L'istituto della sospensione condizionale della pena, tra disciplina vigente, interpretazioni giurisprudenziali e prospettive de iure condendo

AutoreAntonio Nappi
Pagine1275-1279

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L'istituto della sospensione condizionale determina una deviazione dalla concezione retributiva della pena, poiché essa sospende non la pronuncia della condanna, ma l'esecuzione di una sentenza di condanna già pronunciata 1. Esso svolge (o, meglio, dovrebbe svolgere) una funzione di prevenzione speciale, derivante dalla «comune constatazione della sostanziale inutilità delle pene detentive brevi, unita alla corrispondente necessità di evitare la recidiva» 2. E, va rilevato, l'impostazione teorica che attribuisce all'istituto in commento una funzione specialpreventiva, viene accolta dalla giurisprudenza, la quale ha precisato che la sospensione condizionale rappresenta un vulnus alla funzione retributiva della pena, che si giustifica con la convinzione che il carcere rappresenti una remora al recupero sociale del reo 3.

La sospensione condizionale della pena «presenta una struttura ed un meccanismo di operatività duplice. In primo luogo, essa incide sulla pena inflitta con sentenza di condanna (o di patteggiamento), attraverso una specifica statuizione del giudice, il quale può... ordinare che la pena rimanga sospesa... In secondo luogo... può condurre all'estinzione del reato» 4. Tale istituto, indubbiamente, necessitava di una modifica che ne rendesse la disciplina compatibile con un sistema penale assiologicamente orientato ai principi di politica criminale e, in particolare, con le funzioni della pena delineate dalla Costituzione. Ciò era stato da tempo sottolineato in dottrina, rilevandosi la scarsa funzionalità specialpreventiva e generalpreventiva della sospensione condizionale così come essa è venuta concretamente a delinearsi, nella propria operatività, negli ultimi decenni 5.

È noto, difatti, che la sospensione condizionale sia venuta assumendo il carattere di vero e proprio istituto clemenziale, caratterizzato da un assoluto vuoto di effettività 6. Commesso il primo o il secondo reato il condannato - in presenza dei presupposti ai quali il Codice Rocco subordina la concessione della sospensione condizionale - ha, pressoché automaticamente, beneficiato della possibilità di non scontare la pena comminatagli con la sentenza di condanna.

Perdipiù, in apparente contrasto col dettato del codice penale, tale automatismo ha operato anche in presenza di reo già gravato di due precedenti penali. Ciò è accaduto - e continua ad accadere - nei casi in cui, al momento dell'ultima condanna, non risulti ancora, dal certificato del casellario giudiziale, la definitività delle prime due; ciò è accaduto, inoltre, ove la terza condanna fosse seguita ad applicazione di pena su richiesta delle parti. Tale ultima evenienza, tuttavia, non avrà più a verificarsi a seguito della pronuncia delle Sezioni unite, alla quale di qui a breve accenneremo 7, che ha sancito la revocabilità di diritto della sospensione condizionale della pena a seguito di condanna seppur derivante dal c.d. patteggiamento.

Il descritto stato di cose è stato agevolato anche dalle modifiche legislative che hanno ampliato la possibilità di accedere al beneficio in commento, senza connettervi la previsione di modalità applicative dello stesso che ne consentissero una configurazione in termini di compatibilità con le funzioni che la Costituzione assegna alla pena 8.

In tal modo, la sospensione condizionale ha finito per svolgere un ruolo incompatibile, innanzitutto, con le finalità di rieducazione del condannato, il quale - anzi - rischia di ricevere una percezione distorta dell'incondizionato favore che l'ordinamento gli riserva, non sanzionandolo in alcun modo, nonostante l'avvenuta commissione di un reato. Se tale ultima considerazione evidenzia l'incongruenza tra la funzione specialpreventiva positiva della pena e la concreta operatività che, per decenni, ha caratterizzato l'istituto della sospensione condizionale, va detto che non meno gravi risultano essere le discrasie rispetto alla funzione generalpreventiva, negativa e positiva. È di palmare evidenza, difatti, che il vuoto di effettività e la «cieca» demenzialità della sospensione condizionale, non abbiano contribuito a far apparire il sistema penale come una seria «minaccia» in grado di orientare le condotte dei consociati, né abbiano accresciuto il consenso della collettività nei confronti della giustizia penale la quale, anzi, ha perso di credibilità.

La sospensione condizionale della pena, dunque - affinché perda le descritte connotazioni, inconciliabili con delle corrette opzioni di politica-criminale - andrebbe concepita come una vera e propria sanzione (e ciò, come vedremo, in parte faceva lo schema di legge-delega redatto dalla CommissionePage 1276 Pagliaro) la quale, pur non presentando gli inconvenienti della pena detentiva, dovrebbe essere comunque disciplinata secondo modalità congruenti col perseguimento di finalità di integrazione sociale del reo.

A nostro avviso, anche la presa d'atto del descritto, patologico funzionamento dell'istituto della sospensione condizionale, ha ispirato la pronuncia con la quale le Sezioni unite della Corte di Cassazione hanno, recentemente, compiuto un revirement interpretativo in ordine alla natura della sentenza che applica la pena su richiesta delle parti e, dunque, (anche) in ordine alla possibilità che a tale sentenza segua la revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena. Con la sentenza n. 17781, depositata il 23 maggio 2006, le Sezioni unite hanno difatti sancito la revocabilità di diritto della sospensione condizionale della pena a seguito di patteggiamento 9.

Le Sezioni unite della Cassazione, in precedenza, avevano invece escluso che, con la sentenza di patteggiamento, il giudice potesse disporre la revoca di diritto della sospensione condizionale della pena precedentemente concessa, atteso che presupposto della medesima è che la nuova sentenza contenga un «accertamento di responsabilità ovvero un giudizio di colpevolezza in ordine ad un delitto o ad una contravvenzione, con conseguente condanna dell'imputato. Il giudizio di colpevolezza, però, non può essere [...] desunto da una sentenza con la quale venga applicata la pena su richiesta delle parti, la quale non presuppone quell'accertamento pieno e incondizionato sui fatti (e sulle prove) che rappresenta, nel rito ordinario, la premessa necessaria per l'applicazione della sanzione penale» 10.

Tale tesi, era stata poi ribadita dalle Sezioni unite, rilevandosi che «da un lato la revoca della sospensione condizionale della pena, allorquando ricorrono le condizioni di cui all'art. 168 comma 1 n. 1 c.p. è correlata non già all'applicazione di una pena, bensì all'accertamento giudiziale di un fattoreato attribuito ad un soggetto e, dall'altro, ...la sentenza pronunciata in base all'art. 444 c.p.p. prescinde da tale accertamento, ditalché la sua strutturale incapacità a provocare quell'effetto ne rendeva del tutto superflua la menzione» 11.

Con la sentenza, in commento, invece, le Sezioni unite mutano orientamento in merito alla natura della sentenza che applica la pena su richiesta delle parti 12 e, in particolare, riguardo al significato da assegnare all'affermazione normativa per cui «salve diverse disposizioni di legge, la sentenza è equiparata ad una pronuncia di condanna» (art. 445 comma 1 bis c.p.p.). In particolare, i giudici del Supremo Consesso, hanno ritenuto doversi superare la «linea ermeneutica delineata dalle tre più volte richiamate decisioni», occorrendo, al contrario, enunciare il principio di diritto per cui «la sentenza emessa all'esito della procedura di cui agli artt. 444 e segg. c.p.p. poiché è, ai sensi dell'art. 445, comma 1-bis, equiparata, «salvo diverse disposizioni di legge a una pronuncia di condanna» costituisce titolo idoneo per la revoca, a norma dell'art. 168, primo comma, n. 1, c.p., della sospensione condizionale della pena precedentemente concessa» 13.

Va detto che tale enunciato appare certamente condivisibile, non solo dal punto di vista formale, apparendo corretta l'interpretazione del dettato dell'art. 445, comma 1-bis c.p.p., ma anche da quello sostanziale e politico-criminale. Difatti, se è vero che il legislatore dovrebbe intervenire per elidere i descritti effetti distorsivi che hanno caratterizzato il concreto operare dell'istituto nel nostro ordinamento, è anche vero che - nelle more dell'auspicabile intervento legislativo - la giurisprudenza, ed in primo luogo quella di legittimità, ha il dovere di non avallare opzioni ermeneutiche (del tipo di quelle contenute nelle ricordate precedenti pronunce delle Sezioni unite) che aggravino l'incompatibilità tra le funzioni delle conseguenze sanzionatorie ed il concreto funzionamento dell'istituto in commento.

In dottrina, difatti, è stato sottolineato come la responsabilità della descritta involuzione dell'istituto vada divisa tra il potere legislativo e quello giudiziario: «il primo ha, con reiterati interventi, dilatato i termini di pena dagli originari sei mesi previsti dal codice a quelli attuali che... sono ben più ampi» 14. Osservazione, questa, ancor più valida, ove si consideri che la pena cui deve farsi riferimento non è quella edittale, bensì quella comminata in concreto, nella determinazione della quale incidono anche le circostanze attenuanti le quali, in virtù del giudizio di bilanciamento operato ai sensi dell'art. 69 c.p., possono prevalere sulle aggravanti, comportando la possibilità che siano condizionalmente sospese anche pene relative a gravi reati. La responsabilità, come dicevamo, incombe anche sulla giurisprudenza, che ha reso la sospensione condizionale, in presenza delle sole condizioni oggettive di legge che la consentono un «beneficio automaticamente elargito» 15. Ne è derivato «un ulteriore fattore di ineffettività delle pene detentive e, più in generale, del sistema penale ed un parallelo attenuarsi della correlazione tra sospensione condizionale della pena e Carta costituzionale» 16.

Prima di soffermarci sulle previsioni dei progetti di...

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