SPort e ordinamenti giuridici: Tensioni e tendenze nel diritto vivente in una prospettiva multilaterale

AutoreAlberto Massera
Pagine41-76

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@1. Sport e diritto: Una relazione a molte facce, nell’intreccio tra continuità e discontinuità

Massimo Severo Giannini concludeva1 nel 1996 il suo quasi cinquantennale percorso di riflessione e di elaborazione scientifica sull’ordinamento sportivo, che era stata avviata nel 1949 con il primo fondamentale saggio in materia, cautamente intitolato “prime riflessioni sugli ordinamenti giuridici sportivi”, ed era poi stata integrata nel contesto più generale della compiuta formulazione della teoria della pluralità degli ordinamenti giuridici, con la consapevolezza dichiarata che “la materia non è, con ciò, esaurita”.

Quella iniziale (ma progressiva) elaborazione, invero, si era nutrita della analitica e puntuale individuazione nell’ordinamento sportivo degli elementi fondamentali che, sul piano della teoria generale, erano stati identificati dallo stesso Autore, in continuità con l’originaria impostazione del suo Maestro Santi Romano, come elementi tipizzanti un ordinamento giuridico; quella matura consapevolezza, per altro verso, era sostenuta dal disincantato riscontro della circostanza per cui la “pacifica” convivenza tra ordinamento sportivo e ordinamento statale per molta parte era basata su fattori di “automatica e tacita accettazione” e di “autolimitazione”, come “fatto necessario”, che avrebbero comunque potuto essere rimessi in discussione2. Entrambe le componenti del discorso meritano di essere, seppure sinteticamente, riepilogate.

Il punto di arrivo della complessiva costruzione gianniniana dell’ordinamento sportivo come ordinamento giuridico, una volta accertata nel primo la riconoscibilità degli elementi essenziali del secondo, è in tal modo sintetizzabile: l’ordinamento spor-Page 42tivo è un ordinamento giuridico originario, particolare, dotato di uniformità ed effettività, autonomo, a carattere internazionale.

È ordinamento originario, in quanto da un lato risultante dalla spontanea aggregazione di soggetti accomunati da specifica identità di interessi e di bisogni di base e dall’affidamento in valori condivisi, che affondano le loro radici nel retaggio dell’ordinamento cavalleresco, e dall’altro poggiante su una sua legge fondamentale, la Carta Olimpica del 1894, a sua volta momento fondamentale per la definitiva estensione ad una platea sempre più allargata di fruitori del principio-guida della competizione leale e regolata tra giocatori animati da spirito agonistico. È certamente ordinamento particolare, per la natura stessa dell’interesse perseguito e della sua primigenia componente plurisoggettiva, che del resto è costitutiva, anche concettualmente, dell’elemento caratterizzante l’ordinamento stesso, individuabile nei praticanti le diverse discipline sportive e in tutti coloro che svolgono, in modo ausiliare, attività “serventi o ministre” (secondo la definizione dello stesso Giannini) delle attività sportive con caratteri di stabilità e secondo un criterio di aderenza volontaria al gruppo organizzato. È la forma che ha assunto una aggregazione di soggetti e di interessi che ha saputo fornire, in ragione di una fortissima tendenza ad una sorta di monopolio naturale, esiti di organizzazione adeguata al soddisfacimento degli interessi stessi e dei bisogni correlati e garantire uniformità mondiale di formulazione ed effettività reale di applicazione alle regole poste dalle autorità preposte all’organizzazione (Comitato olimpico internazionale e Federazioni sportive internazionali, soprattutto) per conformare i “profili propri” dell’attività; regole in quanto tali percepite come obbligatorie, e quindi fornite di quel necessario grado di “durezza” che vale a rafforzare l’originario momento spontaneo dell’adesione, anche mediante un apposito sistema sanzionatorio (la c.d. giustizia sportiva), a sua volta dotato di caratteristiche di validità ed efficacia nell’ambito del settore e rivolto innanzitutto a presidiare i meccanismi e le vicende inerenti all’inclusione/esclusione dall’ordinamento, in osservanza delle formule (tesseramento, per le persone fisiche, affiliazione, per le società e le associazioni) e delle modalità (pure differenziate per categorie) appunto previste dagli statuti e dai regolamenti sportivi. È ordinamento autonomo quanto ad impianto e svolgimento normativo nella tensione verso le sue finalità fondamentali, ma nello stesso tempo necessariamente interferente con gli ordinamenti generali per la pluralità delle situazioni, peraltro sempre più numerose per la peculiare dimensione sociale dell’homo sportivus, in cui il singolo soggetto dell’ordinamento sportivo si trova ad essere punto di riferimento anche di norme degli ordinamenti generali, quando questi si determinano a non assumere o ad abbandonare posizioni di indifferenza verso le vicende inerenti alla dinamica dei fenomeni sportivi. È ordinamento a carattere internazionale, non nell’accezione consueta di un diritto proprio di un ordinamento giuridico costruito dalle comunità internazionali, di cui i singoli Stati sono soggetti, bensì di un diritto esistente come “normativa interstato e superstato”, per certi versi senza Stato, per altri versi extra Stato, ma comunque positivamente vigente come risultante della “sostanziale simiglianza dei ‘diritti sportivi’ dei vari e diversi Paesi”, e che proprio in quanto tale è però destinato ad entrare continuamente in contatto con il diritto degli ordinamenti generali, in forma particolarmente sensibile quando il diritto sportivo tocca interessi pubblici o collettivi di rilievo primario per i secondi o diritti fondamentali della persona, protetti dalle Costi-Page 43tuzioni nazionali, ovvero dai Trattati e dagli Accordi del diritto sovranazionale e inter- nazionale (o anche, come si suol dire oggi, globale).

È, d’altra parte, una “chiusura aperta”, se è consentito l’ossimoro, quella raggiunta nel 1996 dal discorso di M.S. Giannini, che si fonda proprio sulla consapevolezza che è la varietà di composizione e di complicazione della plurisoggettività degli ordinamenti a produrre la possibilità di conflitti tra gli stessi e che tale possibilità appartiene alla fisiologia delle relazioni interordinamentali; essa del resto deriva dalla “diretta osservazione dei fatti”, che è appunto la componente essenziale del metodo dell’Autore di costruzione del concetto di ordinamento giuridico come nozione appartenente alla teoria generale.

Che la materia non potesse ritenersi esaurita e la sistematizzazione così autorevolmente formulata non potesse considerarsi definitiva è confermato dagli sviluppi di quest’ultimo decennio. Innanzitutto, dalla frequenza con cui le controversie sportive sono presenti nelle raccolte giurisprudenziali, ove il thema decidendi, in buona sostanza, comporta o comunque presuppone la presa di posizione da parte del giudice statale sulla conformazione in un punto specifico della relazione tra ordinamento sportivo e ordinamento generale, che non può poi non produrre ricadute o in ogni caso riflessioni destinate a ripercuotersi entro un raggio di applicazione più ampio. In secondo luogo, dall’abbondanza di produzione scientifica – e con l’appendice anche della sempre più estesa diffusione dell’insegnamento della materia nei corsi di studi universitari, ad ogni livello del sistema dell’istruzione superiore (come è facilmente rilevabile da una anche rapida navigazione in Internet) – che si è venuta componendo lungo linee critiche e problematiche che, pur secondo schemi concettuali e linguistico-argomentativi propri di ciascun contesto culturale e pur con le specificità maggiormente legate al folklore di ogni comunità, attraversano tutte le latitudini. Quello che si vuol dire, infatti, è che se, per un verso, quella sportiva è materia con riguardo alla quale possono essere registrate più frequentemente che in altre manifestazioni della tentazione per il giudice di allontanarsi dalla sua connaturale posizione di terzietà e per lo scienziato di abbandonare quel canone di obiettività che dovrebbe in ogni caso presiedere alla valutazione dei fatti cui si rivolge la sua riflessione, per altro verso, quando nel mondo anglo- americano si controverte circa il modo più adeguato per impostare il discorso sulla disciplina delle molteplici e multiformi attività generate dal fenomeno sportivo, se attraverso il sintagma nominale “sport and law” o attraverso quello – “sports law” – che consente di utilizzare il primo termine per classificare il secondo3, in realtà la discussione ha sostanzialmente un oggetto non dissimile da quello cui si riferiscono i giuristi dell’Europa continentale quando svolgono il ragionamento sulla lex sportiva4, magariPage 44inquadrata nell’assai più ampio elaborazione concernente il “non-state law5, ovvero pongono più specificamente, come nel caso soprattutto della dottrina italiana6, la questione della stessa configurabilità dell’ordinamento sportivo come ordinamento giuridico separato (o anche solo distinto) da quello statale.

È questione, in particolare, l’ultima alla quale si è fatto ora riferimento, che, in quanto naturalmente destinata a proiettarsi sul piano della teoria generale, non può essere sottoposta a esauriente discussione in questa occasione, ove si intende piuttosto dare conto di tendenze e tensioni riscontrabili nel diritto vivente nei vari ambienti in cui il diritto stesso si produce: tuttavia, anche qui l’approccio, largamente presente nella letteratura testè citata, che si potrebbe definire negazionista o quanto meno riduzionista non può non essere richiamato nelle sue determinanti conclusive, per giustapporvi alcune, anch’essere rapide, considerazioni.

Il punto di attacco di questo filone dottrinale ha la forza di un immediato radicamento costituzionale: la proclamazione del principio personalistico sancita dall’art. 2 della Costituzione italiana è ostativa ad una valorizzazione del fenomeno pluralistico espresso dall’insorgere novecentesco degli ordinamenti infrastatuali e pure insita nel riconoscimento parimenti...

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