L'assemblea: il contenuto del verbale e l'efficacia di questo. Querela di falso. Problemi di prova

AutoreGraziella Grassi
Pagine225-227

Page 225

    Relazione svolta al IX° Convegno del Coordinamento Legali della Confedilizia, tenutosi a Piacenza l'11 settembre 1999.

L'art. 1136 ultimo comma del codice civile, secondo il quale: «Delle deliberazioni dell'assemblea si redige processo verbale da trascriversi in un registro tenuto dall'amministratore» non prevede quale debba essere il contenuto obbligatorio del verbale stesso.

Secondo un'interpretazione meramente letterale della norma codicistica si potrebbe sostenere che costituisce verbale qualsiasi documento il cui contenuto sia una o più deliberazioni dell'assemblea condominiale senza che occorrano ulteriori requisiti formali. Ma tale tesi, che - peraltro - non risulta essere mai stata sostenuta né in dottrina, né in giurisprudenza troverebbe, comunque, un immediato ostacolo nel significato esatto da attribuire al vocabolo «deliberazione». Se è vero, infatti, che con tale termine normalmente ci si riferisce ad un atto collegiale con riferimento al procedimento adottato per la formazione della deliberazione; si è pure sostenuto che la deliberazione è un atto complesso; un atto collettivo; un atto semplice; un contratto; un atto sui generis.

L'art. 1136 ultimo comma, invero, nel momento in cui richiede la redazione del processo verbale delle deliberazioni interviene a proposito del profilo formale della deliberazione condominiale, da intendersi in senso sostanziale, come determinazione volitiva della maggioranza o della totalità del consesso condominiale.

Il contenuto minimo obbligatorio del verbale può desumersi in relazione alla funzione documentale del verbale medesimo. Infatti, considerato che il verbale assolve prevalentemente alla funzione di documentare la valida costituzione dell'assemblea condominiale, la formazione della volontà assembleare, nonché il contenuto della volontà condominiale espressa attraverso le delibere, nel verbale dell'assemblea devono essere indicati gli elementi indispensabili per il riscontro della validità della costituzione dell'assemblea e delle sue deliberazioni, pena la nullità delle deliberazioni adottate dall'assemblea.

Non esiste alcun obbligo normativo, e quindi, nessun diritto dei condomini, a veder riprodotti nel verbale ogni loro osservazione richiesta o dichiarazione che esuli dai suddetti contenuti, dovendosi dar conto in esso esclusivamente delle operazioni svolte in assemblea, eventualmente anche in forma sintetica, ma comunque in modo tale da consentire la ricostruzione dei fatti, delle motivazioni delle decisioni, nonché degli eventuali dissensi (Corte d'appello di Milano, 18 settembre 1992).

Per la validità del verbale assembleare in forma sintetica si è recentemente pronunciata anche la Corte d'appello di Roma, secondo la quale: «Nelle delibere assembleari è valido il verbale sintetico. Tale verbale documenta la costituzione e l'attività dell'assemblea in conformità degli accertamenti e delle dichiarazioni che essa stessa ne fa a mezzo del suo presidente.

Non deve perciò contenere necessariamente l'elenco dei partecipanti idoneamente identificati né l'indicazione analitica del voto da ciascuno espresso. Incombe a chi contesta la validità della delibera dimostrare il difetto di legittimazione del partecipante contestato» (così, Corte d'appello di Roma, sez. II, sentenza 30 marzo 1999 n. 1011).

Quanto alla sottoscrizione del verbale, ai fini della validità del medesimo, è sufficiente la sottoscrizione del presidente o del segretario o dell'amministratore o anche di un solo condomino.

Mentre «la mancata sottoscrizione da parte della persona che abbia, in un primo tempo, presieduto l'assemblea condominiale e poi, per sopravvenuto malore, si sia allontanata, sicché il verbale sia stato sottoscritto soltanto dal presidente subentrato al primo, concreta una irregolarità formale, che non determina la nullità della deliberazione, e che pertanto non deve essere dedotta nel termine perentorio di cui all'art. 1137 c.c.» (così, Cass. 29 ottobre 1973 n. 2812).

Ulteriore problema è quello dell'obbligo, o meno, di redigere il cosiddetto «verbale di diserzione», ossia il verbale in cui si constati che l'assemblea in prima convocazione non si è tenuta per difetto del numero legale.

Orbene, valorizzando anche la diffusa prassi in materia, nel completo silenzio della legge, che non obbliga alla verbalizzazione di deliberazioni inesistenti, la mancata verbalizzazione del consesso...

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT