Titolo edilizio e clausola 'fatti salvi I diritti dei terzi
Autore | Arcangela Maria Tamburro |
Pagine | 36-38 |
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dott
1/2019 Arch. loc. cond. e imm.
DOTTRINA
TITOLO EDILIZIO E CLAUSOLA
“FATTI SALVI I DIRITTI
DEI TERZI”
di Arcangela Maria Tamburro
Come è noto, i provvedimenti di autorizzazione in ma-
teria edilizia sono sempre rilasciati con la formula “fatti
salvi i diritti di terzi”. Ma come deve interpretarsi tale
espressione?
L’art. 11, comma 3, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (“Testo
unico delle disposizioni legislative e regolamentari in ma-
teria edilizia”) dispone espressamente che “Il rilascio del
permesso di costruire non comporta limitazione dei diritti
dei terzi”. Tale disposizione ha il fine di rimuovere un osta-
colo pubblicistico alla esplicazione del diritto di edificare
e non incide nei rapporti fra privato costruttore e i suoi
vicini (1), che conservano il diritto di ottenere il risarci-
mento del danno e, in ipotesi di violazione delle norme
sulle distanze, la riduzione in pristino (2).
La P.A., prima di rilasciare il permesso di costruire, ha
sempre l’onere di verificare la legittimazione del richie-
dente, accertando che questo sia il proprietario dell’im-
mobile oggetto dell’intervento edilizio o che, comunque,
ne abbia un titolo di disponibilità sufficiente (così come
previsto dall’art. 11, comma 1, D.P.R. n. 380 del 2001), e
tale ultima espressione va intesa nel senso più ampio di
una legittima disponibilità dell’area, in base ad una rela-
zione qualificata con il bene, sia essa di natura reale, o
anche solo obbligatoria, purché, in questo caso, con il con-
senso del proprietario (3).
Quanto ora esposto (ed il concetto di “sufficienza” rife-
rito al titolo, elaborato dalla giurisprudenza) comporta, in
generale, che è onere della P.A. ricercare la sussistenza di
un titolo (di proprietà, di altri diritti reali, etc.) che fon-
da una relazione giuridicamente qualificata tra soggetto e
bene oggetto dell’intervento, e che dunque possa renderlo
destinatario di un provvedimento amministrativo autoriz-
zatorio; ma non comporta anche che l’amministrazione
debba comprovare prima del rilascio (ciò mediante oneri
di ulteriore allegazione posti al richiedente o attraverso
propri approfondimenti istruttori), la “pienezza” (nel sen-
so di assenza di limitazioni) del titolo medesimo.
Ed infatti, ciò comporterebbe, in sostanza, l’attribuzio-
ne all’amministrazione di un potere di accertamento della
sussistenza (o meno) di diritti reali e del loro “contenuto”
non ad essa attribuito dall’ordinamento.
Dunque, come ha già avuto modo di affermare la giu-
risprudenza sia amministrativa che ordinaria (4), in sede
di esame dell’istanza volta al rilascio di un titolo edilizio,
l’amministrazione non deve verificare ogni aspetto civi-
listico che potrebbe venire in rilievo, ma deve vagliare
esclusivamente i profili urbanistici ed edilizi connessi al
titolo richiesto.
Si è, in particolare, ricordato che il permesso di co-
struire non incide sulla titolarità della proprietà o di altri
diritti reali relativi agli immobili realizzati per effetto del
suo rilascio, né tantomeno pregiudica la titolarità o l’eser-
cizio di diritti relativi ad immobili diversi da quelli oggetto
d’intervento (5).
Con particolare riguardo all’istanza di titolo ad edifica-
re sulla cosa comune si è affermato:
“ogni questione in ordine agli eventuali limiti dell’eser-
cizio in concreto del diritto del comproprietario (ivi com-
preso quanto inerisce all’uso della cosa comune, ex art.
1102 c.c.) esula dalle valutazioni dell’amministrazione, nei
casi in cui l’immobile considerato non sia oggetto «diretto»
del titolo edificatorio, nel senso che attraverso quest’ultimo
si realizza una trasformazione dell’immobile, sia attraverso
la realizzazione di una volumetria su di esso insistente, sia
attraverso la realizzazione di altre opere che ne trasformi-
no in modo decisivo caratteristiche e destinazioni del bene
ovvero che incidano su pattuizioni tra i comproprietari in
ordine all’uso del medesimo (…). Ovviamente, in ordine a
tali aspetti, resta ferma la tutela dei diritti reali assicurata
dal giudice ordinario, ma ciò (…) non può condizionare
l’esercizio del potere autorizzatorio in materia edilizia
della Pubblica Amministrazione, al punto da rendere ille-
gittimo il permesso di costruire rilasciato”.
È alla luce delle considerazioni innanzi esposte che
deve quindi essere interpretata l’espressione “fatti salvi i
diritti dei terzi”, o simili, che normalmente compare nei
provvedimenti autorizzatori in materia edilizia.
Con tale espressione si intende circoscrivere, secondo
la giurisprudenza amministrativa (6), l’ambito di efficacia
del provvedimento autorizzatorio in materia edilizia.
In altri termini, si è ribadito che “il provvedimento am-
ministrativo, rilasciato ad un soggetto che è titolare di una
situazione qualificata di giuridica relazione con il bene og-
getto di intervento, autorizza un intervento di trasforma-
zione del territorio che è compatibile con l’assetto edilizio
ed urbanistico previsto per il medesimo ed è, dunque, in
tale ordine e limiti, legittimo”.
Tale provvedimento inerisce, quanto all’oggetto della
istanza presentata, al rapporto pubblicistico tra soggetto
richiedente e pubblica amministrazione in esercizio del
potere autorizzatorio edilizio. Al tempo stesso, tale prov-
vedimento non incide (perché “non può” incidere) sui di-
stinti rapporti giuridici tra privati, che restano dallo stesso
del tutto impregiudicati.
Il che comporta, secondo la giurisprudenza ammini-
strativa, che “quanto autorizzato, se non costituisce illeci-
to dal punto di vista amministrativo (proprio per le stesse
ragioni per cui risulta autorizzabile), ben può costituire
illecito civile, in quanto incidente su una sfera di rappor-
ti cui la Pubblica Amministrazione è (e deve rimanere)
estranea”.
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