Teoriche della dignità umana e loro riflessi sul diritto positivo (a proposito della disciplina sul trattamento del malato mentale)
Autore | Baldini V. |
Pagine | 623-635 |
623
Vincenzo Baldini
TEORICHE DELLA DIGNITÀ UMANA
E LORO RIFLESSI SUL DIRITTO POSITIVO
(a proposito della disciplina sul trattamento del malato mentale)
SOMMARIO: I. Premesse metodologiche. - II. Il malato mentale: da soggetto socialmente pericoloso a soggetto
debole dell’ordinamento giuridico. - III. I fondamenti umanistico-sociali della dignità umana: dalle teoriche
giusnaturalistiche alla prospettiva volontaristica. - IV. La dignità umana come categoria del diritto positivo:
principio costituzionale, diritto fondamentale o “nulla”? - V. La sicurezza come diritto/valore “concorrente”
alla dignità umana nella disciplina del trattamento del malato mentale? – VI. Conclusioni.
I. Premesse metodologiche
Il concetto di “malato mentale” è tra quelli che maggiormente nel tempo hanno
subito gli influssi di un’evoluzione culturale che, per dirla in breve, da una prospettiva
di esclusione e segregazione, di cui l’esistenza delle strutture manicomiali rappresenta-
vano un chiaro riflesso, è passata progressivamente ad una prospettiva di inclusione,
fondata sulla necessità di cura e di attenzione nei confronti di tali ammalati. Pertanto,
una riflessione sul trattamento giuridico del malato mentale non può che partire dal po-
stulato ontologico (solo) oggi del tutto ovvio, che egli, cioè, è una “persona” e, come
tale, soggetto dotato di dignità, centro di gravitazione degli interessi e postulato di ogni
decisione politica che miri a regolamentarne la sua posizione giuridica e la sua relazio-
nalità con il mondo cd. normale. Ripugna, innanzitutto al ns. senso etico, l’idea di una
disciplina relativa al trattamento del malato mentale che, identificandolo semplicemen-
te come il “folle” o il “pazzo”1, dunque, come un soggetto pericoloso per gli altri, miri
essenzialmente ad un’efficace tutela della sicurezza pubblica.
Nell’attuale contesto ordinamentale, del resto, la posizione giuridica del malato
mentale non può che definirsi alla luce del quadro dei principi e diritti fondamentali
recati dalla Costituzione, i quali configurano il paradigma normativo cui deve necessa-
riamente commisurarsi la legittimità delle scelte politiche espresse dal legislatore de-
mocratico. Tanto, se non porta senz’altro ad escludere, con riguardo a tale fattispecie, ogni
riferimento all’istanza di sicurezza pubblica, ne implica tuttavia l’inquadramento alla stre-
gua in primo luogo del complesso dei diritti e libertà fondamentali in cui finisce per riassu-
mersi l’istanza personalistica posta a base della Costituzione. Pertanto, ogni ipotesi di rego-
lamentazione della posizione e del trattamento del malato mentale deve tener conto, in pri-
mo luogo, della sua condizione di persona, come tale dotata di dignità, nonché della rela-
zione tra pericolosità sociale e malattia psichica che caratterizza la condizione dell’infermo
di mente. Alle pubbliche istituzioni di governo (Stato, Regioni Enti minori) spetta il compi-
to di provvedere -ciascuno per i rispettivi ambiti di competenze- a elaborare soluzioni che
realizzino un ragionevole equilibrio tra tutti gli interessi costituzionalmente rilevanti (di-
gnità umana, libertà, salute, sicurezza) nella prospettiva tra l’altro di favorire la guari-
gione e, così, recupero individuale e sociale del malato stesso.
Le presenti riflessioni, che muovono da una ricostruzione in senso diacronico della
disciplina legislativa riguardante il trattamento del malato mentale indagano le diffe-
renti teoriche della dignità umana riconducibili ai principali filoni di pensiero, rispetti-
1 Cfr., al riguardo, L. Peirone, Il folle, il malato di mente. Diverso da chi ? Deviante da cosa ?, Relazione
presentata al Convegno su: “La diversitá che fa paura” (Torino, 12.5.2010), in www.diapsipiemonte.it , 2 ss.
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