Uso privato del telefono della P.A.. Quale tipo di peculato è configurabile?

AutoreRosario Li Vecchi
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@1. Introduzione.

La Parte speciale del codice penale dedicata ai delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, per la sua delicatezza e complessità, è stata quella verso cui il legislatore ha sempre riservato una particolare attenzione, specie che in essa convergono altre branche giuridiche, quale, in prevalenza, quella amministrativa e quella civilistica (vedi in particolare la definizione della nozione e del concetto di «pubblico ufficiale» e di «persona incaricata di un pubblico servizio», etc.). Prima della Riforma, intervenuta nel 1990, era essenziale e d'obbligo la distinzione tra pubblico ufficiale e persona incaricata di un pubblico servizio in quanto mentre per alcuni delitti ne rispondevano entrambi (artt. 314, 315, 316, 325, 326, 327, 328), invece per altri era chiamato a risponderne soltanto il P.U. (artt. 317, 318, 319, 323, 324). Tale distinzione, specie per le conseguenze che ne derivavano ai fini penalistici a seconda dei casi ed a seconda della qualifica rivestita dai dipendenti, costituì per decenni la croce e la delizia sia della dottrina che della giurisprudenza, specie sotto il profilo tecnico-giuridico ed ermeneutico dando così luogo a lunghi ed interminabili contrasti dottrinali e giurisprudenziali. Con il passare del tempo, però, si avvertiva la necessità di una riforma del settore ma procedendo a tentoni ed infatti durante la IX legislatura alle Camere venivano presentate, oltre ad un disegno governativo, anche altri progettida varie parti politiche, però tutto finì nel vuoto a causa della fine anticipata della legislatura. Durante, poi, la X legislatura da alcuni Progetti veniva ripresa la parte che in quella precedente era stata approvata, mentre il Guardasigilli Vassalli ebbe a presentare, da parte sua, un nuovo Disegno governativo, ma alla Camera, però, esso fu oggetto di lunghe ed interminabili discussioni e dibattiti, mentre da parte della dottrina veniva dato un notevole aiuto, indicando i punti più salienti che la riforma avrebbe dovuto attuare. Ma tutto ciò finì per far nascere dubbi, incertezze e perplessità e, perdurando, tuttavia, tale stato di cose, si pervenne ad una rapida approvazione di un testo di cui vennero subito notate, specie dal punto di vista tecnico-giuridico, delle imperfezioni a cui in prosieguo si pose fine con l'adozione degli errata-corrige (v. L. 7 febbraio 1992, n. 181). Su questo travagliato iter la dottrina ha dedicato ampio spazio 1. Il testo in cui è contenuta la Riforma porta la data del 24 aprile 1990, n. 86 recante infatti «modifiche in tema di delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione» e come prima cosa si cercò subito di fare chiarezza e mettere ordine, sia sotto il profilo tecnico-giuridico e sistematico che sotto quello ermeneutico, per quanto aveva riguardo alle nozioni di «pubblico ufficiale» e di «persona incaricata di un pubblico servizio» e ciò attraverso la formulazione degli artt. 17 e 18, L. 24 aprile 1990, n. 86. Per rendersi edotti del tipo e della qualità della riforma adottata in ordine agli artt. 357 e 358 c.p., si ritiene utile ed opportuno riportare il contenuto degli stessi sia prima che dopo la intervenuta riforma. Infatti l'art. 357 c.p. (nozione del pubblico ufficiale) così disponeva: «Agli effetti della legge penale, sono pubblici ufficiali: 1) gli impiegati dello Stato o di altro ente pubblico che esercitano, permanentemente o temporaneamente, una pubblica funzione legislativa, amministrativa o giudiziaria; 2) ogni altra persona che esercita, permanentemente o temporaneamente, gratuitamente o con retribuzione, volontariamente o per obbligo, una pubblica funzione, legilsativa, amministrativa o giudiziaria». Il legislatore, nel timore di riuscire lacunoso od impreciso si lasciò prendere la mano da sottili distinzioni e specificazioni, finendo, così, con il formulare una norma farraginosa e complessa e che, sotto il profilo ermeneutico, avrebbe dato adito, come in effetti si verificò, a variegate soluzioni ed ecco il motivo per cui da tempo si era avvertita la necessità di ulteriori interventi in materia, ciò che poi, come già detto, si è verificato con la introduzione dell'art. 17, L. 86/ 90 e he all'art. 357 c.p. ha dato l'odierno assetto: Art. 357 (Nozione del pubblico ufficiale): «Agli effetti della legge penale, sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa. Agli stessi effetti è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione e dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi». Da tenere presente che nella formulazione originaria del primo comma il legislatore era incorso in un lapsus tecnico-giuridico avendo usato un termine molto più ristretto, «giurisdizionale», anziché quello ortodosso, «giudiziaria». Infatti in proposito sorse subito un interrogativo specie per quanto riguardava la posizione giuridica del P.M. e cioè se lo stesso esplicasse una funzione «giurisdizionale» oppure «amministrativa», ciò che diede luogo, in dottrina, al formarsi di due correnti di cui una optava per la funzione «giurisdizionale» 2; mentre l'altra per quella «amministrativa» 3. Il legislatore resosi finalmente edotto del lapsus in cui era incorso, cercò di porre riparo con la L. 181/92, art. 4, rettificando il termine «giurisdizionale» con quello attuale, «giudiziaria», così come con la stessa norma provvedeva ad eliminare l'altro lapsus in cui era incorso nella formulazione originaria della norma de qua concernente la dizione «poteri autoritativi e certificativi» e riguardante la copula «e», congiuntiva, sostituendola con la disgiuntiva «o». In proposito, infatti, si era subito delineato un contrasto giurisprudenziale subito composto dal tempestivo intervento delle SS.UU. le quali ebbero a precisare e puntualizzare, oltreché a chiarire, che ancor prima che intervenisse la «rettifica» de qua doveva essere ritenuto pubblico ufficiale il funzionario anche se in capo allo stesso non si assommassero i due poteri (autoritativo e certificativo), ma soltanto uno dei due 4 e quindi, in questo caso, la irretroattività della legge penale ex art. 2, secondo cpv., c.p. non era applicabile.

L'art. 358 c.p., prima della intervenuta riforma, così disponeva: Art. 358 (Nozione della persona incaricata di un pubblico servizio): «Agli effetti della legge penale sono persone incaricate di un pubblico servizio: 1) gli impiegati dello Stato, o di un altro ente pubblico, i quali prestano, permanentemente o temporaneamente, un pubblico servizio; 2) ogni altra persona che presta permanentemente o temporaneamente, gratuitamente o con retribuzione, volontaria-Page 654mente o per obbligo, un pubblico servizio». Con la intervenuta modifica in virtù dell'art. 18 cit. legge, attualmente l'art. 358 così dispone: Art. 358 (Nozione della persona incaricata di un pubblico servizio): «Agli effetti della legge penale, sono incaricati di un pubblico servizio coloro i quali, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio. Per pubblico servizio deve intendersi un'attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di questa ultima, e con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di ordine e della prestazione di opera meramente materiale».

Anche qui il legislatore ha dovuto semplificare al massimo sia la nozione che il concetto della persona incaricata di un pubblico servizio il cui esercizio manca quindi dei crismi della pubblica funzione consistente questa...

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