Teoria generale e mediazione penale

AutoreUgo Pioletti
Pagine391-402
UGO PIOLETTI
TEORIA GENERALE E MEDIAZIONE PENALE*
Il concetto di mediazione richiama come tale l’attività di un soggetto terzo
rispetto a due o più parti in conflitto che induca le stesse all’accettazione sponta-
nea della norma o alla rinuncia, anche reciproca ed anche parziale, di diritti o
comunque di situazioni soggettive di vantaggio nei confronti dell’altra parte.
L’idea di mediazione sembra pertanto appropriata quasi esclusivamente con
riferimento al settore del diritto civile.
L’esperienza del diritto privato, infatti, è dominata dal concetto di disponibi-
lità: il titolare del diritto soggettivo è arbitro della propria situazione soggettiva,
decide – col solo limite della prescrizione – non solo quando farla valere coatti-
vamente ma può anche rinunciarvi in tutto o in parte.
Diverso è il caso del diritto penale che appare improntato all’officialità e
dall’irrefragabilità e che viene definito comunemente come diritto pubblico per
eccellenza.
In questo senso, mentre le norme di diritto privato prevedono in via di prin-
cipio delle facoltà di cui il singolo è unico arbitro, le norme del diritto penale
prevedono invece in via di principio degli obblighi assoluti di cui neanche la
pubblica autorità può disporre.
Tale rigidità – in effetti, come si vedrà, talvolta “ingombrante” – è, da un lato,
il frutto del meccanismo di funzionamento del diritto penale, da un altro il por-
tato di una evoluzione storica.
La teoria generale del diritto sta lentamente abbandonando, nella definizione
del concetto di norma giuridica, la dicotomia tra un concetto logico imperativi-
stico di norma (norma come proposizione condizionale: “se A allora B”) ed un
concetto istituzionalista (ubi societas ibi jus); entrambe le concezioni infatti col-
gono solo alcuni aspetti dell’esperienza giuridica (la prima il meccanismo logico
di applicazione della norma, la seconda la sua rilevanza sociale e non solo indi-
viduale), ma non riescono a dare conto delle ragioni sia individuali che sociali
dell’esistenza delle norme giuridiche stesse e del loro scopo comune.
* Il presente contributo costituisce il testo rielaborato, riveduto ed aggiornato della relazione
svolta in occasione del Convegno “Il principio della durata ragionevole del processo e la sua ap-
plicazione ai giudizi d’appello”, 28 e 30 ottobre 2009, Corte d’Appello di Roma.

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