Troppo fisco causa la distruzione delle case

AutoreCorrado Sforza Fogliani
Pagine93-94
93
Arch. loc. e cond. 1/2015
Varie
troppo fisco cAusA
lA distruzione delle cAse
di Corrado Sforza Fogliani
Il fenomeno è di quelli che dovrebbero davvero far pen-
sare. A causa della forte tassazione, gli italiani proprietari
di casa (l’80 per cento circa dell’intera popolazione, com’è
noto) hanno già subito un “furto legalizzato” - per la caduta
dei valori degli immobili causata, appunto, dalle imposte -
di circa 2000 miliardi, e il tutto per ricavarne, quest’anno,
24 miliardi a favore dell’erario (calcoli del prof. Paolo Sa-
vona). Ma tutto ciò non basta ancora: lo Stato non prende
atto di questa caduta dei valori, e tantomeno della nes-
suna redditività della gran parte degli immobili. Anzi: con-
tinua a colpire le case con rendite catastali assolutamente
inique e fuori mercato, aumentate del 5 per cento da Prodi
e del 60 per cento (per l’abitativo, almeno) da Monti. La
casa è diventata per molti italiani un incubo, da una ga-
ranzia - per eventuali incidenti o imprevisti - che era (e
poi ci si chiede perché calino i consumi, non si manifesti
alcun senso di crescita, dilaghi la sf‌iducia). Il valore equo
di una casa non è oggi neanche stimabile: non c’è mercato,
non si vende e non si compera (se non da acquirenti che
pretendono di fare loro il prezzo). Un fenomeno, peraltro,
di cui l’Osservatorio immobiliare dell’Agenzia delle en-
trate si guarda bene dal prendere atto: andate sul sito di
quest’ultima, prendete l’ambito territoriale in cui è situata
casa vostra, e controllate cosa secondo il Fisco varrebbe
la vostra casa, e cosa prendereste in aff‌itto se l’aff‌ittaste.
Roba da far accapponare la pelle.
In questa situazione, gli italiani hanno cominciato a
ragionare così. Ma perché questa casa non se la prendono
loro? I proprietari di casa hanno dunque scoperto una
norma del nostro Codice che prevede che gli immobili “va-
canti” entrino di per sé, per effetto di questa disposizione,
a far parte del patrimonio dello Stato, gli immobili abban-
donati - cioè - non diventano res nullius, ma proprietà
dello Stato. I casi aumentano di giorno in giorno ed hanno
riguardato, f‌inora, immobili situati in località di montagna
e collina abbandonate, ma anche situati in certi pagi espo-
sti solo ai pericoli della delinquenza. Se il fenomeno non
si è fatto ancora più grande di quel che è già, è solo per
l’incertezza che per questi abbandoni si debbano pagare
tasse o no, ed eventualmente quali. In merito, le opinioni
sono diverse (e lo Stato non interverrà certo per fare chia-
rezza, interverrà semmai per imporre in modo certo delle
tasse, anche su questo). C’è un orientamento dottrinale -
in atto, consistente - che ritiene che nulla debba essere in
imposte corrisposto: l’abbandono dell’immobile è un fatto
materiale - sostengono coloro che abbracciano questa tesi
-, non legato ad alcuna specif‌ica volontà di trasmissione
della proprietà, è solo la norma codicistica che determina
questo effetto. Quindi, se non voglio, - cospargendo - otte-
nere nessun effetto traslativo, non pago niente. Ma altri
studiosi ritengono che si debbano invece corrispondere
l’imposta di registro (9 per cento della rendita catastale)
rivalutata del 5 per cento e moltiplicata del 120) nonché
imposte ipotecarie e catastali in misura f‌issa. Altri ancora
ritengono che si debba pagare l’imposta sulle successioni
e donazioni (8 per cento della rendita catastale rivalutata
come già detto), più imposta catastale dell’ 1 per cento e
ipotecaria del 2 per cento. Somme, comunque, convenien-
ti - rispetto al pagamento annuale delle tasse e pur di libe-
rarsi di un bene che è solo un costo - per casali pressoché
abbandonati e non utilizzati (e neanche utilizzabili).
In alternativa, alcuni cominciano a difendersi in altri
modi dall’incivile principio del nostro Stato di colpire il
valore (e fosse quello giusto almeno ... , al quale lo Stato
si impegnasse a comperare!) indipendentemente dal red-
dito che produce o dal fatto, addirittura, che produca un
reddito (principio, quello accennato, costituzionalmente
vietato in Germania). Cosa fanno, allora, questi italiani?
Anche qui, il f‌iume si ingrossa di giorno in giorno. Siccome
sugli immobili semplicemente inagibili il nostro Fisco
incivile pretende che si paghi, comunque, il 50 per cento
(bontà sua!) dell’Imu e della Tasi - per non parlare, anche,
della Tasi, campo ove i Comuni pretendono sempre di più
per esonerare dal pagamento - allora molti preferiscono
far sì che il loro immobile neppure un “edif‌icio” sia più, lo
privano di un elemento strutturale, del tetto per esempio.
E non pagano più neppure le imposte locali, pur avendo
sempre disagi (e gli incombenti, anche f‌iscali) comunque
connessi alla proprietà di un bene, pur collabente. Per
eliminare questi ultimi, molti proprietari si orientano
allora addirittura verso la totale demolizione del bene,
lo distruggono del tutto, cancellandolo anche dal Catasto
(le schede di demolizione sono aumentate in un anno, in
certe province, f‌inanco del 20 per cento).
L’ignominia è sotto gli occhi di tutti. Un patrimonio che
è stato, per anni, un traguardo e il simbolo della sicurezza
di tanti italiani, viene distrutto per non pagare tasse smo-

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