Unioni Civili E Convivenze Di Fatto Nel Sistema Processuale Penale Dopo Il D.L.Vo 19 Gennaio 2017 N. 6

AutoreFabio Cassibba
Pagine343-351
343
Arch. nuova proc. pen. 4/2017
Dottrina
UNIONI CIVILI E CONVIVENZE
DI FATTO NEL SISTEMA
PROCESSUALE PENALE DOPO
IL D.L.VO 19 GENNAIO 2017 N. 6
di Fabio Cassibba
Abstract
Dopo l’introduzione nell’ordinamento delle unioni
civili e il riconoscimento normativo delle convivenze di
fatto ad opera della L. n. 20 maggio 2016 n. 76, il sag-
gio intende analizzare l’impatto sul sistema processuale
penale del D.L.vo 19 gennaio 2017 n. 6, che ambiva a co-
ordinare la normativa penale alla riforma del 2016. La
complessiva riforma mostra evidenti lacune e non assi-
cura la necessaria esigenza di tassatività delle fattispecie
processuali, lasciando ampi margini di intervento alla
giurisprudenza, in violazione del principio di legalità
processuale imposto dall’art. 111 comma 1 Cost.
After the Bill of May 20th, 2016, number 76, about part-
nerships between persons of the same sex, the essay aims
to analyze the impact on the criminal procedure system
of Legislative Decree of January, 19th, 2017, number 6,
which aspired to co-ordinate the criminal procedural
law with the Bill of the previous year. The overall reform
shows evident lacks of discipline and it is not consistent
with the legality principle in criminal procedural law,
leaving wide forms of intervention by the case-law, in vio-
lation of art. 111 § 1 of the Italian Constitution.
1. Si manifesta in pochi, affrettati, talora addirittura
malsicuri tratti di penna l’ambizioso obiettivo del D.L.vo
19 gennaio 2017 n. 6 (1) di attuare il «necessario coor-
dinamento» dell’ordinamento penale con la L. 20 maggio
2016 n. 76.
Per vero, il completo adeguamento del sistema proces-
suale penale ai canoni della “legge Cirinnà” non pareva
fuori portata. Sciolti da quest’ultima i numerosi nodi che
avevano intralciato il dibattito parlamentare sulle unioni
civili e sulle convivenze di fatto (2), al legislatore delegato
non sarebbe stato richiesto un nuovo e faticoso impiego di
un’ampia discrezionalità politica.
Paradossalmente, invece, il Governo ha adottato un
approccio minimalista, peraltro dissonante con la scelta
di politica legislativa di fondo. Appare, cioè, quanto meno
singolare che il legislatore delegato – a dispetto dell’asso-
luta genericità della delega contenuta nell’art. 1, comma
28 lett. c) della legge n. 76 del 2016 (3) – si sia impegnato
in una riforma di così ampia portata, predisponendo un
decreto legislativo contenutisticamente timido e sistema-
ticamente disorganico. Basti pensare, sin d’ora, al ricono-
scimento – peraltro, anch’esso operato in modo largamen-
te lacunoso – in favore della parte di un’unione civile di
facoltà, diritti e poteri già assegnati al coniuge, cui fa da
ingombrante contraltare il totale silenzio serbato a propo-
sito dei conviventi di fatto (4).
Due le direttrici della novella del 2017, caratterizzate
da differenti tecniche di formulazione delle fattispecie:
per un verso, si è estesa la nozione penale di prossimo
congiunto, includendovi anche le parti di un’unione civile;
per l’altro, si è tentata (senza attuarla) un’equiparazione
tra il coniuge e l’unito civilmente.
Nel dettaglio, si è, anzitutto, espressamente interpo-
lato solo l’art. 199 c.p.p.: con un’operazione di microchi-
rurgia normativa, la facoltà di astensione del prossimo
congiunto è stata assegnata anche alla parte di un’unione
civile. Poi, attraverso la modif‌ica all’art. 307, comma 4 c.p.,
si è esteso, agli effetti penali, il concetto di prossimo con-
giunto all’unito civilmente (5). Inf‌ine, allo scopo di alline-
are le situazioni soggettive dell’unito civilmente a quelle
del coniuge, si è reputato suff‌iciente far leva su quanto
già previsto dalla disposizione d’interpretazione autentica
contenuta nell’art. 1, comma 20 L. n. 76 del 2016, in forza
del quale l’equiparazione scatta «al solo f‌ine di assicurare
l’effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento
degli obblighi derivanti dall’unione civile tra persone dello
stesso sesso» (6). Sennonché, la condizione teleologica ivi
prevista costituisce un irragionevole limite alla piena e
necessaria equiparazione nel sistema processuale penale
fra il coniuge e la parte dell’unione civile, determinando
una violazione dell’art. 3 Cost. (7).
Al di là della sciatteria esibita, la riforma evidenzia
come gl’«infortuni legislativi non s[ia]no mai innocui» (8):
la tecnica normativa impiegata per attuare l’equiparazione
fra coniuge e unito civilmente nonché il silenzio serbato
a proposito delle convivenze di fatto ampliano gli spazi di
manovra della giurisprudenza, rafforzandone il ruolo crea-
tivo, a tutto discapito del principio di legalità processuale
(9). È concreto il rischio che quest’ultima – tanto più in un

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