La testimonianza indiretta nel giudizio penale

AutoreLuigi Fadalti
Pagine273-279

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@1. Nozione

- La testimonianza indiretta è testualmente preveduta dall'art. 195 c.p.p.; è testimone indiretto (o de relato o de auditu) colui che riferisce un fatto non percepito personalmente (cioè con uno dei cinque sensi), ma appreso a seguito di una rappresentazione fattagli da altri a voce, in forma scritta o gestuale o con altro mezzo (ad es. con immagini) (art. 195, comma 5 c.p.p.).

In tal caso, non potendosi «esercitare un controllo di verosimiglianza completo in ordine a tutti gli aspetti del fatto da provare» 1 «l'area dell'oralità» 2 viene ristretta, poiché si riducono gli spazi del contresame e delle eventuali contestazioni.

È del tutto evidente che, se già è impegnativo valutare quanto narrato da chi ha vissuto in prima persona un determinato evento, in quanto potrebbe aver mal percepito, memorizzato e descritto l'accadimento, ancor più difficile sarà stabilire l'attendibilità e la credibilità di colui che ha avuto solo un'esperienza mediata dei fatti 3. Né vanno trascurati gli aspetti psicologici della testimonianza, riguardanti i meccanismi di interpretazione e rielaborazione di una informazione 4.

Per questi motivi il legislatore ha posto alcune condizioni alla utilizzabilità - e non alla ammissibilità - della testimonianza indiretta 5: esse consentono di accertare la credibilità sia del testimone indiretto che del c.d. «teste diretto» (anche detto primario o di riferimento o de scientia), nonché l'attendibilità di quanto è stato riferito. Dalla lettura dell'art. 195, comma 7, c.p.p. risulta anzitutto, quale requisito necessario per l'utilizzabilità della testimonianza indiretta, che il teste de relato indichi «la persona o la fonte da cui ha appreso la notizia dei fatti oggetto dell'esame»; le dichiarazioni del testimone indiretto non sono utilizzabili se egli si rifiuti (o comunque si trovi nell'impossibilità) di fornire elementi utili all'individuazione del soggetto «di riferimento» o del documento (arg. ex art. 195, comma 5, c.p.p.) da cui ha tratto la propria conoscenza. La ratio di tale previsione è quella di consentire la valutazione della credibilità della fonte e della attendibilità di quanto è stato narrato. In tal senso la sanzione dell'inutilizzabilità trova un riscontro anche nell'art. 194, comma 3, c.p.p. il quale vieta al testimone di deporre su «voci correnti nel pubblico»: non opera il divieto in questione, né si ha una testimonianza indiretta, però, quando «il dichiarante si riferisca, anziché ad un dato appreso da altra persona, ad una notizia che in un particolare ambiente costituisca fatto notorio, di cui il dichiarante medesimo sia venuto a conoscenza senza che lo stesso sia in grado di riferire da chi abbia inizialmente ricevuto l'informazione; sicché non viene in rilievo l'art. 195 c.p.p. ove il chiamante in correità - come pure il testimone - non riferisca un fatto esplicitamente appreso da altri, ma un fatto che costituisca conoscenza comune e certa di un gruppo di persone» 6.

Né può essere qualificata testimonianza indiretta «la dichiarazione di un teste che abbia ad oggetto non una comunicazione intimatagli da un altro soggetto, ma la ricostruzione di un colloquio tra quest'ultimo ed una terza persona, colloquio che il teste ha appreso attraverso i suoi sensi, per essere stato ad esso presente» 7.

Il legislatore ha previsto, poi, una seconda condizione per l'utilizzabilità della testimonianza indiretta. Se il teste durante la «cross-examination» fa riferimento a fatti di cui non ha avuto una conoscenza personale, il giudice deve (laddove vi sia richiesta di parte: art. 195, comma primo, c.p.p.) ovvero, in mancanza, può (d'ufficio: art. 195, comma secondo, c.p.p.) disporre la citazione del «teste diretto» affinché sia esaminato in udienza.

L'inosservanza della previsione contenuta nel comma primo produce l'inutilizzabilità ex art. 195, comma terzo c.p.p. delle dichiarazioni rese dal testimone de relato: peraltro, qualora la parte non richieda l'audizione del teste di riferimento (che in tal caso va necessariamente ascoltato) ovvero, in difetto di istanza, il giudice non ritenga comunque necessario esaminarlo, la testimonianza indiretta sarà pienamente utilizzabile 8.

Ai sensi dell'art. 151, comma secondo, att. c.p.p., una volta disposto d'ufficio l'esame di una persona, sarà il giudice a provvedervi direttamente, prima di stabilire, all'esito, la parte che deve condurre l'esame diretto: la norma è stata recentissimamente sottoposta al vaglio di costituzionalità per una pretesa violazione del principio del contraddit- Page 274torio contenuto nell'art. 111 Cost.: la Corte costituzionale ha, peraltro, ritenuto la questione sollevata manifestamente inammissibile 9.

La sanzione dell'inutilizzabilità, tuttavia, non opera quando risulti provato 10 che l'esame del testimone diretto è impossibile per morte, infermità o irreperibilità (art. 195, comma terzo, c.p.p.).

L'infermità, sia fisica che mentale, deve essere tale da non consentire l'escussione del teste.

Relativamente all'irreperibilità, è necessario distinguere tale concetto da quello di individuazione e di identificazione. Per l'individuazione è sufficiente, ad esempio, indicare la persona che frequenta un determinato luogo o che ha un comportamento particolare; l'identificazione avviene tuttavia attraverso l'attribuzione delle c.d. «generalità» (nome, cognome ed eventuale soprannome).

Quanto alla nozione di irreperibilità del testimone, nel silenzio della norma, la giurisprudenza ha in passato ritenuto che essa comprenda non solo la impossibilità di rintracciare e notificare la citazione a comparire ai sensi dell'art. 167 c.p.p. al teste già identificato, ma anche l'ipotesi «dell'impossibilità di individuarlo e di identificarlo» 11.

Tale tesi è stata fermamente avversata dalla dottrina, fondamentalmente per due ragioni. Per un verso si è osservato come il concetto di reperibilità abbia quale presupposto logico che il soggetto sia stato già identificato ed a maggior ragione individuato: pertanto, il testimone diretto andrà considerato irreperibile solo allorquando non sia stato possibile notificargli la citazione a comparire ai sensi dell'art. 167 c.p.p. Per altro aspetto si è rilevato come l'interpretazione proposta di fatto abroghi l'art. 195, comma settimo, che prevede l'inutilizzabilità della testimonianza di chi non sia in grado di indicare la persona dalla quale ha appreso la notizia dei fatti oggetto dell'esame 12.

Conformemente la Corte di cassazione ha deciso che «la testimonianza indiretta è inutilizzabile a norma dell'art. 195 comma settimo c.p.p., quando la mancata identificazione della persona cui il testimone si è riferito per la conoscenza dei fatti renda impossibile l'esercizio del diritto delle parti di chiederne l'escussione a norma dell'art. 195 comma primo c.p.p.» 13.

@2. Tassatività delle ipotesi del comma terzo, art. 195, c.p.p.

- La giurisprudenza di legittimità per anni ha considerato le ipotesi di impossibilità a procedere all'esame del teste di riferimento elencate nel comma terzo dell'art. 195 c.p.p. come sucettibili di applicazione a casi analoghi, quali la rimozione psichica del fatto ovvero la tenerissima età del teste 14. È stato, poi, enunciato un diverso indirizzo interpretativo, per il quale le ipotesi di impossibilità di avere in dibattimento il teste diretto elencate dall'art. 195, comma terzo c.p.p., vanno interpretate in modo tassativo 15: si è, infatti, argomentato che dalla ratio legis dell'istituto, la quale esige la possibilità di un controllo di verosimiglianza su quanto affermato dal teste di secondo grado 16, consegua che, in ogni ipotesi ove la concreta impossibilità dell'esame dipenda da circostanze diverse rispetto a quelle elencate nell'art. 195, comma terzo, c.p.p. e sempre che vi sia stata specifica richiesta di parte per l'audizione del soggetto di riferimento, la testimonianza indiretta debba considerarsi inutilizzabile.

Successivamente, però, il giudice di legittimità ha nuovamente escluso che l'elencazione contenuta nel comma terzo dell'art. 195 c.p.p. abbia carattere tassativo, ritenendo che siano prospettabili, nella pratica, altri casi di impossibilità oggettive, analoghi a quelli indicati dal legislatore 17, da individuarsi di volta in volta.

@3. Diritto alla controprova e utilizzabilità delle dichiarazioni indirette

- La richiesta di parte - come abbiamo visto condizione per l'utilizzabilità della testimonianza de relato - finalizzata all'esame del testimone diretto non soggiace, per ovvie ragioni logiche, ad alcun obbligo di preventiva discovery (art. 468 c.p.p.).

Secondo un primo, isolato, orientamento di legittimità, l'istanza doveva essere presentata al giudice nel momento stesso in cui il testimone riferiva le circostanze apprese da terzi e non poteva utilmente intervenire dopo che il teste fosse stato licenziato o l'udienza istruttoria conclusa 18.

Successivamente la Corte di cassazione ha affermato che, non essendo stati fissati termini precisi per tale richiesta, essa può essere avanzata sino ad intervenuto esaurimento dell'istruttoria dibattimentale ed all'inizio della discussione nel giudizio di primo grado 19.

Naturalmente l'art. 195, comma primo e secondo, nel prevedere che i testi diretti vengono chiamati a deporre dalla parte interessata o dal giudice laddove lo ritenga opportuno, presuppone che tali soggetti «non facciano parte dei testi già citati o, qualora ne facciano parte, non siano già stati sentiti su ciò che forma oggetto della testimonianza indiretta» 20.

Difatti, se il teste di riferimento è già stato precedentemente esaminato, il giudice conosce già tutti gli elementi necessari per valutare l'attendibilità sia del dichiarante de relato che di quello diretto. Diversamente, se il giudice vuole disporre un confronto tra i due, la disciplina di riferimento non è più l'art. 195 c.p.p., bensì gli artt. 211 e 212 c.p.p.: nes suna norma, peraltro, ne stabilisce l'obbligatorietà.

La giurisprudenza della Suprema...

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