Traffico di influenze illecite (art. 346 bis c.p.)

AutoreFrancesco Bartolini
Pagine253-257
253
dott
Rivista penale 3/2013
DOTTRINA
TRAFFICO DI INFLUENZE
ILLECITE (ART. 346 BIS C.P.) (*)
di Francesco Bartolini
SOMMARIO
1. La nuova norma incriminatrice nel contesto della riforma
anticorruzione. 2. Natura sussidiaria del reato. 3. Condotta
illecita. 4. L’attività mediatrice. 5. Prezzo e remunerazione. 6.
L’atto del pubblico uff‌iciale o incaricato di pubblico servizio.
7. Consumazione del reato e pene edittali.
1. La nuova norma incriminatrice nel contesto della
riforma anticorruzione
La legge anticorruzione 6 novembre 2012, n. 190, ha
disegnato con l’art. 346 bis codice penale una fattispecie
di reato che aveva costituito oggetto di indicazioni precise
nei rapporti internazionali (art. 12 Convenzione penale
sulla corruzione, aperta alla f‌irma degli Stati europei nel
1999 e ratif‌icata con la legge 28 giugno 2012, n. 110). Un
forte stimolo era per venuto dall’aver progressivamente
scoperto che vasti settori della politica e dell’economia
erano legati da intrecci di relazioni affaristiche incon-
fessabili. In un clima di malcostume diffuso a livello di
sottogoverno e partitico, in collusione con il mondo delle
grosse imprese e della f‌inanza, appariva anacronistico
ritardare ancora l’adempimento degli impegni assunti dal
l’Italia con gli altri Paesi, soprattutto europei (l’Italia ha
ratif‌icato con legge 3 agosto 2009, n. 116, la Convenzione
dell’Organizzazione delle Nazioni unite contro la corruzio-
ne, adottata dall’assemblea generale dell’ONU il 31 ottobre
2003 con risoluzione n. 58/4, f‌irmata dallo Stato italiano
già il 9 dicembre 2003).
L’introduzione nel nostro ordinamento della nuova
f‌igura delittuosa ha suscitato nel Parlamento resistenze
accanite e tali da far sorgere dubbi sulla volontà di talune
forze politiche di considerare illeciti gli intrallazzi e le
forme di intromissione remunerate del tutto estranee
a una corretta gestione della cosa pubblica. Nonostante
reiterate resistenze, con un voto di f‌iducia al Governo
proponente la norma che prevede e sanziona il traff‌ico di
inf‌luenze illecite è divenuta norma vigente, nel contesto di
una articolata manovra anticorruzione caratterizzata da
luci e ombre.
In sintesi, l’art. 346 bis c.p. punisce che si avvale delle
relazioni esistenti con un pubblico uff‌iciale o un incaricato
di pubblico servizio e in- debitamente, per tal modo, fa dare
o promettere denaro o altro vantaggio patrimoniale, quale
prezzo della propria mediazione o per remunerare il pub-
blico uff‌iciale o l’incaricato di pubblico servizio: tutto ciò
in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri
d’uff‌icio o all’omissione o al ritardo di un atto dell’uff‌icio.
La pena stabilita è della reclusione da uno a tre anni. La
stessa pena si applica a chi indebitamente dà o promette il
denaro o le altre utilità. Sono previste aggravanti.
Il ministro proponente ha considerato un successo l’es-
sere riuscito a ottenere l’approvazione del suo progetto.
Le opinioni manifestate a caldo sono prevalentemente di
contenuto diverso. Si veda, ad esempio, il parere espresso
dal Consiglio superiore della magistratura, approvato con
delibera consiliare 24 ottobre 2012:
“(…) deve osservarsi come l’eff‌icacia della nuova fatti-
specie incrimina trice appare fortemente condizionata
dall’esiguità della pena edittale stabilita: la limitazione
della sanzione massima irrogabile a tre anni di reclusione
preclude infatti l’utilizzo di strumenti di indagine quali
le intercettazioni di comunicazioni o conversazioni (art.
266 c.p.p.) che, in contesti fortemente connotati dalla re-
lazione personale tra le parti coinvolte – improntata alla
segretezza e alla cautela formale – sono di fondamentale
utilità. Allo stesso modo non potrebbero essere applicate
misure cautelari personali, utili a interrompere le conti-
guità in cui le condotte punite normalmente maturano.
Senza dire, ulteriormente, che la misura della pena incide
direttamente sul termine di prescrizione comunque assai
breve.
L’osservazione che precede appare tanto più rilevante
quando si consideri che l’ambito delle condotte sanzionate
è stato limitato alle sole ipotesi in cui la remunerazione
dell’agente consista esclusivamente in danaro o altro
vantaggio patrimoniale. A fronte di tale tipizzazione della
condotta punita avrebbe probabilmente potuto far seguito
un trattamento sanzionatorio capace di garantirne l’effet-
tività sotto il prof‌ilo della reale capacità repressiva e dis-
suasiva”.
2. Natura sussidiaria del reato
Il reato previsto e punito dall’art. 346 bis c.p. ha natura
sussidiaria e si realizza allorché la condotta non riveste
i requisiti per conf‌igurare i delitti di cui agli artt. 319 e
319 ter. Così stabilisce la disposizione citata, con un ri-
ferimento espresso agli illeciti di corruzione per un atto
contrario ai doveri di uff‌icio e alla corruzione in atti giu-
diziari. Il rapporto di sussidiarietà così posto con queste
fattispecie di reato comporta che la specialità della nuova
f‌igura di delitto è stata considerata dal legislatore come
insuff‌iciente a farla prevalere su quelle di riferimento. Se
il principio è estremamente chiaro, è per contro arduo di-
stinguere esattamente l’ambito entro il quale può opera re
la f‌igura criminosa di nuova introduzione.
Il delitto di corruzione e quello di corruzione in atti
giudiziari possono essere commessi anche con l’apporto di
soggetti terzi, rispetto a quelli che ne sono protagonisti
necessari: soggetti terzi che possono agire in concorso nel
fatto illecito proprio per mezzo di una condotta di avvi-
cinamento, di portavoce, di intermediazione. Si è sempre
ritenuto ammissibile il vero e proprio concorso nel reato,
ad opera di questi soggetti, che diventano correi. Ma se
la loro attività mediatoria è f‌inalizzata a ricavarne un

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