Problemi veri e falsi degli accordi collettivi locali per le locazioni ad uso abitativo

AutoreVittorio Angiolini
Pagine549-553

Page 549

@1. Accordi collettivi locali e decretazione ministeriale

C'era e c'è da aspettarsi che la fase dell'attuazione della L. n. 431 del 1998, comprendendo un'attività di trattativa e di stipulazione di accordi collettivi, del tutto inedita per questo comparto dell'esperienza giuridica e destinata a ripercuotersi direttamente sul regime dei contratti individuali di locazione dell'art. 2, comma 3, avrebbe fatto e faccia sorgere vari quesiti, taluni dei quali effettivamente difficili ed altri solo immaginati e magari tutti da verificare. Soprattutto in questa prima fase iniziale di decollo degli accordi collettivi locali è dunque importante che, anche ai fini di discernere problemi autentici da altri solo supposti, le risposte date ai quesiti sull'applicazione ed attuazione della L. n. 431 del 1998 siano tenute strettamente collegate tra loro e, pur senza trascurare il loro carattere specifico, non vadano scisse da una riflessione di natura sistematica, circa l'impianto della riforma delle locazioni ad uso abitativo, il quale, come si cercherà di mostrare, è un impianto delicato e complesso, da far funzionare unitariamente.

Il primo e più urgente quesito che viene a porsi, non appena ci si accinga ad immaginare l'imminente futuro, è quanto potrà o dovrà durare la stagione della contrattazione collettiva per le locazioni, e cioè se sia possibile stipulare accordi locali anche dopo l'emanazione del decreto di cui all'art. 4, comma 3 della L. n. 431 del 1998, con cui il Ministro dei lavori pubblici, di concerto con il Ministro delle finanze, deve fissare «le condizioni alle quali possono essere stipulati i contratti di cui al comma 3 dell'art. 2, nel caso in cui non vengano convocate da parte dei comuni le organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori ovvero non siano definiti gli accordi di cui al medesimo comma 3 dell'art. 2».

La risposta pare dover essere nel senso che tale decreto ministeriale di cui al comma 3 dell'art. 4 della L. n. 431 del 1998 - diversamente da quello di cui al comma 2 dell'art. 4 medesimo - è destinato a valere, come foriero di norme imperative che si sostituiscono a quello degli accordi locali, solo nel frangente dell'assenza di questi ultimi accordi, i quali potrebbero essere stipulati anche posteriormente alla decretazione ministeriale. Sotto questo profilo, il termine di quattro mesi assegnato dal comma 3 dell'art. 4 della L. n. 431 del 1998 sembra doversi intendere come termine avente carattere sollecitatorio per la decretazione ministeriale, la cui scadenza non impedisce affatto di stipulare accordi locali in base alla convenzione nazionale triennale e/o al decreto ministeriale di cui al comma 2 dello stesso art. 4 cit.

A favore di questa soluzione depone, primariamente, l'interpretazione letterale della L. n. 431 del 1998. Infatti, non solo il comma 3 dell'art. 4 sembra subordinare gli effetti del decreto ministeriale ivi contemplato alla sola mancata convocazione delle organizzazioni dei proprietari e dei conduttori o comunque alla mancata definizione degli accordi locali, non ponendo alcun vincolo temporale alla stipulazione degli accordi medesimi, ma soprattutto congegna il termine di quattro mesi per la decretazione ministeriale esclusivamente come termine finale. Sicché il decreto ministeriale di cui al comma 3 dell'art. 4, qualora l'amministrazione centrale dello Stato fosse in grado di avere gli elementi conoscitivi indispensabili per decidere e determinarne la sostanza, potrebbe essere emesso anche prima dei quattro mesi; esso potrebbe essere emesso anzi, sebbene ciò non sia per ora accaduto, anche all'indomani della stipula della convenzione nazionale triennale e del corrispondente decreto ministeriale di cui al comma 2 dell'art. 4; con il che l'interpretazione la quale scorge nella data di emissione del decreto di cui al comma 3 dell'art. 4 la data ultima in cui stipulare, a pena di invalidità, gli accordi collettivi locali per le locazioni, rivela tutta la sua incongruità, finendo con il rimettere alla sola volontà ministeriale di dilatare o accorciare discrezionalmente, giostrando sui tempi della decretazione, il termine e dunque lo spazio per la medesima contrattazione locale, la quale potrebbe anche, addirittura, essere del tutto vanificata.

D'altro canto, lo stesso art. 2, comma 3 della L. n. 431 del 1998, nel mentre impone ai comuni un termine di sessanta giorni per la convocazione delle organizzazioni dei proprietari e dei conduttori al fine di «promuovere» gli accordi locali, non impone alcun termine in cui le parti debbano addivenire alla sottoscrizione di tali accordi, neppure allorché ne dispone il deposito presso «ogni comune dell'area territoriale interessata». L'unico limite che, in ordine alla scansione dei tempi per la stipula degli accordi locali, possono incontrare le organizzazioni dei proprietari e dei conduttori è dunque quello derivante dalla necessità di dar seguito, a scadenza triennale, all'emissione dei decreti ministeriali di cui al comma 2 dell'art. 4 della L. n. 431 del 1998, in cui sono sanciti i «criteri generali» a livello nazionale.

@2. Accordi collettivi locali, scopi pubblici e autonomia contrattuale privata

Questa conclusione è in linea, peraltro, con la configurazione che gli accordi locali per le locazioni ad uso abitativo assumono più latamente, nella L. n. 431 del 1998. Gli accordi locali, per la L. n. 431 del 1998, si inseriscono nell'ambito di una vicenda che ha una spiccata coloritura pubblicistica, anche e proprio quanto alla contrattazione collettiva tra le organizzazioni dei proprietari e dei conduttori. La contrattazione per la convenzione nazionale, in virtù del combinato disposto dei commi 1 e 2 dell'art. 4 della L. n. 431 del 1998, deve sfociare in un apposito decreto ministeriale, preliminare a quello del comma 3, di cui nulla smentisce la natura pubblico-amministrativa, propria in genere di questo tipo di decretazione governativa.

La coloritura pubblicistica si stempera tuttavia, o forse meglio mostra la sua indole effettiva e particolare, via via che dalla contrattazione collettiva nazionale, passando per la stipula degli accordi locali, ci si avvicina al contratto del c.d. «canale agevolato», altrettanto sicuramente frutto di una libera scelta privata, stipulato tra il singolo proprietario ed il singolo conduttore ex comma 3 dell'art. 2 della L. n. 431 del 1998. In rapporto agli stessi accordi locali, il legislatore del 1998 sembra aver ritagliato, per le pubbliche amministrazioni, un ruolo assai più ridotto di quello da esse assolto nei confronti della contrattazione nazionale: comePage 550 si evince dal comma 3 dell'art. 2 della L. n. 431 del 1998, e come conferma l'art. 1 del decreto ministeriale di recezione della convenzione nazionale (commi 2 e 10), i comuni non hanno altro ruolo che quello di «convocare» le parti per la stipula degli accordi locali e di riceverne il «deposito», una volta che siano...

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