matrimonio, tranne quelli di assistenza e di reciproco rispetto. Gli effetti della separazione possono cessare automaticamente con la riconciliazione, che può avvenire in modo esplicito e, quindi, essere contenuta in un accordo formale, o in modo tacito, con la ripresa della vita in comune.

La separazione personale può essere di due tipi:

- separazione giudiziale, pronunciata dal tribunale su richiesta di uno dei coniugi, quando si verifichino fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o da recare grave pregiudizio all’educazione della prole (art. 151 c.c.);

- separazione consensuale, che avviene per accordo delle parti. La separazione consensuale non ha effetto senza l’omologazione del giudice (art. 158 c.c.).

L’omologazione è la convalida ufficiale della separazione effettuata dal tribunale, dopo aver verificato che le condizioni della separazione (entità dell’assegno di mantenimento, affidamento dei figli etc.) sono eque e conformi a diritto. L’accordo raggiunto dai coniugi per la separazione è un negozio giuridico di carattere familiare, al quale si applicano le norme relative al contratto, in quanto compatibili.

Gli artt. 706-710 c.p.c. si occupano del procedimento di separazione giudiziale dei coniugi e sono stati profondamente modificati dal D.l. n. 35/2005, convertito in L. n. 80/2005, nonché dalla L. n. 263/2005 e, da ultimo, dalla L. n. 54/2006. Le nuove disposizioni, entrate in vigore il 1° marzo 2006, si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data.

Per quanto riguarda la forma della domanda, l’art. 706 c.p.c. stabilisce che la domanda di separazione personale si propone al tribunale del luogo dell’ultima residenza comune dei coniugi ovvero, in mancanza, del luogo in cui il coniuge convenuto ha residenza o domicilio, con ricorso che deve contenere l’esposizione dei fatti sui quali la domanda è fondata. Qualora il coniuge convenuto sia residente all’estero, o risulti irreperibile, la domanda si propone al tribunale del luogo di residenza o di domicilio del

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ricorrente, e, se anche questi è residente all’estero, a qualunque tribunale della Repubblica.

nel ricorso deve essere indicata, tra l’altro, l’esistenza di figli legittimi, legittimati o adottati da entrambi i coniugi durante il matrimonio.

Il presidente, nei cinque giorni successivi al deposito in cancelleria, fissa con decreto:

- la data dell’udienza di comparizione dei coniugi davanti a sé, che deve essere tenuta entro novanta giorni dal deposito del ricorso;

- il termine entro cui il coniuge convenuto può depositare memoria difensiva (alla quale, al pari del decreto, sono allegate le ultime dichiarazioni dei redditi presentate) e documenti;

- il termine per la notificazione del ricorso e del decreto.

All’udienza i coniugi devono comparire...

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