La tutela penale del brevetto per invenzione industriale

AutoreLuigi Fadalti
Pagine855-858

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@1. Nozione di brevetto.

Per brevetto si intende l'attestato della riferibilità di una determinata invenzione ad un soggetto cui viene riconosciuto il diritto di esclusiva nello sfruttamento dell'invenzione stessa.

Il brevetto è, quindi, un documento che, per la sua rilevanza in materia di contrassegni, secondo alcuni autori 1, viene tutelato da norme specifiche rispetto a quelle sul falso documentale: è un atto pubblico e non un certificato amministrativo in quanto si tratta di atto costitutivo di diritti, mentre i certificati riguardano l'attestazione di fatti svoltisi al di fuori della funzione o percezione del pubblico ufficiale 2.

Il brevetto si riferisce anzitutto ad invenzioni tecniche. Vi sono, poi, brevetti riferiti ad invenzioni più limitate comportanti un aumento di utilità di un procedimento tecnico già noto.

In questo caso si parla di modelli industriali e specificamente di modelli di utilità.

Altro ancora sono i modelli e disegni ornamentali, la cui definizione di massima si rinviene nell'art. 2593 c.c..

La materia dei brevetti, come quella dei marchi 3, ha conosciuto un tumultuoso sviluppo.

La ragione di ciò è evidentemente connessa alle esigenze della produzione.

La proprietà intellettuale e la proprietà industriale hanno assunto un'importanza crescente.

Le economie più ricche non sono attualmente quelle soltanto industriali, ma quelle all'avanguardia nella produzione di oggetti della proprietà intellettuale.

Sia sufficiente pensare ai programmi per elaboratori, alle biotecnologie, alla moda, alla produzione farmaceutica, all'industria dell'intrattenimento, alla pubblicità.

Di qui le crescenti esigenze di tutela giuridica di prodotti che presentano tre caratteristiche: elevato valore aggiunto; rilevante investimento economico nella fase della ricerca; peculiare difficoltà di tutela stante la loro (relativa) «immaterialità».

@2. Violazione dei diritti di brevetto: rapporti tra art. 473 c.p. ed art. 88 l.i.

L'art. 473 c.p. recita: «Chiunque contraffà o altera i marchi o segni distintivi, nazionali o esteri, delle opere dell'ingegno o dei prodotti industriali, ovvero, senza essere concorso nella contraffazione o alterazione, fa uso di tali marchi o segni contraffatti o alterati; è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a lire 4.000.000.

Alla stessa pena soggiace chi contraffà o altera brevetti, disegni o modelli industriali, nazionali o esteri, ovvero, senza essere concorso nella contraffazione o alterazione, fa uso di tali brevetti, disegni o modelli contraffatti o alterati.

Le disposizioni precedenti si applicano sempre che siano state osservate le norme delle leggi interne o delle convenzioni internazionali sulla tutela della proprietà intellettuale o industriale».

L'art. 88 del R.D. 29 giugno 1939, n. 1127, contenente il

Testo delle disposizioni legislative in materia di brevetti per invenzioni industriali

, brevemente «legge invenzioni», punisce «chiunque, senza commettere falsità in segni di autenticazione, certificazione o riconoscimento, fabbrica, spaccia, espone, adopera industrialmente, introduce nello Stato oggetto di frode ad un valido brevetto di invenzione industriale . . . a querela di parte con la multa» sino a lire 2.000.000.

Con specifico riferimento ai brevetti per invenzione industriale le due norme appaiono largamente sovrapponibili.

È necessario, pertanto, procedere, anche in considerazione dell'assoluta esiguità di precedenti sul punto, a delineare le caratteristiche delle figure rispettivamente contemplate dagli artt. 473 c.p. e 88 l.i., onde circoscrivere gli ambiti relativi ed evitare interpretazioni che, per la loro ampiezza (specie in relazione all'oggetto materiale del reato codicistico, talvolta ricondotto, nell'interpretazione dottrinale e giurisprudenziale, sino ad abbracciare ad un tempo il prodotto materiale ed il documento attestante la privativa), possano comportare la sostanziale abrogazione del reato previsto dalla legge speciale.

In realtà è lo stesso dato letterale delle due norme a differenziarne gli ambiti applicativi.

Mentre invero l'art. 473 c.p., che fa riferimento alle condotte di contraffazione e di alterazione ovvero, in alternativa rispetto alle prime due, di utilizzazione, abbraccia testualmente «i marchi o segni distintivi, nazionali od esteri, delle opere dell'ingegno o dei prodotti industriali» al comma 1, ovvero, ancora, «i brevetti, disegni o modelli industriali, nazionali od esteri» al comma 2, ricomprendendo dunque, in maniera assai lata, tutte le opere di ingegno ed i prodotti industriali in genere (come del reato evidenziato dalla rubrica della norma), l'art. 88 R.D. cit., la cui condotta di fabbricazione, spaccio, esposizione o utilizzo industriale si caratterizza negativamente per la necessaria mancanza di qualsivoglia opera di contraffazione od alterazione («senza commettere falsità»), appare invece, in maniera assai più specifica e circoscritta, contemplare unicamente gli «oggetti in frode ad un valido brevetto di invenzione industriale».

Ne deriva come tale ultima norma, introdotta nell'ordinamento in epoca successiva al codice del 1930, appaia atteggiarsi in relazione sia alla condotta che all'oggetto materiale, in maniera sensibilmente diversa ed autonoma (e, dunque, speciale) rispetto alla previsione dell'art. 473 c.p. non potendo, in tutti i casi di utilizzo indebito di brevetti di invenzione industriale accompagnato dalla mancanza di una condotta di contraffazione di segni di autenticazione, certificazione o riconoscimento, non farsi riferimento se non all'art. 88 l.i..

Quest'ultima norma è stata definita, con significativa espressione, «una previsione di scarso successo», avendo «ricevuto scarsa attenzione in dottrina e modestissima applicazione giurisprudenziale» 4.

Tale fatto, in evidente contraddizione con la grande rilevanza assunta tra i beni dell'impresa dall'invenzione brevettata, è stata spiegato come «logica conseguenza del carattere residuale, di extrema ratio, dell'intervento penale rispettoPage 856 alle esigenze di tutela dei beni giuridici, che nella materia trovano un'appropriata, articolata e rigorosa tutela civilistica, in grado di soddisfare l'esigenza del titolare del monopolio usurpato, al punto che la stessa necessità della tutela penale deve essere messa in discussione» 5: quest'ultima affermazione, come più oltre si dirà, è per molti aspetti assolutamente non condivisibile.

Il reato non fu depenalizzato con la L. 689/1981, secondo la disposizione dell'art. 32, comma 3, in quanto delitto perseguibile a querela di parte.

Potrebbe, però, ipotizzarsi che la depenalizzazione dell'art. 88 l.i. sia verificata con la L. 21 febbraio 1989, n. 70 «norme per la tutela giuridica delle topografie dei prodotti e semiconduttori», la quale all'art. 20 comma 2 recita: «in materia di protezione e tutela dei diritti inerenti alla topografia si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli artt. da 74 a 89 del R.D. 29 giugno 1939, n. 1127» e, al comma 3, dispone: «per i fatti di cui agli artt. 88 e 89 del citato R.D. n. 1127 del 1939 si applicano le sanzioni amministrative, rispettivamente da lire 2.000.000 a lire 20.000.000 e da lire 1.000.000 a lire 10.000.000».

La disposizione - come è stato acutamente osservato - «potrebbe, in realtà, lasciare perplesso un frettoloso interprete» 6.

Se fosse vero, infatti, che tale norma depenalizza la ipotesi prevista dall'art. 88 l.i. (quella di cui all'art. 89 stesso decreto essendo già stata depenalizzata in forza dell'art. 32 L. 689/1981) riducendola ad un illecito amministrativo, che senso ha l'aver «mantenuto» (o per meglio dire il non aver soppresso) la perseguibilità o querela di parte?

Una incongruenza effettivamente «che non può essere permessa neppure al più distratto dei legislatori» 7.

Sarebbe sufficiente tale considerazione per concludere che solo limitatamente alla disciplina specifica, ovverossia alle ipotesi di violazione dei diritti e della protezione accordata - con la L. 21 febbraio 1989, n. 70 - alla topografia dei prodotti a semiconduttori, l'ipotesi prevista e punita dall'art. 88 R.D. 1127/1939 sia stata depenalizzata.

Rilievo che spiega anche la disposizione, che ha lo scopo di elevare la sanzione amministrativa, già prevista nella misura da...

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