Il travaso di elementi probatori dal procedimento penale al processo tributario: l'utilizzabilità delle intercettazioni telefoniche e il divieto di prova testimoniale in sede tributaria

AutoreFrancesco Nevoli
Pagine22-25
22
dott
1/2013 Arch. nuova proc. pen.
DOTTRINA
IL TRAVASO DI ELEMENTI
PROBATORI DAL
PROCEDIMENTO PENALE
AL PROCESSO TRIBUTARIO:
L’UTILIZZABILITÀ DELLE
INTERCETTAZIONI
TELEFONICHE E IL DIVIETO
DI PROVA TESTIMONIALE
IN SEDE TRIBUTARIA (*)
di Francesco Nevoli
SOMMARIO
1. Premessa. 2. Le intercettazioni telefoniche e il processo tri-
butario. 3. Il divieto di prova testimoniale dinanzi al giudice
tributario. 4. (Segue). Verso il superamento del divieto.
1. Premessa
Numerosi possono essere i punti di contatto tra l’attivi-
tà istruttoria tributaria e l’indagine penale, così come tra
il processo tributario e quello penale. Un’attività ammini-
strativa tributaria può comportare l’acquisizione di una
notizia di reato, dando la stura ad un procedimento penale;
così, un’indagine penale può condurre all’acquisizione di
informazioni utili dal punto di vista f‌iscale.
Nel corso delle indagini preliminari, quindi, potrebbero
essere disposte intercettazioni telefoniche ovvero assunte
sommarie informazioni testimoniali da persone informate
sui fatti. Ebbene, il contenuto dei relativi verbali può es-
sere trasfuso in un atto impositivo dell’autorità f‌iscale che,
in quanto impugnato, sarà oggetto di valutazione da parte
del giudice tributario?
Le due questioni saranno affrontate separatamente
perché diverse sono le disposizioni di legge con cui occor-
re confrontarsi.
2. Le intercettazioni telefoniche e il processo tributario
Di seguito sono individuati i parametri normativi di
cui bisogna tener conto per affrontare questo tema. L’art.
15 Cost. garantisce la libertà e la segretezza delle comu-
nicazioni, che possono essere limitate soltanto per atto
motivato dell’autorità giudiziaria. Gli artt. 266 e 267 c.p.p.
prevedono i limiti di ammissibilità delle intercettazioni
(consentite nell’ambito di procedimenti che hanno ad og-
getto tipologie di reati ben determinate) ed i presupposti
che legittimano l’adozione del provvedimento (gravi indizi
di reato ed assoluta indispensabilità del mezzo di indagi-
ne). L’art. 270 c.p.p., inf‌ine, esclude in via di principio
l’utilizzazione dei risultati delle intercettazioni al di fuori
del procedimento in cui sono state disposte, salvo che gli
esiti captativi siano “indispensabili per l’accertamento di
delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in f‌lagranza” (1).
Se questo è il limite stabilito dall’ordinamento all’uti-
lizzazione esterna dei risultati delle intercettazioni, esse
non dovrebbero avere eff‌icacia probatoria alcuna in ambiti
diversi da quelli consentiti dalla norma del codice di pro-
cedura penale da ultimo richiamata.
La Corte di cassazione, pronunciandosi su avvisi con
cui, a seguito di indagini svolte dalla guardia di f‌inanza,
l’agenzia delle entrate aveva inteso recuperare imposte
evase da una società che, giovandosi di un’organizzazione
creata allo scopo esclusivo di effettuare operazioni com-
merciali soggettivamente inesistenti, avrebbe utilizzato
documentazione f‌ittizia per indebite deduzioni di costi e
detrazioni dell’i.v.a. (2), si è recentemente occupata della
questione (3). Secondo il Collegio, “il divieto posto dal-
l’art. 270 c.p.p., di utilizzare i risultati di intercettazioni
telefoniche in procedimenti diversi da quello in cui furono
disposte, non opera nel contenzioso tributario, ma soltan-
to in ambito penale (…), non potendosi estendere arbi-
trariamente l’eff‌icacia di una norma processuale penale,
posta a garanzia dei diritti della difesa in quella sede, a
dominii processuali diversi, come quello tributario, muniti
di regole proprie”.
La riferibilità dell’art. 270 c.p.p. al solo procedimento
penale, invero, già costituiva ius receptum per la Cassazio-
ne da qualche tempo prima.
Affrontando il giudizio di impugnazione di un provvedi-
mento di trasferimento di uff‌icio di un magistrato, fondato
(anche) su intercettazioni telefoniche, la Corte ha affer-
mato che il divieto di utilizzazione esterna dei risultati
captativi non può che riguardare unicamente il processo
deputato all’accertamento di responsabilità penali, che
pongono in gioco la libertà personale dell’imputato (inda-
gato), così da legittimare limitazioni più stringenti all’ac-
quisizione della prova in deroga al principio fondamentale
della verità materiale (4). Diversa, invece, è l’ipotesi delle
intercettazioni illegali, per le quali opera il divieto di uti-
lizzazione, previsto dall’art. 271 c.p.p., e delle quali è pre-
scritta la distruzione (5).
In altra pronuncia successiva, relativa ad analoga que-
stione, il presupposto per l’utilizzo esterno delle intercet-
tazioni è individuato nella legittimità delle stesse nell’am-
bito del procedimento in cui sono state eseguite. Ad avviso
del supremo Collegio, le intercettazioni, effettuate in un
procedimento penale, sono pienamente utilizzabili nel
procedimento disciplinare riguardante i magistrati, pur-
ché siano state legittimamente disposte nel rispetto delle
norme costituzionali e procedimentali (6).
Questo principio può essere esteso al contenzioso tri-
butario.
È condivisibile, quindi, l’orientamento giurisprudenzia-
le che esclude l’operatività dell’art. 270 c.p.p. nel processo
tributario, sempre che le intercettazioni in questione siano

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