Vecchi orientamenti giurisprudenziali e nuovi profili noramtivi in materia di sospensione della prescrizione per il C.D. «Sciopero» degli avvocati

AutoreGianluca Mastrogiulio
Pagine588-591

Page 588

La sentenza in esame ripropone, sul piano effettuale, un noto indirizzo delle Sezioni Unite1, solo in parte codificato dal legislatore con la legge n. 251 del 2005 (c.d. legge «ex Cirielli»).

Una delle novità introdotte dalla citata novella è costituita dalla previsione di un limite alla durata della sospensione della prescrizione (pari a 60 giorni più il tempo dell'impedimento) con esclusivo riferimento all'ipotesi di sospensione del processo per impedimento delle parti o dei loro difensori.

Sul nuovo quadro normativo si sta consolidando un indirizzo giurisprudenziale, espresso sia dalla sentenza in esame sia da altre recenti pronunce, secondo cui i limiti di durata della sospensione del corso della prescrizione previsti dall'art. 159, comma 1, n. 3, del codice penale, nel testo introdotto dall'art. 6 della legge 5 dicembre 2005 n. 251, operano soltanto qualora il procedimento sia sospeso per impedimento delle parti o dei difensori e non anche, quindi, quando la sospensione sia disposta in adesione a richiesta non giustificata da un impedimento; ipotesi, quest'ultima, da riconoscersi nel caso di sospensione dovuta a dichiarata adesione del difensore all'astensione dalle udienze proclamata dalle associazioni di categoria2.

Pertanto, ove vengano rispettati i limiti imposti dalla legge (in particolare viene in rilievo la legge n. 146 del 1990 come modificata dalla legge n. 83 del 2000)3 e dal codice di autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze degli avvocati (pubblicato in G.U. n. 3 del 4 gennaio 2008), la richiesta di differimento dell'udienza per aderire ad una astensione collettiva costituisce legittimo motivo per chiedere ed ottenere di non trattare il processo, ma non è più considerata come un impedimento a comparire.

Al fine di indagare le conseguenze sul piano della sospensione della prescrizione, appare opportuno un breve excursus storico in materia che tenga altresì conto degli arresti giurisprudenziali avutisi a riguardo della qualificazione del c.d. «sciopero» degli avvocati come legittimo impedimento o meno.

In giurisprudenza si sono delineati infatti due filoni interpretativi.

Per il primo orientamento, il c.d. «sciopero» degli avvocati costituiva legittimo impedimento ex art. 486, comma 5, c.p.p. Tale disposizione rappresentava una novità rispetto al codice del 1930 ed oggi risulta abrogata dalla legge n. 479/1999 (c.d. L. «Carotti»), che ha introdotto, al suo posto, l'art. 420 ter c.p.p. Il legittimo impedimento è disciplinato anche dall'art. 304, lett. a), c.p.p. in relazione alla sospensione dei termini di custodia cautelare4.

Per l'altro orientamento, lo «sciopero» andava qualificato come «abbandono della difesa» e veniva ricondotto all'art. 304, lett. b) c.p.p.5.

Tale distinzione, in passato rilevante solo ai fini della disciplina della sospensione dei termini di perenzione dei provvedimenti custodiali ai sensi dell'art. 204, comma 7, c.p.p., dopo l'entrata in vigore dellaPage 589 legge c.d. «ex Cirielli» (in data 8 dicembre 2005), acquista rilievo anche ai fini della durata della sospensione della prescrizione, in quanto solo in ipotesi di impedimento si avrà una sospensione del processo con conseguente sospensione della prescrizione nel limite dei 60 giorni previsto dalla seconda parte del n. 3 dell’art. 159 c.p., con applicazione retroattiva della nuova disposizione perché più favorevole all’imputato6.

Ciò premesso sulla qualificazione del c.d. «sciopero» degli avvocati, l’evoluzione giurisprudenziale e normativa in materia di sospensione della prescrizione può essere scandita in tre fasi.

La prima è segnata dall’entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale ed è caratterizzata dall’impossibilità della sospensione della prescrizione in ipotesi di astensione collettiva dalle udienze a causa della formulazione originaria dell’art. 159 c.p.

L’orientamento che qualificava l’astensione come legittimo impedimento riteneva che in capo al giudice vi fosse la necessità di valutare l’opportunità del rinvio del dibattimento. In particolare, si riteneva che il giudice dovesse disattendere la richiesta di rinvio del dibattimento e nominare all’imputato un difensore d’ufficio quando era prossima la prescrizione del reato a fronte della impossibilità di sospensione del corso della stessa, limitata ai casi indicati tassativamente nell’art. 159 c.p., in mancanza di eguale previsione per il caso di esercizio del diritto di sciopero da parte del difensore dell’imputato7.

Ciononostante, il problema avrebbe continuato a porsi in ipotesi di astensione anche del difensore d’ufficio.

Il problema permaneva pure nell’ipotesi di riconduzione dell’astensione ad un caso di «abbandono della difesa», sia pure giustificato come esercizio di un diritto costituzionalmente garantito. In situazioni del genere, la sospensione o il rinvio del dibattimento non dipendevano da valutazioni discrezionali affidate al giudice, come nel caso di legittimo impedimento, bensì da un fatto oggettivo, consistente nell’astensione del difensore e nella contestuale assoluta impossibilità di assicurare la necessaria assistenza difensiva in udienza all’imputato per la non immediata reperibilità di un altro difensore, da designarsi come sostituto ex art. 97, comma 4, c.p.p. come capita di solito nei periodi di astensione collettiva dalle udienze8.

Chiamata in causa, la Corte costituzionale dichiarava inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 159 comma 1 c.p. nella parte in cui non era prevista la sospensione della prescrizione nel caso in cui il dibattimento fosse sospeso o rinviato a causa dell’astensione dalle udienze dei difensori deliberata dagli organismi professionali. La Corte osservava che, nella specie, il giudice a quo sollecitava una pronuncia additiva in malam partem preclusale dal rispetto del principio di legalità sancito dall’art. 25 Cost. La Consulta statuiva, inoltre, che né sotto la vigenza del codice abrogato né con riferimento al nuovo codice di rito, risultava essersi affermata in dottrina o in giurisprudenza una tesi interpretativa che avesse ricondotto le ipotesi di stasi dibattimentale dovute all’impedimento dell’imputato o del suo difensore nell’alveo del concetto di «sospensione del procedimento penale imposta da una particolare...

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