Tribunale Penale di Foggia sez. gip, 16 giugno 2015, n. 1354 (ud. 20 marzo 2015)
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Rivista penale 2/2016
MERITO
Infatti, una volta che l’imputato abbia fornito giusti-
ficazione non generiche, ma specifiche, come nel nostro
caso, rivive comunque l’onere della prova che, per il gene-
rale principio di cui all’art. 27 Cost., incombe pur sempre
sul Pubblico Ministero.
In effetti, il fatto che l’imputato non presti alcuna
collaborazione concreta e specifica per individuare la de-
stinazione data ai propri beni, costituisce semplicemente
un indizio concludente e sufficiente per affermare la di-
strazione dei beni medesimi; e tuttavia solo questo mero
valore indiziario possiede la condotta di mancata giustifi-
cazione da parte dell’imputato.
In altre parole, l’onere di giustificazione in capo all’impu-
tato può essere esteso fino ad imporre l’onere di una specifica
indicazione sulla destinazione dei beni (perché già l’adempi-
mento di questo onere vanifica il valore indiziario della sua
mancata collaborazione), ma non fino al punto da invertire
l’onere della prova totalmente a carico dell’imputato.
Una volta quindi che l’imputato abbia adempiuto all’o-
nere di specifica allegazione in ordine alla destinazione
dei beni, grava sul pubblico ministero il normale onere di
provare la distrazione.
Quindi, la consulenza tecnica di parte va seguita nel-
la parte in cui riduce la misura del beni sottratti ad euro
18.941,32, attraverso specifiche allegazioni.
Ancora agevolmente va seguita la consulenza dell’im-
putato nella parte in cui riduce la pretesa riscossione non
giustificata dei crediti a soli euro 172.490,03.
Ugualmente pare congrua la giustificazione offerta
dalla consulenza tecnica di parte in ordine alla somma di
euro 172.000,00 circa derivante dalla società dalla causa
intercorsa con (omissis).
Anche in questo caso rimangono però non giustificati
euro 126.721,16.
In sintesi: distrazioni vi furono (lo ammette la stessa
consulenza di parte), ma di entità minore rispetto a quella
di cui all’imputazione.
4) Trattamento sanzionatorio.
L’imputato (omissis) appare meritevole delle circo-
stanze attenuanti generiche prevalenti (art. 62 bis c.p.),
essendo gravato da precedenti piuttosto modesti e non si-
gnificativi sotto il profilo della condotta qui giudicata (per
cui non si ritiene di applicare la recidiva).
Inoltre, gli importi che vengono in discussione, oltre ad
essere di difficile quantificazione, comunque non sembra-
no superare la soglia della modestia.
Per questo pena base viene fissata in quella di anni tre di
reclusione, ridotti per attenuanti generiche alla pena di anni
due di reclusione, ed infine, per la diminuente del rito, fino
alla misura finale di anni uno e mesi quattro di reclusione.
Per le considerazioni di cui sopra va riconosciuto all’im-
putato il beneficio della sospensione condizionale della
pena; ma, avendone già goduto, occorre condizionarla ai
sensi dell’art. 165 c.p., e quindi al lavoro di pubblica utilità
(comunque non oltre sei mesi: v. Cass., n. 32649-09).
La condanna al pagamento delle spese processuali,
nonché le pene accessorie, conseguono direttamente
all’affermazione di responsabilità penale. (Omissis).
TRIBUNALE PENALE DI FOGGIA
SEZ. GIP, 16 GIUGNO 2015, N. 1354
(UD. 20 MARZO 2015)
PRES. CIVITA – EST. TALANI – IMP. X
Delitti sessuali contro i minori y Sfruttamento
di minori y Pornografia minorile y Acquisizione di
materiale pedopornografico mediante utilizzo di
programmi di file sharing.
. In tema di pornografia minorile la sussistenza dell’e-
lemento soggettivo del reato di divulgazione di mate-
riale pedopornografico implica la volontà consapevole
di divulgare o diffondere lo stesso. Pertanto, è da rite-
nersi che l’utilizzo per lo scaricamento di file da inter-
net di un determinato programma di condivisione non
sia sufficiente di per sé a far ritenere provata la volontà
di diffusione di tale materiale. (c.p., art. 600 ter; c.p.,
art. 600 quater) (1)
(1) In senso conforme si veda Cass. pen., sez. III, 8 maggio 2015, n.
19174, in questa Rivista 2015, 1109. Per un inquadramento del rea-
to in commento si vedano Cass. pen., sez. fer. 10 novembre 2014, n.
46305, ivi 2015, 598 e Cass. pen., sez. III, 5 luglio 2006, n. 23164, ivi
2007, 669. Sul reato di detenzione di materiale pedopornografico si
veda Cass. pen., sez. III, 6 dicembre 2010, n. 43246, ivi 2011, 1311.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
A seguito di decreto di rinvio a giudizio emesso dal
G.U.P. del Tribunale di Bari in data 12 giugno 2014 compa-
riva innanzi a questo Collegio X, come sopra generalizzato,
per rispondere dei reati ascrittigli.
All’udienza del 3 aprile 2014 veniva dichiarato aperto
il dibattimento e le parti formulavano le proprie richieste
probatorie che il Collegio accoglieva in quanto relative a
mezzi di prova pertinenti e rilevanti ai fini del decidere.
L’istruzione dibattimentale si svolgeva con l’escussione
dei testi citati dalla Pubblica Accusa.
Il teste C. G., Sovr. in servizio presso la Polizia Postale
di Foggia, riferiva che in data 3 marzo 2011, verso le ore
7,00, unitamente ai suoi colleghi, in esecuzione di un de-
creto di perquisizione locale emesso dalla Procura della
Repubblica presso il Tribunale di Trieste, datato 18 genna-
io 2011, effettuava una perquisizione nell’abitazione di X,
odierno imputato, sita in (omissis) alla via (omissis). In
casa vi era questi e la di lui consorte, Y. Su indicazione del-
l’X, nella cameretta, presente nell’appartamento adibita a
studio di questi, si rinveniva un personal computer fisso
acceso, collegato alla rete, con due programmi in esecu-
zione, e precisamente Emule versione V.0.50 A e software
Vuze versione 4.6.02, entrambi programmi di file-sharing
peer to peer.
Tra i numerosi file in download, ossia in scaricamen-
to, si evidenziavano due file presenti sul client Emule, dal
contenuto pedopornografico (cfr. verbale di perquisizione,
datato 3 marzo 2011, in atti). Il pc veniva privato dell’a-
limentazione alle ore 7,37 mediante distacco della spina
dalla rete elettrica.
Si ponevano sotto sequestro sei hard disk.
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