La testimonianza del minore
Autore | Danila Certosino |
Pagine | 89-107 |
DANILA CERTOSINO
LA TESTIMONIANZA DEL MINORE
S: 1. La capacità di testimoniare del minore. – 2. Valutazione e attendibi-
lità della testimonianza resa dal minore. – 3. L’incidente probatorio come meto-
do privilegiato di acquisizione probatoria nei reati di abuso sessuale. 4. (Segue)
Il ricorso all’incidente probatorio al di fuori delle ipotesi tassativamente previ-
ste: la giurisprudenza della Corte costituzionale e l’incidenza del diritto comu-
nitario. – 5. L’esame dibattimentale del minorenne. – 6. Esigenze di tutela del
minore–testimone e rispetto del contraddittorio: un delicato bilanciamento. – 7.
Diritto all’informazione e tutela della privacy del minore testimone, persona
offesa o danneggiato dal reato.
1. Ai sensi dell’art. 196, comma 1o c.p.p., “ogni persona ha la capacità di
testimoniare”, intesa come idoneità fisica del soggetto alla testimonianza1.
Alla stregua di quanto enunciato, anche i minori sono in grado di ricordare
ciò che hanno visto e soprattutto ciò che hanno subito con coinvolgimento
diretto, pur spettando al giudice il compito di valutare con particolare atten-
zione la credibilità del dichiarante e l’attendibilità delle dichiarazioni2. A
tal fine, può rivelarsi necessario il ricorso agli strumenti dell’indagine psico-
logica per verificare, sotto il profilo intellettivo e affettivo, la concreta attitu-
dine del minore a testimoniare, la credibilità e la sua capacità a recepire le
informazioni3.
1 Cfr., C. D M, Prova testimoniale II) Diritto processuale penale, in Enc. giur. Treccani,
XXV, 1991, 4; D, Le prove, in M. P, A. M, V. P, P. Corso, O. D-
, A. G e G. S, Manuale di procedura penale8, Bologna, 2008, 232; P. G e M.
S, Codice di procedura penale ipertestuale3, sub art. 196 [cur. A. G], Torino, I, 2008,
985 s.; P. T, La prova penale4, Padova, 2000, 109; N. T, Codice di procedura penale
commentato3, sub art. 196 [cur. G e G. S], Milano, 2007, 1418 ss.
2 In tal senso, Sez. III, 6 marzo 2003, Artico, in Guida al dir., 2004, n. 5, 93 ss.
3 Cfr. D. C S, L’esame orale del bambino nel processo, Milano, 2000, 20 ss.; S.
C e A. B, Idoneità a testimoniare e capacità di partecipare coscientemente al
90 Annali della Facoltà di Giurisprudenza di Taranto — Anno II
È appena il caso di ricordare che l’esigenza di tutela dei diritti del minore
ha trovato concreti e rilevanti riscontri nell’ambito del diritto internazionale.
Dopo la Dichiarazione di Ginevra del 1924 sui diritti del fanciullo e le
Regole minimali delle Nazioni Unite per l’amministrazione della giustizia
minorile (c.d. “Regole di Pechino”)4, il testo più significativo è rappresen-
tato dalla Convenzione internazionale sui diritti dei minori (c.d. Convenzio-
ne di New York), approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel
l’art. 12, comma 2o, della Convenzione stabilisce che “viene data al fanciullo
la possibilità di essere sentito in tutti i procedimenti giudiziari o amministra-
tivi che lo interessano, sia direttamente che con l’intermediazione di un rap-
presentante o di un organismo appropriato, in modo compatibile con le rego-
le di procedura della legislazione nazionale”. Il diritto di esprimere la propria
opinione riconosciuto al fanciullo con la Convenzione di New York non si
limita ad essere un riconoscimento ideale del diritto alla libertà di espressio-
ne ma si sostanzia di fatto nel diritto concreto del bambino, a prescindere dal
ruolo che rivesta (imputato o persona offesa), di esprimersi.
Nell’ambito del nostro ordinamento, a seguito dell’entrata in vigore del
codice del 1988, la testimonianza del minore ha assunto un ruolo maggior-
mente significativo. Infatti, rispetto al sistema processuale antecedente,
l’adozione del modello accusatorio prevede la formazione della prova nella
fase dibattimentale, con la conseguenza che le dichiarazioni raccolte dagli
organi di polizia giudiziaria o dal pubblico ministero nel corso delle indagini
preliminari devono essere necessariamente riproposte nel corso del dibatti-
mento. Questo sistema, se da un lato consente una duplice verifica delle di-
chiarazioni testimoniali, dall’altro, nei processi in cui vittima sia un minore,
comporta che quest’ultimo sia sottoposto a più esperienze traumatiche, es-
sendo chiamato ad esporre e a rivivere la propria esperienza dolorosa. La
regola aurea per il giudice dovrebbe essere quella di cercare di assicurare la
massima tutela del minorenne compatibilmente con le esigenze di accerta-
mento della verità6.
processo: significanze della patologia, in Testimoni e testimonianze deboli [cur. L. C
N], Padova, 2006, 73 ss.
4 Per un commento sulle c.d. “Regole di Pechino”, approvate dall’Assemblea generale delle
Nazioni Unite in data 29 novembre 1985, v. L. F, Le regole di Pechino e la giustizia minorile,
in Giust. cost., 1989, II, 9 ss.; G. L G, Prima e dopo le Regole di Pechino, ivi, 51 ss.; L. P-
, Le regole di Pechino nel codice di procedura penale minorile, ivi, 5 ss.
5 V. A. B L, La tutela internazionale dei diritti del fanciullo, Padova, 1995, 5 ss.;
M.R. S, I diritti del minore nell’ordinamento internazionale, in A.V., La Convenzione dei
diritti del minore e l’ordinamento italiano [cur.], Napoli, 1994, 11 ss.; E., La Convenzione delle
Nazioni Unite per la tutela dei diritti del bambino, in Nel segno del minore. Psicologia e diritto del
nuovo processo minorile [cur. L. C N], Padova, 1990, 237 ss.; A. S,
Riflessioni sulla tutela internazionale dei diritti del minore, in Giur. it., 2000, 224 ss.
6 Parte della dottrina ritiene che, attualmente, probabilmente a causa di una normativa ancora
incerta e disorganica, si vada affermando sempre più una preoccupante tendenza a privilegiare la
protezione della personalità del minorenne, anche a costo di sottrarlo ad elementari riscontri della
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