La trasmissione del documento informatico: il ruolo della posta elettronica certificata

AutoreDaniele Marongiu
CaricaL'autore è dottorando di ricerca presso l'Università degli studi di Cagliari, Facoltà di scienze politiche
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@1. L'introduzione della disciplina sulla posta elettronica certificata nel nostro sistema amministrativo

La posta elettronica certificata rappresenta uno degli strumenti dell'amministrazione informatica che più di recente hanno trovato una disciplina organica nel nostro ordinamento amministrativo. Ricordiamo infatti che il D.p.r. 28 dicembre 2000, n. 445 (Testo unico sulla documentazione amministrativa) prevedeva solo in astratto, al terzo comma dell'art. 14, la possibilità di un inoltro telematico effettuato con modalità atte ad assicurare l'avvenuta consegna1, equiparabile all'invio postale per raccomandata; non esisteva, invece, una normativa di dettaglio che rendesse applicabile questa disposizione2.

Oggi tale normativa è stata emanata, creando definitivamente le condizioni per la concreta operatività dello strumento3.

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In questa sede avanzeremo qualche breve riflessione intorno ai testi che la contengono; si tratterà di considerazioni attinenti agli aspetti formali e giuridici connessi alla disciplina della posta certificata; non si entrerà invece nel merito di problematiche legate agli aspetti tecnici. Non perché non siano rilevanti, ma perché è determinante che i due piani (ingegneristico e giuridico) siano mantenuti chiaramente distinti. Il giurista, nel momento in cui analizza gli aspetti formali, dovrebbe ragionare considerando "già risolte" tutte le questioni di carattere tecnologico.

Come è noto, l'attuale disciplina sulla posta elettronica certificata è distribuita su due gradi di normazione: il d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell'amministrazione digitale), che contiene alcune norme di rango legislativo, e il D.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68, che è il regolamento recante la disciplina di dettaglio. L'emanazione del regolamento ha preceduto di qualche settimana la pubblicazione del Codice4, ma è anche vero che i due atti normativi sono stati redatti contemporaneamente, nello stesso arco di tempo, quindi nell'ambito del presente studio possono essere considerati coevi.

In ogni caso, con riferimento a questa stratificazione normativa, è possibile rilevare un dato positivo, e cioè che l'istituto della posta elettronica certificata non conosce il problema della "rilegificazione" e del conseguente irrigidimento della normativa, che è stato invece lamentato da molti osservatori in relazione ad altri istituti dell'amministrazione informatizzata, per esempio la firma digitale, che oggi sono interamente disciplinati in norme di rango legislativo, anche per gli aspetti che inizialmente erano contenuti in fonti regolamentari, a seguito della trasfusione degli articoli del Testo unico misto n. 445/2000 nel Codice5.

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Lo strumento in esame è, inoltre, destinato a conoscere un terzo livello di normazione, perché il regolamento sulla posta elettronica certificata prevede, all'art. 17, che siano emanate le regole tecniche con un D.P.C.M., atto di cui al momento è disponibile la bozza6.

In questa sede saranno oggetto di analisi, in primo luogo, alcuni passaggi del D.P.R. n. 68/2005 che meritano un approfondimento, in particolare alcune disposizioni di cui può non essere immediata l'individuazione della ratio, e alcune lacune normative. Di seguito, si osserverà invece in che modo la disciplina sulla posta elettronica certificata si colloca nell'assetto complessivo degli istituti dell'amministrazione informatizzata.

@2. Analisi di alcune problematiche intrinseche della disciplina sulla posta elettronica certificata

Scorrendo le norme del regolamento, una prima considerazione attiene all'art. 4, co. 2, quando dispone che il solo indirizzo valido di posta elettronica certificata è quello "espressamente dichiarato ai fini di ciascun procedimento". Questa ipotesi è completata nel comma successivo, in cui è precisato che l'indirizzo non è utilizzabile se è tratto da comunicazioni diverse da quella specificamente attinente al procedimento per cui il titolare ha inteso adoperarlo.

Di fronte a queste formulazioni, è legittimo domandarsi se esse rappresentino un'ingiustificata restrizione dell'ambito di validità dello strumento, o se, al contrario, costituiscano una clausola di garanzia per il cittadino che interagisce con l'amministrazione attraverso la posta certificata.

Il quesito necessita di una risposta articolata. La disposizione in esame deve essere considerata sicuramente un'opportuna norma di garanzia per il privato nel momento in cui si considera che in qualche modo il suo disposto "fotografa" la collocazione della posta certificata nell'attuale fase evolutiva dell'informatizzazione amministrativa, in cui non è ancoraPage 138 diffusa la consapevolezza della reale portata dello strumento (come accade anche per la firma digitale nei pochi casi in cui è già usata), per cui non è detto che chi adopera un indirizzo in relazione ad un procedimento amministrativo abbia intenzione di continuare anche successivamente a verificare il contenuto della propria casella.

Nello stesso tempo, la norma appare eccessivamente rigida nel momento in cui non configura neanche la mera facoltà, in capo al privato, di comunicare spontaneamente il proprio indirizzo una tantum (fino a revoca espressa) all'amministrazione, assumendo la responsabilità di accedere sistematicamente al contenuto della casella di cui è titolare. La norma, in altri termini, sembra porre come non derogabile l'obbligo di ripetere la comunicazione del recapito elettronico per ogni procedimento. Dovendo individuare una ratio molto pragmatica all'origine di questa mancata previsione, si può considerare che difficilmente un privato può avere interesse a che il proprio indirizzo abbia validità indefinita per il futuro, se si tiene conto che la maggior parte degli atti notificati attengono a provvedimenti sfavorevoli al destinatario7, per cui in capo al cittadino può essere presunto uno scarso interesse a rendere più agevole la procedura di notifica.

Un secondo passaggio su cui ci si può soffermare nella lettura del decreto n. 62/2005, è rinvenibile nell'art. 16, al secondo comma. La disposizione è formulata in questi termini: le pubbliche amministrazioni possono svolgere l'attività di gestori di posta elettronica certificata, però in tale ipotesi le caselle rilasciate a soggetti privati sono valide solo limitatamente ai rapporti fra questi e la stessa amministrazione. E una circo-Page 139stanza assolutamente analoga a quella, già in precedenza disciplinata, relativa al caso in cui una pubblica amministrazione sia certificatore accreditato di firma digitale, prevista inizialmente dall'art. 29-quinquies del D.P.R. n. 445/2000, oggi trasfuso nell'art. 34, primo comma, del Codice dell'amministrazione digitale.

È indicativo osservare che questo passaggio non era presente nel testo del...

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