Presupposti e tipologie del sequestro probatorio. Mancata indicazione, nel provvedimento di sequestro dell'autorità giudiziaria, delle res sequestrande e impugnazioni

AutoreAlberto Romeo
Pagine395-407

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@1. Premessa

La sentenza che si annota offre molteplici spunti per svolgere qualche breve riflessione in ordine a talune questioni problematiche, dai significativi risvolti applicativi, concernenti il contenuto della motivazione del provvedimento di sequestro probatorio, e, più in particolare, lo specifico profilo della indicazione, nel relativo decreto, delle res da sequestrare 1.

Ulteriormente, poi, l'iter argomentativo della decisione approda all'esame della correlata questione - per vero, già fatta oggetto di attenzione da parte della dottrina e della giurisprudenza 2 - riguardante la natura del provvedimento di perquisizione che altresì contenga un generico ordine di sequestro di res non analiticamente determinate. Last but not least, figura quindi trattata la problematica relativa agli strumenti di impugnazione attivabili, in tale ipotesi, dall'interessato 3.

Una sintetica ricognizione dei fatti, allora, consentirà di meglio comprendere l'esatta portata della pronuncia in commento, potendosi, non di meno, sin da ora segnalare che i principi enucleati dalla seconda sezione della Corte di cassazione sostanzialmente non tendono a discostarsi dalle linee interpretative tracciate, con riguardo alle anzidette questioni, negli arresti giurisprudenziali consolidati, di cui, pertanto, risulterà opportuno illustrare i tratti caratterizzanti.

L'intervento dei giudici di legittimità, nel caso dispecie, è stato invocato dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro, al fine di vagliare la legittimità dell'ordinanza pronunciata dal tribunale del riesame della stessa città, ex artt. 257 e 324 c.p.p., in data 31 maggio 2005, con cui era stato revocato il provvedimento di perquisizione locale (rectius: domiciliare) e sequestro disposto dal medesimo Procuratore della Repubblica il 10 maggio 2005, con conseguente restituzione dei documenti sottoposti a sequestro all'avente diritto 4.

Il tribunale, infatti, nel condividere (alcune del) le doglianze sollevate dai difensori dell'indagato, aveva ritenuto irrimediabilmente viziato il decreto dispositivo dell'attività di ricerca ed acquisizione coattiva della prova, in ragione della genericità dell'indicazione del vincolo di pertinenzialità fra la documentazione da ricercare e le fattispecie di reato ipotizzate 5. Genericità conseguente - ad avviso (peraltro senza dubbio condivisibile) del tribunale - dalla circostanza della omessa analitica specificazione, nel decreto del pubblico ministero, delle res da ricercare e sottoporre a sequestro 6, limitandosi, di contro, detto provvedimento, ad autorizzare la polizia giudiziaria operante su delega a procedere, in esito alla perquisizione, al sequestro «di quanto rinvenuto e pertinente alle indagini» 7.

Come si diceva, dunque, avverso l'ordinanza del tribunale del riesame ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica di Catanzaro, lamentando, con un primo motivo, la violazione o erronea applicazione degli artt. 247, 250, 252 e 253 c.p.p., «in quanto il provvedimento di perquisizione avrebbe sufficientemente indicato le cose da ricercare attraverso l'indicazione del ruolo dell'indagato, i reati per i quali procede ed i contatti con i coindagati». Ulteriormente, con un diverso motivo, il pubblico ministero ha rappresentato l'erronea applicazione degli artt. 263 e 324 c.p.p., in quanto - così si è assunto - «la pertinenza delle cose sequestrate al reato non [potrebbe] essere valutata prima dell'esecuzione del provvedimento (...)». E sostenendosi ancora che, «qualora la polizia giudiziaria sequestri cose non pertinenti al reato ed il pubblico ministero non emetta provvedimento di convalida, la richiesta di riesame [sarebbe da considerarsi] inammissibile» 8; potendo l'interessato esclusivamente formulare al pubblico ministero medesimo una richiesta di restituzione delle res sequestrate ai sensi dell'art. 263 c.p.p., con eventuale opposizione al giudice per le indagini preliminari nel caso di diniego.

Appaiono, dunque, di agevole comprensione le questioni ermeneutiche poste all'attenzione del Supremo Collegio. Enucleabili, l'una, con riferimento alla necessità, o meno, che nel decreto dispositivo della perquisizione siano specificate le res oggetto della ricerca e, quindi, del conseguente sequestro 9, ovvero se, al contrario, tale indicazione possa essere «surrogata» tramite il riferimento a diversi ed irrituali parametri o formule linguistiche non espressamente tipizzati dal legislatore.

L'altra questione, con ogni evidenza intimamente collegata alla prima, concerne la possibilità di posticipare ad un momento successivo alla materiale esecuzione del sequestro, la verifica della sussistenza del vincolo di pertinenzialità tra le res già apprese e le fattispecie di reato ipotizzate.

Ed infine, la terza, e di certo non meno rilevante, problematica, concerne l'individuazione dei rimedi esperibili nel caso di un provvedimento di perquisizione e sequestro che, proprio in ragione dell'omessa specificazione delle cose da sequestrare, sia da considerarsi - in ordine all'avvenuta adprehensio di res - come sequestro eseguito motu proprio dalla polizia giudiziaria, e, non di meno, non venga successivamente convalidato, come invece impone l'art. 355 c.p.p., dal pubblico ministero (realtà effettuale accaduta, appunto, nel caso di specie).

In tale evenienza, del resto - come a breve si avrà modo di chiarire -, è assolutamente necessario tenere concettualmente distinta siffatta ipotesi (vale a dire, quella del sequestro considerato, per gli anzidetti motivi, motu proprio di polizia giudiziaria) dalla ben diversa situazione che si verifica allorquando invece il sequestro sia effettivamente operato su aprioristicamente assoluta e autonoma iniziativa della polizia giudiziaria, nella ricorrenza dei presupposti richiesti nor-Page 396mativamente dall'art. 354 c.p.p., volto a disciplinare l'intervento urgente della polizia giudiziaria stessa in materia di acquisizione di elementi materiali di prova 10.

Mette conto, infatti, sin da adesso sottolineare - nella prospettiva di una più coerente individuazione dei rimedi esperibili dai soggetti legittimati - che in tale seconda ipotesi, in effetti, manca radicalmente, per definizione, a monte, un provvedimento dispositivo dell'autorità giudiziaria: donde la necessaria conseguenza di dover senz'altro ritenere passibile di impugnazione esclusivamente il successivo decreto di convalida emesso dal pubblico ministero ai sensi dell'art. 355 c.p.p.

Ma su tale tematica si tornerà più avanti. Orbene, dando accoglimento ai su indicati motivi di ricorso formulati dal pubblico ministero, la seconda sezione della Corte Suprema, relativamente a tutte le prospettate questioni di diritto, ha mostrato di uniformarsi alle soluzioni espresse nell'elaborazione giurisprudenziale maggioritaria.

@2. Tipologie del sequestro probatorio

La trasparente ed intuitiva complessità delle questioni ermeneutiche poc'anzi tratteggiate sembra, allora, fortemente suggerire - rectius: imporre - l'opportunità di anteporre alla specifica analisi dei molteplici profili problematici sottesi alle medesime, una - se pur necessariamente sintetica - ricognizione del quadro normativo e concettuale di riferimento, al fine precipuo di vagliare la praticabilità di soluzioni interpretative differenti 11, che risultino maggiormente coerenti ed armoniose con la disciplina positiva concernente la dinamica della ricerca coattiva e dell'acquisizione della «prova materiale» del reato.

Così, in primis, non può farsi a meno di soffermare l'attenzione - traendo spunto, per vero, dalle pregevoli riflessioni recentemente svolte da autorevole dottrina con riferimento alla materia di cui si sta trattando 12 - sulle diverse estrinsecazioni tipologiche che concretamente possono connotare la procedura acquisitiva dei corpora delicti 13.

Non pare potersi dubitare, del resto, della circostanza per cui, al di là della certamente più opportuna attuale catalogazione codicistica all'interno del genus «mezzi di ricerca della prova» di cui al Titolo III del Libro III del c.p.p. 14, il corpus normativo globalmente disciplinante le perquisizioni ed il sequestro ai fini probatori 15 non consenta, per vero, di descrivere efficacemente la sequenza procedimentale che, con maggiore frequenza nelle prassi applicative, caratterizza normalmente l'iter di acquisizione al procedimento degli elementi materiali del reato. In altre parole, la littera legis non permette di rintracciare con immediatezza quei rapporti di stretta (ma potrebbe dirsi «fisiologica») interdipendenza funzionale che, secondo l'id quod plerumque accidit, saldano naturalisticamente l'attività prodromica di ricerca della prova a quella conseguente di mera acquisizione della stessa 16.

Con ciò - senza peraltro addentrarsi in argomentazioni che rischierebbero inevitabilmente di trascendere i confini del presente lavoro 17 -, si vuol soltanto rimarcare come il codice di rito penale, in effetti, offra una immagine puramente statica degli istituti processuali finalisticamente preordinati al reperimento di materiale con valenza probatoria (id est: ispezioni, perquisizioni e sequestri); descrivendone partitamente le singole discipline, e, così, trascurando di dar adeguatamente conto dei rapporti di indubbia colleganza di tipo logico e causale che generalmente, di contro, avvincono funzionalmente gli atti medesimi nel loro concreto divenire.

L'unico elemento testuale che comprovi un siffatto legame può, allora, individuarsi nell'art. 252 c.p.p., che assolve, così come autorevolmente sostenuto, «alla precipua funzione di dotare di validità normativa il congenito nesso di dipendenza causale e necessaria, logica e funzionale tra due atti [perquisizione e sequestro] 18 che, altrimenti, dovrebbero ritenersi giuridicamente autonomi e indipendenti» 19.

Occorre, peraltro, a tal punto, precisare che mentre la perquisizione, fatta eccezione per l'ipotesi in cui il relativo potere venga...

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