Le tutele giurisdizionali innanzi al tribunale per I minorenni

AutoreProf. Avv. Francesco P. Luiso
Occupazione dell'autoreUniversità di Pisa
Pagine135-143

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@1. La famiglia di fatto

Le espressioni "famiglia di fatto" e "tutela giurisdizionale" potrebbero - ma solo ad un approccio superficiale - evocare una sorta di contraddizione in termini: se la famiglia è "di fatto", che senso ha parlare di tutela giurisdizionale, che per definizione richiede una situazione "di diritto"? Sennonché, con il termine innanzi utilizzato si fa riferimento ad una realtà tutt'altro che giuridicamente irrilevante: una realtà, anzi, che si è imposta all'attenzione del giurista con frequenza sempre più incisiva, e che sicuramente non è stata presa in considerazione né dal nostro costituente - basti pensare alla riserva contenuta nel terzo comma dell'alt. 30 della Costituzione - e neppure dalla riforma del diritto di famiglia1. Non c'è dubbio, infatti, che la realtà sociale del passato vedeva la filiazione naturale come essenzialmente estranea con la convivenza dei genitori.

Ma da qualche anno a questa parte sono divenute frequenti (e a mio avviso lo diverranno sempre più in futuro) situazioni, nelle quali i soggetti interessati tengono spontaneamente, pur in assenza di un matrimonio, gli stessi comportamenti descritti dagli artt. 143 e seguenti c.c: in sostanza, essi esercitano i poteri ed adempiono ai doveri, che il codice civile descrive come derivanti dal matrimonio. Se mi si passa un esempio in materia del tutto diversa, si potrebbe richiamare la nozione di possesso, come attività corrispondente all'esercizio dei poteri inerenti ad un diritto reale. Analogamente, nella famiglia di fatto il comportamento di soggetti, fra i quali non esiste un rapporto matrimoniale, è conforme a quanto la legge prevede con riferimento a soggetti, fra i quali viceversa un tale rapporto esiste.

Questa realtà, che pure ad altri effetti può essere giuridicamente rilevante, non costituisce peraltro fattispecie costitutiva di un rapporto matrimoniale (come invece accadePage 136in altri ordinamenti2), e quindi non fa sorgere alcuno dei diritti o dei doveri, che derivano dal matrimonio. Finché di fatto gli interessati tengono quei comportamenti, la situazione sopra descritta si realizza; quando la situazione cessa, non si verifica alcuna delle conseguenze, legate alla crisi o allo scioglimento del rapporto matrimoniale. Sia detto per inciso, ciò costituisce attuazione di un importante principio di libertà: quello, in virtù del quale gli interessati hanno la possibilità di realizzare una vita coniugale, senza che dalla cessazione della stessa derivi alcuna conseguenza3. Ed è auspicabile che tale principio sia mantenuto anche in futuro, contrastando le proposte di chi - allegando la mitica figura della "parte più debole", della quale si presume, a mo' di mentecatto, l'incapacità a decidere della propria vita - vorrebbe sottrarre a persone maggiorenni e vaccinate il potere di scegliere liberamente di realizzare un rapporto coniugale di fatto.

@2. La crisi della famiglia di fatto

Se la esistenza o la dissoluzione di una famiglia di fatto non ha conseguenze giuridi-che per chi ha scelto di realizzarla o farla venir meno, del tutto diversa è la situazione per quanto riguarda i figli, in virtù appunto di quanto prevede l'art. 30 della Costituzione: il principio, alla cui attuazione tende anche la legislazione ordinaria, è quello dell'indifferenza dei rapporti genitori-figli dalla tipologia del rapporto esistente fra i genitori. Ora, proprio perché è divenuta statisticamente minoritaria la figura del figlio naturale estraneo ad una famiglia (ovviamente di fatto), si è resa impellente la necessità di disciplinare, con riferimento ai figli, le conseguenze della dissoluzione della famiglia, in cui egli era fino a quel momento vissuto.

A tale esigenza la giurisprudenza ha fatto fronte, finora, mediante un'applicazione estensiva, direi quali garibaldina, dell'alt. 317-bis c.c. Ma la situazione si è di recente modificata, in quanto l'art. 4, comma 2, della 1. 8 febbraio 2006 n. 54 ha stabilito che "le disposizioni della presente legge [Le., i nuovi articoli 155-155-sex/es c.c, nonché gli articoli 708, comma quarto e 709-ter c.p.c] si applicano anche [...] ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati". Dunque, lo scioglimento della famiglia di fatto (naturalmente con riferimento ai figli, poiché per i genitori tale dissoluzione non può avere alcuna conseguenza analoga a quella della crisi matrimoniale) ha oggi tendenzialmente la stessa disciplina, che ha lo scioglimento della famiglia fondata sul matrimonio4.

Prima di procedere all'analisi di alcune delle problematiche poste da tale assimilazio-Page 137ne, occorre a mio avviso dissipare un equivoco, che ogni tanto riemerge nelle sentenze, e sulla base del quale si tendono a giustificare perduranti differenze fra la disciplina della crisi della famiglia legittima e quella della famiglia di fatto. Intendo riferirmi all'opinione, secondo cui è sempre presente un intervento del giudice nella disciplina dei rapporti fra coniugati in crisi5, mentre un tale intervento non vi è, ovviamente, nella disciplina dei rapporti fra genitori non sposati. E dunque - si dice - le (eventuali) questioni relative ai figli trovano la loro naturale collocazione nell'alveo processuale destinato a disciplinare il rapporto matrimoniale, mentre le stesse questioni relative ai figli di una famiglia di fatto postulano un luogo processuale specifico, ad esse riservato.

Ora, se la seconda parte dell'affermazione è indubbiamente corretta, non lo è la prima: poiché - mi si perdoni il bisticcio - anche la famiglia legittima può sciogliersi di fatto. Ancorché, dopo l'introduzione del divorzio, la vicenda sia meno frequente, pure i genitori coniugati possono separarsi di fatto6, in modo perfettamente analogo a quanto può accadere per i genitori non coniugati. Pertanto la necessità e rilevanza dell'intervento del giudice, nonché il regime e l'efficacia degli eventuali accordi fra genitori non può, sotto questo profilo, essere diversa nell'uno e nell'altro caso.

In quest'ottica, la scelta del legislatore di far riferimento alla separazione, anziché al divorzio, è assolutamente corretta e felice: infatti, ciò che rileva, nello scioglimento della famiglia di fatto, è - come nella separazione - il venir meno di una situazione fattuale (la convivenza), e non - come nel divorzio - la cessazione di un rapporto giuridico, che evidentemente non può venir meno per la semplice ragione che esso non è mai sorto. È vero, come afferma Corte cost. 451/1997, già citata, che il legame giuridico di una coppia coniugata non può recidersi senza l'intervento del giudice: ma è di tutta evidenza che ciò che conta in questa sede non è il venir meno del legame giuridico, sebbene il venir meno della convivenza di fatto; e questa cessazione avviene in modo perfettamente identico vuoi per le coppie coniugate vuoi per le coppie non coniugate.

Non può, quindi, approvarsi quanto sostenuto a suo tempo da parte della giurisprudenza7, secondo la quale il modello di riferimento doveva essere il processo di divorzio, e non quello di separazione.

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@3. L'intervento del tribunale dei minori

La presente relazione ha ad oggetto le tutele impartite dal t.m., e quindi restano ad essa evidentemente estranee, in quanto pregiudiziali, tutte le questioni relative al riparto di competenza fra t.o. e t.m.: dobbiamo, dunque, assumere come postulato la situazione che è attualmente delineata dalle pronunce della S.C., che affidano appunto al t.m. la competenza a provvedere per ogni questione relativa ai figli di genitori non sposati8.

Il problema che dobbiamo affrontare è così quello di stabilire come si può attuare, dinanzi al t.m., quanto il legislatore prevede all'art. 4, comma 2, della 1.54/2006.

La prima questione da porsi, nell'ottica di quanto già accennato nel precedente paragrafo, riguarda proprio l'intervento del giudice: in che occasione ed a che fine può essere richiesto l'intervento del t.m.? E più a monte ancora: che conseguenze ha la separazione di una coppia di fatto nell'ottica dell'alt. 317-bis c.c, e quale valore hanno gli accordi relativi ai figli, che gli ex-conviventi eventualmente raggiungano in occasione della loro...

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