Tasse sullo sfitto involontario. Una barbarie senza confronti

AutoreCorrado Sforza Fogliani
Pagine135-136
135
var
Arch. loc. e cond. 1/2014
VARIE
TASSE SULLO SFITTO
INVOLONTARIO.
UNA BARBARIE
SENZA CONFRONTI
di Corrado Sforza Fogliani
Il disegno di legge di stabilità prevede che “il reddito
degli immobili ad uso abitativo non locati situati nello
stesso comune nel quale si trova l’immobile adibito ad
abitazione principale, assoggettati all’imposta municipale
propria, concorre alla formazione della base imponibile
dell’imposta sul reddito delle persone f‌isiche e delle rela-
tive addizionali nella misura del cinquanta per cento”.
Si tratta del ripristino di un’imposta che era stata abolita
nel 2011 (Governo Berlusconi), con lo stesso provvedimen-
to col quale si istituì la cedolare secca. Il ripristino avviene
comunque alle condizioni specif‌icate nella norma che – al
di là delle volutamente equivoche dizioni ricorrenti, an-
che su giornali pretesemente specializzati, tipo “seconde
case” per alludere alle case aff‌ittate ma facendo in realtà
credere, sulla base della terminologia da sempre usata, che
si tratti di case di villeggiatura – esclude con chiarezza
queste ultime dall’imposizione ripristinata. Un tentativo
di ripristino dell’imposta era del resto stato fatto anche ad
agosto ma con una dizione che includeva anche le case di
villeggiatura, ed allora il tentativo era stato respinto.
La reintroduzione dell’imposizione sulle case non loca-
te nasce anzitutto – com’è facile capire – dall’esigenza di
“fare cassa” in tutti i modi, e comunque (frutterà infatti
allo Stato, nel 2014, più di 500 milioni di euro), con la
consueta, spiccata preferenza della nostra burocrazia e di
certa classe politica a gravare sempre sugli immobili, nella
noncuranza più assoluta dei gravi effetti già procurati ad
un settore di primaria importanza come è quello edilizio e
nell’intendimento di colpire (con facilità, perché sempre
visibile) una ricchezza che peraltro non è più tale sia per
l’abbattimento dei valori che si è avuto sia, soprattutto, per-
ché si ha ricchezza solo quando una proprietà può essere
realizzata sul mercato, cosa che proprio non si verif‌ica og-
gigiorno in Italia. “Fare cassa”, ancora, a carico di una ric-
chezza presentata come statica dalla stampa oligopolista
che propaganda – su consiglio, anche, dell’Europa (della
f‌inanza) – la detassazione di “imprese e lavoro” (come se
ogni investimento non producesse lavoro), ignara – o f‌inta
ignara – che la ricchezza immobiliare ha, comunque, an-
che una componente dinamica, che è peraltro stata del
tutto azzerata da uno smodato f‌iscalismo, quando avrebbe
invece dovuto essere valorizzata e potenziata.
La reintroduzione dell’imposta di cui s’è detto è poi
difesa con l’asimmetria esistente nel trattamento f‌iscale
degli immobili non locati e degli immobili locati essendo
stato escluso dall’Irpef il reddito derivante dagli immobili
non locati mentre il reddito degli immobili locati è stato
assoggettato alla stessa imposta. Un’asimmetria rilevata
dal Ministro Saccomanni in audizione in Parlamento (e
ripresa anche nel documento “Ipotesi di revisione del
prelievo sugli immobili”, Mef 7 agosto 2013) per ragioni
di coerenza scientif‌ica, ma anche – riteniamo – per le
consuete questioni di cassa, come dimostra il fatto che –
al solito – l’asimmetria non è stata superata eliminando
il carico f‌iscale Irpef sugli immobili locati (come, comun-
que, sarebbe stato utile fare) ma – al solito – ripristinando
invece un’imposta per chi prima non l’aveva.
Da ultimo la reintroduzione (nella permanente visione
romanocentrica della nostra alta burocrazia, e quindi nella
visione di quel che più che altrove accade nella Capitale,
proprio per ragioni legate a questo suo ruolo) è spiegata
con la necessità della lotta all’evasione, presumendosi che
gli immobili non locati siano in realtà locati irregolarmen-
te. Ed anche qui, ed ancora una volta, si preferisce – ov-
viamente – incassare di più, piuttosto che disporre facili
ispezioni per controllare se gli immobili che risultano non
locati non siano davvero da alcuno occupati.
Per queste “ragioni”, si sceglie dunque di reintrodurre
un’imposta di particolare iniquità. Gli immobili in que-
stione sono infatti generalmente quelli che i locatori (per
la stragrande maggioranza piccoli proprietari, come noto)
intendono concedere in locazione, senza peraltro trovare
– soprattutto in questo periodo di crisi – inquilini dispo-
nibili. In molti casi si tratta anche di immobili che i pro-
prietari utilizzano direttamente come locali di deposito o
che non possono locare – per possibili esigenze personali o
di f‌igli – per le lunghe durate contrattuali tuttora previste
da una normativa d’altri tempi e che tiene anchilosato il
mercato nell’uso abitativo come nell’uso diverso. In molti
casi gli immobili non vengono poi locati perché bisognosi
di ristrutturazioni, per effettuare le quali i proprietari non
dispongono dei mezzi necessari, data la mancanza totale,
o quasi, di redditività della locazione nei tempi attuali
(stretta com’è fra le alte tasse, la conseguente esigenza di
non praticare canoni al di sotto dei livelli delle stesse e la
non possibilità di rinvenire inquilini con idonee capacità
reddituali, dato il periodo di crisi). Su tali immobili im-
produttivi di reddito – giova ricordarlo – i locatori sono
comunque costretti, oltre che a pagare l’Imu (solitamente
con aliquota massima), a sostenere tutti gli oneri propri
di un bene come questo: contributi condominiali, spese di
manutenzione, ecc.
Su questi locatori si abbatterà ora – se la legge di stabilità
venisse in questa parte varata dal Parlamento come proposta
– ancora una tassa in più (alla quale – in virtù di altra legge
approvata in via def‌initiva dal Senato – si aggiungeranno le
spese dovute alla presenza negli immobili di morosi “incolpe-
voli” per lunghi periodi, essendosi voluta aggiungere alla, già
lunga, graduazione dell’Autorità giudiziaria e degli Uff‌iciali
giudiziari anche una terza, nuova graduazione, aff‌idata ai

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