La tutela giuridica della libertà religiosa

AutorePierlorenzo Diso
Pagine1091-1094

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@1. Premessa.

Nei Paesi democratici di tradizione liberale, e in tutti quelli che hanno informato i loro ordinamenti alle regole della democrazia, si è affermato, nelle elaborazioni culturali e nelle tradizioni storico-politiche, un nucleo valoriale corrispondente, a livello giuridico, a quei diritti di libertà che trovano ingresso nelle costituzioni poste a base dei vari ordinamenti di matrice democratica.

Tra questi diritti di libertà costituzionalmente garantiti, grande rilievo assume la libertà religiosa, che riceve una tutela giuridica articolata nei vari livelli di cui si compone l'ordinamento.

Scopo del presente scritto è quello di soffermarsi sulla normativa vigente in argomento, e in particolare sulle novità varate in materia di tutela penalistica del sentimento religioso dalla legge 24 febbraio 2006, n. 85, non senza ricondurre detta normativa nella più ampia categoria della tutela pubblicistica della libertà religiosa, nella sua componente costituzionale, internazionale e comunitaria.

@2. La tutela della libertà religiosa a livello costituzionale.

Posto che, dal punto di vista dello Stato laico, la religione è un fatto rilevabile a livello storico-sociale, valutato positivamente dall'ordinamento, la libertà religiosa è il valore tutelato dalle norme di rango costituzionale emanate in materia.

In questo senso si esprime il fondamentale art. 19 della Costituzione repubblicana, garanzia e baluardo della libertà religiosa nel nostro ordinamento, per il quale «Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume».

Conseguentemente, il raggio d'azione delle associazioni o istituzioni di tipo religioso non può essere limitato da provvedimenti legislativi di carattere speciale che, ove emanati, si porrebbero in contrasto con lo spirito democratico della carta costituzionale; in particolare, non è possibile imbrigliare l'attività di detti enti imponendo ad essi speciali pesi di natura fiscale per la loro costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività (art. 20 Cost.).

Libertà religiosa, per l'ordinamento, è, quindi, libertà di professare e praticare il proprio credo religioso, anche nelle sue forme esteriori e comunitarie, senza impedimenti da parte di pubblici poteri, purché si rispettino determinati limiti di ordine pubblico e di buon costume.

Stante il principio di laicità dello Stato, la religione non è funzione statuale, ma fatto sociale di estremo rilievo e interesse per i pubblici poteri: pertanto, venendo in questione il rapporto tra cittadino e Stato in un determinato settore della vita pubblica, la libertà religiosa va inquadrata nella categoria dei diritti pubblici soggettivi.

L'ordinamento giuridico italiano sancisce la piena eguaglianza tra confessioni religiose, sia in senso sogettivo (Tutti i cittadini... sono eguali davanti alla legge, senza distinzione... di religione... - art. 3 Cost.) che in senso oggettivo (Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge - art. 8 comma 1 Cost.).

Speciale rilievo ha avuto, in sede costituente, il problema dei rapporti tra Stato repubblicano e Chiesa cattolica, intesa non solo, con rilevanza meramente interna, quale ente esponenziale della confessione religiosa preminente nel nostro Paese, ma anche come soggetto dell'ordinamento internazionale, dotato di un ordinamento giuridico originario, e non derivato, al pari di quello statale.

La soluzione accolta, dopo un lungo dibattito che ha impegnato tutte le componenti culturali e politiche rappresentate nell'Assemblea Costituente, è stata quella di recepire, nel nostro ordinamento, i «Patti Lateranensi» (art. 7 comma 2 Cost.), i quali, però, mantengono il valore di...

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