La tutela della riservatezza del lavoratore pubblico

AutoreUmberto Carabelli - Maria Teresa Carinci
Pagine207- 213

Page 207

@13.1. Un sistema integrato di fonti normative

A tutela del diritto di riservatezza del lavoratore il legislatore ha posto, nel corso degli anni, un insieme composito di disposizioni normative: le originarie, e pionieristiche, norme contenute nella L. n. 300/1970, cioè lo statuto dei lavoratori (in particolare gli artt. 4 e 8, che stabiliscono divieti e vincoli – sostanziali e procedurali – al potere di indagine e controllo del datore di lavoro, in nome della libertà e dignità del lavoratore1) sono state affiancate e completate, a partire dal 1996, da una disciplina di carattere generale, contenuta nella L. n. 675/1996 e poi confluita, con modifiche ed integrazioni, nel D.Lgs. n. 196/2003 (il cd. Codice della privacy).

Le citate norme statutarie rappresentano regole fondamentali che il datore di lavoro (pubblico e privato) deve seguire e che limitano la sua attività di raccolta di informazioni personali sui dipendenti: ciò vale tanto per l’art. 4 st. lav., che in presenza di esigenze organizzative e produttive ammette l’installazione sul luogo di lavoro di impianti audiovisivi o di altro genere da cui possa anche derivare un controllo a distanza dell’attività lavorativa2 (e quindi una raccolta di dati personali), quanto per l’art. 8 st. lav., che vieta al datore di lavoro di indagare sulle opinioni politiche, religiose o sindacali del lavoratore, nonché su ogni altro fatto non rilevante ai fini della valutazione dell’attitu- dine professionale del medesimo. Rispetto alla disciplina contenuta nel Codice della privacy, tali norme si pongono come disposizioni speciali, espressamente fatte salve dallo stesso Codice3, il quale, in tema di coordinamento tra le norme, precisa più in generale che «restano ferme le disposizioni di legge e di regolamento che stabiliscono divieti e limiti più restrittivi in materia di trattamento di taluni dati personali»4.

La questione – ampiamente dibattuta a partire dall’entrata in vigore della L. n. 675/1996 – della necessità di una normativa settoriale specificamente rivolta a regolamentare il trattamento dei dati personali nell’ambito dei rapporti di lavoro, ad integrazione della disciplina generale, rimane tuttora irrisolta: scadute le ripetute deleghe le-Page 208 gislative approvate a tal fine, il Codice della privacy ha demandato il compito di provvedervi ai cd. codici di deontologia e buona condotta5, ma anche tali fonti di auto- regolamentazione non sono state ad oggi sottoscritte. Di conseguenza, in mancanza di una disciplina organica ad hoc, il trattamento dei dati personali nel rapporto di lavoro (pubblico e privato, seppur con alcune differenze) è regolato dalle disposizioni gene- rali di cui alla parte I del Codice della privacy (artt. 1-45), salvo quanto previsto dalle scarne disposizioni contenute nel titolo VIII della parte II del Codice, intitolato al set- tore del lavoro e della previdenza sociale (artt. 111-116), nonché dalle altre disposizioni specifiche poste dall’ordinamento a tutela della sfera personale del lavoratore.

Fondamentali indicazioni ‘di settore’, che tengono conto della specificità della tutela della riservatezza e della dignità dei lavoratori, sono state comunque fornite, nel corso degli anni, dall’Autorità garante per la protezione dei dati personali – meglio nota come Garante della privacy – nell’esercizio delle sue molteplici funzioni istituzionali (autorizzatorie, interdittive, promozionali, ecc.)6.

@13.2. I diritti tutelati (il diritto alla riservatezza, alla protezione dei dati personali e all’identità personale) e i princìpi generali

Di primario rilievo, anche per la sua valenza di principio direttivo per l’interprete, è la disposizione di apertura del Codice della privacy, che sancisce il diritto di ciascuno alla protezione dei dati personali che lo riguardano7 e che si completa con l’obbligo, disposto dall’articolo successivo in capo al soggetto che tratta i dati personali, di effettuare tali trattamenti nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, nonché della dignità dell’interessato, con particolare riferimento alla riservatezza, all’identità personale e, appunto, al diritto alla protezione dei dati personali di quest’ultimo.

A tal fine il Codice impone la preliminare osservanza di alcuni rigorosi princìpi, che devono governare tutti i trattamenti di dati personali8: in primo luogo il principio secondo il quale i dati personali devono essere «trattati in modo lecito e secondo correttezza» ed in secondo luogo il principio di finalità, che impone che i dati siano «raccolti e registrati per scopi determinati, espliciti e legittimi ed utilizzati in altre opera- zioni del trattamento in termini non incompatibili con tali scopi» (il che implica che i dati debbano essere esatti ed aggiornati, nonché «pertinenti, completi e non eccedenti rispetto alle finalità per le quali sono raccolti o successivamente trattati» e conservati per il solo tempo necessario alla realizzazione degli scopi che ne giustificano la raccolta o il trattamento)9. I suddetti princìpi generali, qualora applicati a trattamenti di dati nell’ambito dei rapporti di lavoro, dovranno in particolare essere letti e modulati alla luce delle norme di settore, in primis del citato art. 8 st. lav., espressione, come si è detto, del principio di stretta funzionalizzazione del potere direttivo del datore di lavoro alla realizzazione della causa del contratto di lavoro.

A garanzia del diritto dell’interessato di mantenere il controllo sul trattamento dei propri dati, il Codice attribuisce al medesimo un diritto d’informazione sulle caratteristiche di tale trattamento, funzionale all’esercizio di un’ampia gamma di diritti di accesso e d’intervento rispetto alle informazioni che lo riguardano (accesso all’archivio, rettifica e integrazione di dati incompleti, cancellazione di dati errati, ecc.)10. Il trattamento dei dati personali, inoltre, deve svolgersi nel rispetto di una molteplicità di regole più specifiche, che, come si vedrà (v. § 13.3), variano in funzione del soggetto che tratta i dati (le regole alla cui osservanza è sottoposto il datore di lavoro pubblico divergono in parte da quelle che vincolano quello privato), in funzione del tipo di dato personale trattato (comune, sensibile, giudiziario11) ed altresì in ragione del tipo di trattamento svolto (raccolta, conservazione, comunicazione, diffusione ecc.).

@13.3. Il trattamento dei dati personali dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche

Va anzitutto osservato che il Codice della privacy – al fine di rimarcare la rilevanza ‘a 360 gradi’ che il legislatore ha inteso assegnare alla materia in questione – ha integrato il testo del D.Lgs. n. 165/2001, stabilendo espressamente che le amministrazioni pubbliche devono attuare le linee fondamentali di organizzazione degli uffici nel rispetto della normativa in materia di trattamento dei dati personali12. La disciplina del Codice interseca in tal modo un contesto normativo che è invece in...

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