Tribunale penale di Taranto uff. Gup, 7 aprile 2014, n. 176

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Rivista penale 7-8/2014
MERITO
6. – Passando ad esso ad illustrare sinteticamente i
caratteri dell’attività svolta dal Difensore istante nel pro-
cedimento di cui in epigrafe, si osserva che:
- il procedimento de quo (avente ad oggetto il riesame
della pericolosità sociale di persona sottoposta a libertà
vigilata ai f‌ini della revoca o proroga della misura di sicu-
rezza) è stato introdotto ed interamente istruito ex off‌icio;
- l’attività del Difensore è consistita in una breve di-
scussione all’unica udienza camerale;
- l’esito del procedimento è stato sfavorevole al cliente.
(Omissis)
TRIBUNALE PENALE DI TARANTO
UFF. GUP, 7 APRILE 2014, N. 176
EST. ROSATI – IMP. N. ED ALTRO
Atti persecutori y Stalking y Estremi y Sussistenza
y Lavoratore sottoposto a reiterate discriminazioni
e vessazioni da parte del proprio datore di lavoro y
Conf‌igurabilità del reato.
. Il reato di stalking, ovvero le molestie reiterate, com-
messe ai danni di persone legate all’autore da attuale
e pregressa relazione affettiva, per lo più al di fuori di
un contesto di tipo familiare, anche soltanto di fatto,
è ravvisabile anche a carico del datore di lavoro che,
sottoponendo un proprio dipendente a quotidiane di-
scriminazioni e vessazioni, gli abbia provocato un
perdurante e grave stato d’ansia con effetto destabiliz-
zante della serenità e dell’equilibrio psicologico. (c.p.,
art. 612 bis) (1)
(1) Interessante provvedimento che affronta per la prima volta - che
risulti - in chiave diversa il tema dello stalking, evidenziando come
l’ambito applicativo della fattispecie semplice del reato de quo “si
estenda al di là delle persecuzioni intra-familiari o, comunque, di
tipo sentimentale. Nel senso che ai f‌ini della integrazione del reato
di atti persecutori (art. 612 bis c.p.) non si richiede l’accertamento
di uno stato patologico ma è suff‌iciente che gli atti ritenuti persecu-
tori abbiano un effetto destabilizzante della serenità e dell’equilibrio
psicologico della vittima, v. Cass. pen., sez. V, 2 maggio 2011, n. 16864,
in questa Rivista 2012, 789 e Cass. pen., sez. V, 26 marzo 2010, n.
11945, ivi 2011, 332. In dottrina, v. F. BARTOLINI, Lo stalking e gli
atti persecutori nel diritto penale e civile, Collana Tribuna Juris, ed.
La Tribuna, Piacenza 2013; ROMINA CAUTERUCCIO, Il reato di stal-
king: conf‌igurazione e problematiche, in questa Rivista 2010, 245.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
1. L’udienza preliminare ha preso avvio all’udienza del
15 ottobre 2013, presenti entrambi gli imputati. Nel corso
dei relativi atti introduttivi si è costituito parte civile il que-
relante P. G.. Gli imputati ed i loro difensori e procuratori
speciali hanno quindi avanzato richiesta di procedere
con il rito abbreviato, ai sensi dell’art. 438, comma primo,
c.p.p., producendo documentazione. Su richiesta della
difesa di parte civile, quindi, giustif‌icata dalla necessità di
esaminare detta documentazione e di decidere, all’esito,
se accettare o meno il rito abbreviato, il processo è stato
aggiornato all’udienza del 19 novembre 2013.
Nelle more della stessa, la difesa di parte civile ha a sua
volta depositato in cancelleria documentazione, poi acqui-
sita in udienza. Nel corso di quest’ultima, poi, disposta la
trasformazione del rito, l’imputato N., su sua richiesta, si
è sottoposto ad interrogatorio; S., invece, ha reso dichiara-
zioni spontanee.
All’udienza del 21 gennaio 2014, quindi, la difesa de-
gli imputati ha depositato memoria scritta e tutte le parti
hanno poi rassegnato le rispettive conclusioni.
All’odierna udienza, in assenza di repliche, la causa
viene decisa.
2. Il procedimento ha preso le mosse da una circostan-
ziata querela del 14 dicembre 2011, con la quale P., operaio
presso un’azienda tessile di Mottola (TA), lamentava una
serie di comportamenti vessatori, tenuti nei suoi confronti
dal direttore dello stabilimento e dal suo principale colla-
boratore, protrattisi per anni, e dai quali gli era derivato
un disturbo psichico di natura depressiva, quale diagno-
sticato ed attestato da una relazione psichiatrica allegata
alla medesima querela.
Le indagini si sono articolate essenzialmente at-
traverso l’audizione di alcuni colleghi di lavoro indicati
dallo stesso querelante, che ne hanno sostanzialmente
confermato gli assunti. Dal loro canto, gli odierni impu-
tati - ed allora indagati - hanno respinto ogni accusa già
in sede di interrogatorio ai sensi dell’art. 415 bis, comma
3, c.p.p., in particolare negando di aver tenuto qualsiasi
comportamento discriminatorio verso costui, ed allegando
documentazione tesa a dimostrare l’assenza di qualsiasi
suo demansionamento e la coerenza del percorso lavorati-
vo di quegli con quello di altri suoi colleghi (vds. relative
memorie del 30 maggio 2013, con allegati ed indici).
Nel corso dell’udienza preliminare, poi, le rispettive
posizioni sono rimaste sostanzialmente immutate, essen-
dosi soltanto arricchite di ulteriori prove documentali e di
verbali di dichiarazioni raccolte dai rispettivi difensori ex
artt. 391 bis e ss., c.p.p., a sostegno dei rispettivi asserti.
3. Come ben descritto nel capo d’imputazione, che ne
ha sintetizzato le accuse, P. lamenta principalmente di
aver subito un progressivo demansionamento.
Egli ha narrato, infatti, di essere stato tra i primi assunti
in azienda, nel 2004, e di aver nei primi anni ottenuto una
regolare progressione in carriera, come da contratto, sino
a raggiungere, nel giugno 2007, il terzo livello retributivo,
con la qualif‌ica di “caricatelai”. Ha specif‌icato, tuttavia,
che, al di là dell’inquadramento formale, egli svolgeva le
- più qualif‌icate - mansioni di meccanico sui telai, f‌ino a
divenire una sorta di “capo turno”. Tant’è che, a febbraio
del 2007, l’azienda lo aveva inviato a partecipare, insieme
a pochi altri suoi colleghi, ad un corso di formazione sulla
gestione dei collaboratori, implicitamente riconoscendo-
gli, in tal modo, la posizione di maggior rango raggiunta.
Da allora, però, sono iniziate le sue disavventure,
poiché le sue aspettative di progressione in carriera sono
state sistematicamente disattese dalla direzione azienda-
le, a differenza di quanto invece avveniva per altri suoi
colleghi di pari o minore anzianità di servizio; ne è nato,
dunque, con il coinvolgimento anche delle rappresentanze

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