Novità e vecchie questioni in tema di consulenza tecnica d’ufficio nel processo civile

AutoreDomenico Potetti
CaricaMagistrato, Tribunale di Camerino
Pagine967-979

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@1. Le novità della L. 69 del 2009. La formulazione anticipata del quesito

La legge n. 69 del 2009 ha inciso anche sulla disciplina della consulenza tecnica d’ufficio, soprattutto per finalità di accelerazione dei procedimenti civili.

È noto, infatti, che talune storture portate soprattutto dalla prassi alla consulenza tecnica (si pensi ai copiosi richiami del consulente tecnico d’ufficio a chiarimenti, ai supplementi di indagine, ecc.) contribuivano efficacemente al grave stato in cui versa la nostra giustizia civile.

In questa palese intenzione acceleratoria si inserisce anche la marginale modifica dell’art. 191 c.p.c.

Il primo comma dell’art. 191 c.p.c. è stato, infatti, sostituito dal seguente:

Nei casi previsti dagli articoli 61 e seguenti il giudice istruttore, con ordinanza ai sensi dell’articolo 183, settimo comma, o con altra successiva ordinanza, nomina un consulente, formula i quesiti e fissa l’udienza nella quale il consulente deve comparire

.

Orbene, se si mettono a confronto le versioni vecchia e nuova del citato primo comma dell’art. 191 c.p.c., pare evidente che la relativa modifica sta tutta nel dato per cui il giudice formula i quesiti già al momento della nomina del c.t.u.

Ad una prima osservazione, potrebbe sembrare che questa modifica abbia voluto perseguire lo scopo di anticipare le eventuali discussioni in ordine alla formulazione del quesito, riducendo la durata dell’udienza di giuramento.

Viceversa, a me pare che la ratio della modifica vada individuata anche (e soprattutto) nella volontà di compensare l’accelerazione (di cui si dirà) dovuta all’anticipazione (e delimitazione) del contraddittorio critico e costruttivo delle parti sulla relazione del c.t.u. (salve le comparse conclusionali), con una maggiore cura e ponderazione nella fase della formulazione del quesito.

Infatti, la suddetta formulazione anticipata del quesito pone le parti nella condizione di riflettere sulla formulazione stessa del quesito nel tempo che separa l’udienza di nomina del c.t.u. (e quindi la formulazione del quesito) rispetto alla successiva udienza di conferimento dell’incarico al c.t.u. medesimo.

In questa udienza di conferimento dell’incarico le parti potranno sollecitare mutamenti del quesito, che del resto potrebbero provenire, d’ufficio, dallo stesso giudice.

Si consideri, infatti, che l’ordinanza con la quale è stato formulato il quesito è di regola modificabile, ai sensi dell’art. 177 c.p.c.

@2. Segue: il metodo delle bozze.

Evidentemente per rimediare alla deleteria prassi dei richiami del c.t.u. a chiarimenti, dei supplementi di indagine, ecc., il legislatore è intervenuto sull’art. 195 c.p.c., al fine di concentrare il contraddittorio tecnico innanzi al soggetto tecnico, e cioè innanzi al c.t.u., evitando per tale via che le dissertazioni tecniche (sovente estenuanti) si protraggano oltre il deposito della relazione del c.t.u., e quindi innanzi al giudice che (per definizione) tecnico non è.

Rimane fermo l’art. 196 c.p.c., per il quale il giu- dice ha sempre la facoltà di disporre la rinnovazione delle indagini e, per gravi motivi, la sostituzione del c.t.u.

Dunque, il terzo comma dell’art. 195 c.p.c. prevede oggi un meccanismo di contraddittorio incentrato sul metodo della bozza di relazione, sottoposta alla critica delle parti prima del deposito della relazione finale.

Ivi si prevede, infatti, che la relazione del c.t.u. (una bozza, evidentemente) deve essere trasmessa dal consulente alle parti costituite nel termine (il primo) stabilito dal giudice con ordinanza resa all’udienza di conferimento dell’incarico.

Con la medesima ordinanza il giudice fissa il termine (il secondo) entro il quale le parti devono trasmettere al consulente le proprie osservazioni sulla relazione.

Infine, ancora con la stessa ordinanza, il giudice fissa un termine (il terzo), anteriore alla successiva udienza, entro il quale il consulente deve depositarePage 968in cancelleria la relazione, le osservazioni delle parti e una sintetica valutazione sulle stesse.

È ovvio, data la ratio della norma, che la relazione finale potrà essere stata modificata, proprio in ragione delle osservazioni critiche provenienti dalle parti.

D’altra parte, l’art. 90 att. c.p.c., ai commi 2 e 3, continua a prevedere che il consulente non può ricevere altri scritti defensionali oltre quelli contenenti le osservazioni e le istanze di parte consentite dall’art. 194 del c.p.c., e che in ogni caso deve essere comunicata alle parti avverse copia degli scritti defensionali.

Giova ricordare, in proposito, che, seguendo una tesi giurisprudenziale, non è comminata alcuna nullità per il fatto che il c.t.u. ometta di trascrivere le osservazioni formulate dalle parti o dai loro consulenti tecnici, essendo sufficiente che tali osservazioni siano state prese in considerazione, con conseguente salvaguardia del loro diritto di difesa 1.

Giova anche ricordare che secondo la Cassazione 2 non è prevista nullità nemmeno per l’omessa verbalizzazione delle operazioni compiute: è sufficiente descriverle nella relazione.

Più ampiamente si è ritenuto che non dà luogo a nullità della c.t.u. l’omessa verbalizzazione delle operazioni compiute senza l’intervento del giudice, così come la mancata indicazione nella relazione delle operazioni compiute da consulenti nominati in un precedente grado di giudizio, delle osservazioni e delle istanze delle parti e dei loro consulenti, non essendo comminata alcuna nullità per la violazione dell’art. 195 c.p.c. 3 (nella precedente versione, ovviamente).

Si tratta di un’interpretazione (nessuna nullità se il c.t.u. omette di riferire le osservazioni delle parti) della cui attualità si può dubitare, perché pare poco adeguata alla tutela del diritto di difesa, dato che pone il giudice all’oscuro delle complete osservazioni critiche delle parti alla c.t.u., specialmente se si considera che il meccanismo introdotto dalla L. n. 69 del 2009 pare precludere siffatte osservazioni critiche successivamente al deposito della c.t.u. medesima.

Più precisamente, ora si potrebbe obiettare a quell’antica tesi che l’omessa enunciazione o allegazione (da parte del c.t.u.) delle osservazioni tecniche formulate dalle parti, data la preclusione di esse per la fase successiva al deposito della relazione peritale, potrebbe cagionare una nullità per lesione del contraddittorio (art. 111 Cost.).

Infatti, da quanto si dirà in ordine al valore preclusivo del termine finalizzato alle note critiche delle parti, introdotto nell’art. 195 c.p.c. dalla L. n. 69 del 2009, si evince la palese illegittimità di osservazioni alla c.t.u. presentate oltre i suddetti termini, nonché della prassi del c.d. richiamo del c.t.u. a chiarimenti.

Diversamente opinando avremmo non solo una violazione della lettera della legge (là dove essa pone un termine per le note critiche delle parti), ma anche della sua ratio (che è quella di accelerare il corso dei processi, in ossequio al principio della loro ragionevole durata, secondo l’art. 111 Cost.).

@3. Segue: la natura dei nuovi termini.

Occorre quindi subito interrogarsi sulla natura dei nuovi ter- mini introdotti nel corpo dell’art. 195 c.p.c., con speciale considerazione per quello di interlocuzione (sulla bozza di c.t.u.) concesso alle parti.

Ebbene, quanto alla natura dei termini previsti dal nuovo terzo comma dell’art. 195 c.p.c., occorre considerare l’art. 152, comma 1, c.p.c., secondo il quale i termini per il compimento degli atti del processo possono essere stabiliti dal giudice anche a pena di decadenza, ma soltanto se la legge lo permette espressamente.

Quindi nel nostro caso si tratta di termini ordinatori, dato che la norma non li qualifica espressamente come perentori.

Ne consegue che, il giudice, prima della scadenza, può abbreviare o prorogare, anche d’ufficio, detti termini.

Tuttavia, la proroga non può avere una durata superiore al termine originario.

Non può essere consentita proroga ulteriore, se non per motivi particolarmente gravi e con provvedimento motivato (art. 154 c.p.c.).

Al fine di evitare affidamenti erronei, è necessario ricordare che le Sezioni Unite hanno avuto occasione di rilevare che 4, anche se in dottrina si è sostenuto che la scadenza del termine ordinatorio non può mai di per sé determinare alcuna decadenza (finendosi però in tal modo per giungere alla conclusione che si sia in presenza di un termine sostanzialmente “innocuo”), la chiara formulazione degli artt. 153 e 154 c.p.c., e una interpretazione costituzionalmente orientata anche di tali norme, nel rispetto del principio della ragionevole durata del processo (art. 111 Cost.), portano a condividere l’assunto che la differenza tra termini “ordinatori” e termini “perentori” risiede nella prorogabilità o meno dei primi, perché mentre i termini perentori non possono in alcun caso essere abbreviati o prorogati, nemmeno sull’accordo delle parti (v. art. 153 c.p.c.), in relazione ai termini ordinatori è consentita, di contro, al giudice la loro abbreviazione o proroga, finanche d’ufficio, sempre però prima della scadenza (v. art. 154 c.p.c.).

Secondo dette Sezioni Unite, una volta, pertanto, scaduto il termine ordinatorio senza che si sia avuta una proroga, si determinano, per il venir meno del potere di compiere l’atto, conseguenze analoghe a quelle ricollegabili al decorso del termine perentorio.

Ne consegue che il termine concesso alle parti per depositare le loro note critiche, pur potendo essere prorogato (in quanto ordinatorio), è idoneo a creare una preclusione, ove sia violato.

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Al contrario 5, si era già sostenuto che il superamento del termine di deposito della c.t.u. non è sanzionato da nullità.

Più precisamente la Cassazione aveva affermato che il termine per il deposito della relazione del consulente tecnico, di cui all’ultimo comma dell’art. 195 c.p.c., è ordinatorio e non perentorio.

Pertanto, ove il giudice non si avvalga della facoltà di sostituzione del consulente, la relazione può essere da...

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