La trattazione della causa

AutoreG. Balena
Pagine67-100
Il processo ordinario di cognizione §20
Sezione II
LA TRATTAZIONE DELLA CAUSA
SOMMARIO:20. Considerazioni introduttive. – 21. L’oralità della trattazione e le possi-
bili deroghe. – 22. L’udienza di prima comparizione e le verifiche preliminari. –
23. La facoltatività dell’interrogatorio libero delle parti (e del tentativo di con-
ciliazione). – 24. L’attività di trattazione. – 25. Segue: in particolare, il muta-
mento, la «modificazione» e la «precisazione» delle domande e delle eccezioni
formulate negli atti introduttivi. – 26. La nuova disciplina dell’«appendice» di
trattazione scritta e delle preclusioni istruttorie. – 27. Limiti alla concentrazione
della trattazione: rilievi introduttivi. – 28. Segue: le ipotesi di frazionamento
della trattazione non previste dal legislatore, ma imposte dal principio del con-
traddittorio.
20. Considerazioni introduttive.
La riforma del 1990, in conseguenza delle modifiche dell’ultim’o-
ra apportate col d.l. n. 432/1995 (conv. dalla legge n. 534/1995), ave-
va determinato, com’è noto, una sorta di partenza ritardata della cau-
sa, prevedendo una separazione abbastanza netta e rigida tra l’udien-
za di prima comparizione, riservata essenzialmente ad alcuni control-
li concernenti la corretta instaurazione del contraddittorio, e l’inizio
della trattazione vera e propria, differita, di regola, alla seconda
udienza.
Prescindendo dalle note dispute concernenti l’esegesi dell’art.
180, 2° comma, con particolare riguardo all’ipotesi del convenuto
contumace, il sistema in tal modo attuato era a dir poco irrazionale ed
offriva le più ampie chances alla parte interessata a perder tempo, te-
nuto conto che:
a) l’udienza di prima comparizione si risolveva, salvo ipotesi ecce-
zionali, in un mero rinvio;
b) la prima udienza di trattazione, che nella prospettiva della riforma
avrebbe dovuto rappresentare il cardine dell’intero processo, si ri-
duceva anch’essa, nella maggior parte dei casi, ad un’attività del
tutto formale e rituale, giacché era assai raro che le parti vi com-
parissero personalmente per sottoporsi all’interrogatorio libero e
per consentire il tentativo di conciliazione, ed era ancor più raro
che il giudice, in quella sede, utilizzasse i poteri-doveri conferiti-
gli dal 3° comma dell’art. 183, chiedendo alle parti dei chiarimen-
ti o invitandole alla trattazione di determinate questioni rilevabili
d’ufficio;
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c) la richiesta della c.d. appendice di trattazione scritta, di cui al 5°
comma dell’art. 183, rappresentava l’occasione per ottenere in via
automatica un ulteriore (e, di solito, non breve) rinvio; anche se di
fatto, poi, non era affatto frequente che le parti (le quali spesso si
erano già scambiate comparse a norma dell’art. 180, 2° comma)
utilizzassero effettivamente le memorie e le repliche previste dal
citato 5° comma per l’esercizio dello ius variandi (ossia per la
precisazione o modificazione delle originarie domande, eccezioni
econclusioni);
d) all’udienza prevista dall’art. 184 (solitamente la terza della causa),
infine, ciascuno dei contendenti aveva diritto ad un ulteriore rin-
vio, chiedendo l’assegnazione di termini per ulteriori deduzioni
istruttorie e produzioni documentali, anche se, magari, non aveva
alcuna reale intenzione di avvalersene.
La conseguenza era che per arrivare ad un provvedimento di ammis-
sione delle prove – o magari, per le non poche cause che non necessitano
di alcunaattività istruttoria, alla fissazione dell’udienza di precisazione
delle conclusioni – bisognava attendere, di regola, almeno quattro udien-
ze; il che si traduceva, nei tribunali con maggior carico di lavoro, nella
secca perdita di almeno due anni dall’instaurazione del giudizio.
Gioverà tornare a sottolineare – anche per poter meglio valutare la
bontà delle innovazioni che ci si accinge ad analizzare – che l’infeli-
ce intervento del legislatore del 1995 era stato determinato dalla
preoccupazione, di per sé encomiabile, di stemperare ed «ammorbi-
dire» il sistema di preclusioni introdotto dalla riforma del 1990, sen-
za tuttavia rinunciarvi. In particolare si rammenterà che la scissione
tra l’udienza di prima comparizione e la prima udienza di trattazione
mirava ad evitare che il convenuto potesse subire pregiudizio dalla
preclusione concernente la proposizione delle eccezioni in senso
stretto (id est:non rilevabili d’ufficio), che l’art. 167, nella formula-
zione di cui alla legge n. 353/90, ancorava allo scadere del termine di
costituzione ex art. 166 c.p.c. Tale circostanza meriterebbe di essere
attentamente meditata, giacché dimostra che un uso malaccorto delle
preclusioni, che teoricamente dovrebbero assicurare la concentrazio-
ne del processo, non soltanto può implicare l’inopportuno irrigidi-
mento della fase di trattazione, che invece dovrebbe essere sufficien-
temente duttile da adattarsi alle peculiarità della singola causa, ma
può finanche tradursi, paradossalmente, in un grave intralcio per la
rapida definizione delle (non poche) controversie che si presterebbe-
ro ad una decisione immediata.
§20 Le riforme più recenti del processo civile
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Il processo ordinario di cognizione §20
La riforma del 2005, comunque, ha ritenuto di poter risolvere il pro-
blema senza abbandonare – come sarebbe stato preferibile – la preclu-
sione relativa alle eccezioni in senso stretto (che anzi viene anticipata,
come già detto nel § 19, al momento della costituzione del convenuto),
bensì ripristinando semplicemente la coincidenza tra l’udienza di prima
comparizione e l’inizio della trattazione, e prevedendo, altresì, che le
attività difensive fino ad oggi ripartite tra l’«appendice» di trattazione
scritta ex art. 183, 5° comma, e le deduzioni istruttorie di cui all’art. 184
siano tutte compiute, laddove le parti ne abbiano realmente interesse, nel
periodo immediatamente successivo alla prima udienza di trattazione,
secondo una scansione temporale determinata con un’unica ordinanza; il
che ha implicato – come meglio si dirà tra poco – una parziale «fusione»
fra i termini già previsti dagli artt. 183, 5° comma, e 184, 1° comma. In
altre parole, il legislatore ha preso atto che per consentire e governare lo
scambio di scritti difensivi tra le parti in questa fase iniziale della causa
non v’era affatto bisogno di una pluralità di udienze, nelle quali il ruolo
del giudice era essenzialmente limitato alla fissazione di termini, ma
poteva bastare, a conclusione dell’eventuale attività di trattazione (orale)
disciplinata dall’art. 183, un unico provvedimento; il che, evidentemen-
te, evita che i termini per il compimento delle attività delle parti debbano
necessariamente adeguarsi ai ritmi del giudice, ossia ai lunghi intervalli
che, nella maggior parte degli uffici giudiziari, inevitabilmente separano
un’udienza dall’altra.
Seppure con non poche riserve, in parte già implicite nelle consi-
derazioni che precedono e derivanti dall’evidente incapacità dell’o-
dierna riforma di affrancarsi con maggiore risolutezza da quelle degli
anni ’90
1
, può anticiparsi che, per questo profilo, si tratta di innova-
zioni meritevoli di una valutazione positiva, non foss’altro perché, te-
nuto conto della irrazionale situazione di partenza, restituiscono un
minimo di coerenza e credibilità alla fase introduttiva del processo
2
.
1
V. a tal proposito gli acuti rilievi critici di B. CAPPONI,Passato e presente dell’art. 183
c.p.c. (in punta di penna sulla legge 80/2005), e di A. BRIGUGLIO,Il nuovo rito ordinario di
cognizione: meno udienze, più preclusioni, spec. § 2 (entrambi i saggi sono consultabili sul
sito www.judicium.it).
2
In realtà la legge n. 263/2005 ha in parte attenuato, rispetto alle soluzioni recepite nella legge
n. 80/2005, la superconcentrazione della fase di trattazione [non a torto ritenuta eccessiva e criti-
cata, ad es., da C. CONSOLO,Competizione sì, ma più che altro fra riti e fra legislatori processuali
(sulla legge n. 80/2005), in Corriere giur.,2005, p. 893 s., e soprattutto da A. BRIGUGLIO,op. cit.,
§ 5], sicché ha pure ridimensionato alcuni dei problemi emersi nei primissimi commenti.
Resta, ciò nonostante, qualche inconveniente non trascurabile, legato all’inopportuna rigi-
dità dello schema di trattazione adottato dalla riforma; che però – come si avrà modo di
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