Le tutele giurisdizionali innanzi al tribunale ordinario

AutoreProf. Avv. Claudio Cecchella
Occupazione dell'autoreUniversità di Pisa
Pagine145-164

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@1. Premessa sulla strumentalità del processo familiare e sulla tutela giurisdizionale differenziata in materia di famiglia

Il processo di famiglia e le tutele in esso offerte risentono in modo intenso del carattere strumentale della tutela giurisdizionale rispetto alle esigenze postulate dal diritto sostanziale e dalla tutela degli interessi protetti.

Si pensi, ad esempio, al carattere necessario e preliminare di una tutela provvisoria anticipatoria resa nei procedimenti per separazione e divorzio dal presidente del tribunale (art. 708 c.p.c.) - perché la crisi familiare necessita di una regola e non può restare nell'incertezza dettata dai tempi della tutela ordinaria - e al continuo adattamento delle misure giurisdizionali alle evoluzioni della fattispecie attraverso il generalizzato e illimitato potere di revoca e modifica del giudice istruttore (art. 709 c.p.c), e il favore verso la modifica, anche dopo il provvedimento definitivo in forma di sentenza (art. 710 c.p.c), con tutte le peculiarità ulteriori del relativo rito in deroga al processo di diritto comune.

Esiste inoltre l'esigenza postulata dall'infungibilità della prestazione obbligata a fronte di diritti che necessitano di tutela in forma specifica e non per equivalente, donde le speciali tutele sommarie anticipatone ed esecutive, assicurate con adeguate misure coercitive, di cui pur frammentariamente godono i diritti al mantenimento (artt. 146,148 e 156 c.c.) e alcuni diritti personali, come la potestà e l'affidamento (tra tutte l'obbligo di consegna del minore) e le risposte offerte dall'ordinamento, in origine con l'art. 6,10° comma, della legge n. 898 del 1970, e oggi con l'attualissimo art. 709-ter c.p.c, dovuto alla legge n. 54 del 2006.

Laddove la prestazione obbligata non è surrogabile con un'attività giuridica dell'ufficio esecutivo, come nel caso delle forme ordinarie per espropriazione o specifiche, si devePage 146coartare l'attività dell'obbligato e quindi costringerlo con misure adeguate. L'esigenza è assolutamente centrale nel diritto di famiglia.

Oltre all'indiretta fungibilità del bene della vita, esiste un'ulteriore peculiarità della situazione sostanziale in esame, degna di rilievo: il carattere continuativo e periodico della prestazione ovvero il carattere permanente del diritto, ciò che limita fortemente l'efficacia dei tradizionali mezzi esecutivi, i quali presuppongono che il diritto sia esigibile e quindi già maturato o scaduto (art. 474,1° comma c.p.c.) e perciò rendono necessaria la reintroduzione di un autonomo processo esecutivo per ogni prestazione mancata.

Chi studia il processo dunque deve sempre muovere da una piena consapevolezza degli interessi da tutelare e delle regole di diritto sostanziale che li disciplinano, essendo il processo non un bene giuridico in sé, ma uno strumento al servizio del diritto sostanziale, allo scopo di garantirne l'effettività.

Orbene questa esigenza, presente in tutte le materie, è assolutamente costante nell'ambito del diritto di famiglia, perché qui le ragioni di una tutela giurisdizionale differenziata si impongono in modo assolutamente prevalente, chiave di lettura dell'intero ordinamento, tanto che il sistema processuale si caratterizza - peraltro in una regolamentazione non sempre coerente e razionale - per la intensità delle deroghe al regime del diritto comune, sotto il profilo del processo di cognizione come anche del processo esecutivo.

L'intervento del legislatore è tuttavia frammentario, assai spesso solo abbozzato, originato da stratificazioni normative succedutesi nel tempo non sempre coerenti tra loro e spesso dettate dalla contingenza di interessi tutelati volta per volta, tutte certamente nel segno di una tutela giurisdizionale differenziata, ma necessitanti di un disegno che le riconduca ad unità e a sistema, particolarmente in relazione ai fenomeni, differenti ma non scevri di analogie, che sono la famiglia fondata sul matrimonio e la famiglia fondata sulla convivenza ed. more uxorio appunto la famiglia di fatto oggetto dell'odierno convegno (ove vi è uno spontaneo adeguamento delle condotte ai doveri e agli obblighi della famiglia fondata sul matrimonio), nel momento (attualmente esclusivo) di intersecazione delle due materie che è costituito dalla tutela dei diritti personali e patrimoniali connessi all'affidamento e alla potestà sul minore.

@2. Il problema di una tutela dei diritti personali e patrimoniali del convivente di fatto e le conseguenze sul piano giurisdizionale

La riprova della dipendenza del diritto processuale dal diritto sostanziale è proprio tutta nelle forme di tutela della famiglia di fatto.

In questo ambito, infatti, manca - nella prospettiva particolare del rapporto tra i conviventi e degli interessi patrimoniali e personali di cui sono titolari (con un fondamento allo stato extragiuridico) - il riconoscimento positivo di situazioni giuridicamente protette come nel coniugio fondato sul matrimonio.

Quindi il silenzio del diritto sostanziale in ordine a speciali situazioni regolate rende di conseguenza inesistente un'esperienza di giurisdizione differenziata, come accade invece laddove, nella famiglia di diritto, esiste una regolamentazione speciale.

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La conseguenza è che - laddove secondo il diritto comune sia rinvenibile un interesse positivamente tutelato nell'ambito della famiglia di fatto - gli strumenti offerti sono inevitabilmente quelli del diritto comune, senza alcuna differenziazione.

È la riprova del nesso indissolubile tra specialità del diritto sostanziale e specialità del diritto processuale.

Le varie ipotesi proposte dalla casistica giurisprudenziale hanno come elemento comune la deduzione della convivenza come fatto impeditivo agli effetti di azioni promosse per la ripetizione o la restituzione dovuta all'ingiustificato arricchimento o la revocazione della donazione promossa dal familiare di fatto che ha contribuito al mantenimento.

Pertanto la tutela del coniuge di fatto sul piano sostanziale non si allontana dagli istituti di diritto comune, come ad esempio l'assimilazione del mantenimento durante la convivenza ad un'obbligazione naturale, per il suo fondamento morale, con la conseguente negazione di un'azione di ripetizione sia durante che dopo la convivenza e la conseguente incoercibilità della prestazione, si risolve sul piano processuale nella eccezione di convivenza come fatto impeditivo della ripetizione da dedurre in sede processuale quando il coniuge di fatto sia convenuto nel giudizio di ripetizione, il cui onere di allegazione e prova (la effettiva convivenza con tutti gli elementi di fatto del matrimonio, dalla coabitazione, alla contribuzione, alla assistenza materiale e morale, alla fedeltà) incombe sul coniuge beneficiario. Hanno quindi rilievo gli strumenti comuni dell'azione di ripetizione e dell'eccezione sul carattere naturale della obbligazione.

Se poi la prestazione economica elargita fuoriesce dai limiti di un semplice contributo al mantenimento, per integrare gli estremi della vera e propria donazione, la tutela del coniuge beneficiario passa, come nel diritto comune, dalla necessità di opporre il carattere remunera-torio della donazione, ai fini di paralizzare gli effetti di un'azione di revocazione (artt. 770 e 805 c.c.), ancora come fatto impeditivo la cui allegazione e prova incombe sul beneficiario (salvo che perla mancanza della forma non sia necessario dedurre e provare il carattere d'uso della donazione, ancora alt. 770). Il fatto impeditivo viene a coincidere, ancora, con la convivenza di fatto e il tutto si risolve, ugualmente, negli strumenti comuni dell'azione di revocazione della donazione e della eccezione sul carattere remuneratorio e/o d'uso della donazione.

Ancora, il caso di cessione o acquisto di un bene a favore di uno dei coniugi di fatto con mezzi economici dell'altro. L'azione di ingiustificato arricchimento che ne potrebbe conseguire, qualora l'elargizione superi la normale contribuzione al ménage familiare e sia privo di ogni nesso di reciprocità o esorbiti rispetto alle capacità patrimoniali o reddituali dell'onerato. Il fatto impeditivo all'accoglimento dell'azione coincide con l'allegazione e la prova che l'elargizione sia avvenuta come espressione di una contribuzione all'interno della famiglia di fatto.

In altri casi la convivenza non assurge a fatto impeditivo, ma a vero e proprio fatto costitutivo di un'azione.

In relazione ai diritti relativi alla abitazione familiare di proprietà di uno dei coniugi di fatto, innanzi allo spoglio provocato, dopo la crisi della convivenza, da quest'ultimo si apre all'altro convivente la necessità difensiva di non qualificare come mera ospitalitàPage 148la detenzione, ma come il risultato di una vera e propria convivenza all'interno di una famiglia di fatto, risultato di una detenzione qualificata, che lo legittima all'azione di reintegrazione nel possesso ex art. 1168 c.c. In tal caso il fatto-convivenza assurge ad elemento costitutivo dell'azione.

Ugualmente nel caso in cui - per le conseguenze del decesso del familiare di fatto - sia esercitata un'azione risarcitoria del danno morale e patrimoniale subito, la convivenza assurge ancora al rango di fatto costitutivo della domanda.

In questi casi tuttavia la convivenza fonda la ragione, pur all'interno di istituti e regole comuni, per una regolamentazione particolare.

Ma assai spesso la tutela passa attraverso forme di tutela ordinaria contrattuale come le ordinarie azioni di manutenzione degli obblighi contrattuali o di impugnativa del contratto, quando i coniugi di fatto nel silenzio della legge offrono ai loro rapporti una base contrattuale, con un incontro dei consensi prima della convivenza o durante la convivenza. Quindi l'azione di condanna all'adempimento oppure, al contrario, l'azione di nullità per illiceità della causa o sua mancanza, per contrarietà all'ordine pubblico e al buon costume o per difetto di forma, quando il patto cela una donazione...

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