Tribunale Penale di Lecce sez. riesame, ord. 26 settembre 2014

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3/2016 Rivista penale
MERITO
un ambito negoziale, i margini di tutela penale della Pub-
blica Amministrazione si sono notevolmente ridotti.
Una ricaduta della privatizzazione del pubblico impie-
go è consistita, in altri termini, nell’arretramento della
sanzione di determinati comportamenti illeciti dall’ambi-
to penale all’ambito disciplinare.
Finché, infatti, la disciplina del rapporto di lavoro alle
pubbliche dipendenze era regolata da atti unilateralmen-
te imposti dalla Pubblica Amministrazione, non vi era
alcuna esitazione da parte della giurisprudenza a quali-
f‌icare gli stessi come “regolamenti” e, conseguentemente,
a sanzionare le relative violazioni anche ai sensi dell’art.
323 c.p.: “In tema di abuso di uff‌icio hanno natura di nor-
me di regolamento nell’accezione di cui all’art. 323 c.p. le
disposizioni contenute nell’art. 32 D.P.R. n. 348 del 1983, e
nell’art. 34 del D.P.R. n. 270 del 1987, relative alla discipli-
na prevista dagli accordi sindacali per il trattamento del
personale dipendente dalle unità sanitarie locali” (Cass.,
sez. VI, 2 dicembre 1998 - 11 febbraio 1999, n. 1685, in
Cass. Pen., 99, 3402).
Tale principio, oggi, siccome rilevato nella senten-
za commentata, quantomeno per gli illeciti commessi
dai pubblici dipendenti non compresi nell’elencazione
dell’art. 3 D. L.vo 165/2001, non è più predicabile.
Ben è possibile, pertanto, che a fronte della medesima
regola sostanziale di comportamento (prima contenuta in
regolamenti ed oggi trasfusa in contratti di lavoro) vio-
lata, la condotta una volta rilevante penalmente sia oggi
censurabile (soltanto) attraverso diverse (e più blande)
categorie sanzionatorie.
La conclusione, ancorché doverosa e corretta sotto il
prof‌ilo ermeneutico, non appare la conseguenza di una
consapevole scelta del Legislatore penale quanto, piut-
tosto, l’effetto di un’evoluzione normativa passivamente
sofferta ab externo.
Altri sistemi normativi, seppur consolidati nel tempo,
sono stati riformati in funzione di allineamento al predetto
trend normativo: così, ad esempio, l’art. 2 D.L.vo 2 febbraio
2006 n. 40 ha modif‌icato l’art. 360, n. 3, c.p.c. estenden-
do l’impugnabilità mediante ricorso per cassazione della
sentenza dalla “violazione o falsa applicazione di norme
di diritto” anche alla “violazione o falsa applicazione dei
contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro”; per l’ef-
fetto, anche l’art. 366 c.p.c. ha previsto che “il ricorso (per
cassazione) deve contenere, a pena di inammissibilità: …
6) la specif‌ica indicazione degli atti processuali, dei docu-
menti e dei contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso
si fonda”.
La medesima capacità di leggere complessivamente le
linee evolutive dell’ordinamento giuridico e di fronteggiar-
ne le ricadute per impedire preoccupanti vuoti di tutela è
mancata, invece, in ambito penale.
La conseguenza è un’evidente – ed emendabile soltan-
to de iure condendo – smagliatura nell’adeguatezza del
sistema di repressione dei reati contro la Pubblica Ammi-
nistrazione rispetto agli, almeno in apparenza sbandierati,
obiettivi “anticorruzione” delle recenti riforme legislative
(cfr., su tutte, le LL. 190/2012 e 69/2015).
NOTE
(1) In senso conforme: Cass., 22 maggio 1998, in Cass. Pen., 1999,
3207; Cass., 25 giugno 1999, ivi, 2000, 2077; Cass., sez. I, 22 novembre
2007 - 15 gennaio 2008, n. 2112, in C.E.D. 238636; Cass., sez. IV, 22 gen-
naio 2007 - 9 marzo 2007, n. 10109, ivi, 236107; Cass., sez. V, 11 novembre
2014, n. 51252, ivi, 262121; Cass., sez. I, 16 aprile 2007 - 22 giugno 2007, n.
24753, in C.E.D. 237338; Cass., 25 giugno 1999, in Cass. Pen., 2001, 2458.
TRIBUNALE PENALE DI LECCE
SEZ. RIESAME, ORD. 26 SETTEMBRE 2014
PRES. MARZO – EST. GATTO – RIC. X
Cassazione penale y Interesse al ricorso y Soprav-
venuta carenza di interesse y Conversione del se-
questro probatorio in sequestro preventivo y Ad
opera del Gip y Fattispecie in tema di sequestro di
un’arma di ordinanza per l’ipotesi di minaccia ag-
gravata.
. È inammissibile per sopravvenuta carenza di interes-
se il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza di ri-
getto del Tribunale del riesame relativa al decreto di
sequestro probatorio qualora, nelle more, detta misura
sia stata convertita in sequestro preventivo ed abbia
perciò perso eff‌icacia, dovendo indirizzarsi le doglian-
ze degli aventi diritto al sequestro disposto dal Gip in
sede di conversione. (Fattispecie in tema di sequestro
di un’arma di ordinanza per l’ipotesi di minaccia aggra-
vata). (Mass. Redaz.) (c.p.p., art. 321; c.p.p., art. 324;
c.p.p., art. 354; c.p.p., art. 355; c.p., art. 336; c.p., art.
337) (1)
(1) In senso conforme si veda Cass. pen., sez. III, 3 aprile 2012, n.
12511, in Ius&Lex dvd n. 1/2016, ed. La Tribuna. Sull’argomento, per
utili riferimenti, si veda Cass. pen., sez. V, 23 ottobre 2006, n. 35370,
in questa Rivista 2007, 940.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
1. In data 31 agosto 2014, alcuni agenti appartenenti
alla Stazione Carabinieri di Parabita procedevano ad ef-
fettuare il sequestro della pistola di ordinanza marca Be-
retta modello 92SB calibro 9 parabellum, con matricola
S16059Z, di un bossolo esploso calibro 9 parabellum e di
un caricatore relativo alla medesima pistola contenente
n. 14 proiettili calibro 9 parabellum, nella disponibilità di
X, Ispettore della Polizia di Stato in servizio presso la Que-
stura di Brindisi.
2. Il provvedimento di sequestro adottato in via d’ur-
genza dalla polizia giudiziaria veniva convalidato con de-
creto emesso dal Pubblico Ministero, ai sensi dell’art. 355
comma 2 c.p.p. sottoscritto dal Sostituto Procuratore della
Repubblica competente in data 1 settembre 2014.
3. Il predetto decreto di convalida del sequestro ex art.
355 c.p.p. veniva impugnato dal difensore dell’odierno ri-

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