La tassazione dei proventi da reato
Autore | Piccichè Federico |
Pagine | 363-368 |
363
dott
Rivista penale 4/2012
DOTTRINA
LA TASSAZIONE DEI PROVENTI
DA REATO
di Federico Piccichè
SOMMARIO
1. Presupposti normativi. 2. Le difficoltà connesse alla clas-
sificazione dei proventi derivanti da illecito penale nelle ca-
tegorie di reddito: il caso della tassabilità delle tangenti. 3.
Attività intrinsecamente illecite ed estrinsecamente illecite.
4. Riflessi penali e casistica. 5. Alcune considerazioni.
1. Presupposti normativi
Nel 1993 il legislatore fissa la regola della tassabilità
dei proventi illeciti.
In quell’anno, infatti, viene alla luce la legge n. 537 che,
al comma 4 dell’art. 14, statuisce testualmente: “Nelle ca-
tegorie di reddito di cui all’art. 6, comma 1, del testo unico
delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presi-
dente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, devono
intendersi ricompresi, se in esse classificabili, i proventi
derivanti da fatti, atti o attività qualificabili come illecito
civile, penale o amministrativo se non già sottoposti a se-
questro o confisca penale. I relativi redditi sono determina-
ti secondo le disposizioni riguardanti ciascuna categoria”.
Fin da subito questa norma fa discutere perché stabi-
lisce che ad essere tassati devono essere i proventi illeciti
che sono collocabili in una delle sei categorie di cui all’art.
6, comma 1, D.P.R. n. 917/86 (1).
Da qui il sorgere di numerose controversie allo scopo
di stabilire la tassabilità o meno del provento illecito in
ragione della sua diretta riconduzione nell’ambito di una
delle suddette categorie reddituali.
Nel 2006, a semplificare le cose, il legislatore intervie-
ne con il comma 34 bis dell’articolo 36 del decreto legge n.
223, in forza del quale “… la disposizione di cui al comma
4 dell’articolo 14 della legge 24 dicembre 1993, n. 537,
si interpreta nel senso che i proventi illeciti ivi indicati,
qualora non siano classificabili nelle categorie di reddito
di cui all’articolo 6, comma 1 del testo unico delle imposte
sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repub-
blica 22 dicembre 1986, n. 917, sono comunque considerati
come redditi diversi” (2).
2. Le difficoltà connesse alla classificazione dei proventi
derivanti da illecito penale nelle categorie di reddito: il
caso della tassabilità delle tangenti
Il primo comma dell’articolo 6 del D.p.r. 22 dicembre
1986, n. 917, classifica i redditi in sei categorie: a) redditi
fondiari; b) redditi di capitale; c) redditi di lavoro dipen-
dente; d) redditi di lavoro autonomo; e) redditi di impresa;
f) redditi diversi.
Gli interpreti, prima dell’intervento chiarificatore del
legislatore nel 2006, hanno spesso faticato ad incasellare
il provento da illecito penale, al fine di renderlo tassabile,
in una delle sei categorie sopra ricordate, e dai loro sforzi
esegetici sono nati spunti di riflessione di particolare inte-
resse sotto il profilo giuridico.
A testimoniarlo è la casistica giudiziaria, ricca di esem-
pi significativi dai quali traspare, con evidenza, la difficoltà
di classificare in una delle diverse categorie disegnate dal
D.p.r. n. 917/86 i proventi di origine criminale.
La vicenda a mio parere più interessante, che ha impe-
gnato i giudici tributari, ha riguardato lo spinoso problema
della tassabilità delle tangenti.
Con una decisione emessa nel 1997, la Commissione
tributaria provinciale di Milano aveva escluso che le tan-
genti potessero ritenersi tassabili, essendo “difficile clas-
sificare, all’interno delle categorie reddituali previste dal
t.u.i.r., il prezzo delle tangenti e di nessun aiuto risulta poi
l’art. 14, l. n. 537/1993, dato che esso non amplia il novero
delle fattispecie imponibili rispetto a quelle già presenti
nel testo unico, ma si limita a precisarne la tassabilità
anche se realizzate mediante illeciti”.
Nel 2000 questa decisione veniva ribaltata dalla Com-
missione regionale.
I giudici tributari di seconda istanza, infatti, avevano
affermato una tesi diametralmente opposta, sostenendo
che le tangenti “sono esattamente inquadrabili tra i red-
diti diversi … Nessuno può, infatti, dubitare della natura
dei proventi in discussione: essi rappresentano ‘il corri-
spettivo’ promesso e dato a fronte di un impegno di fare o
non fare o permettere qualche cosa” (3).
Questo esempio costituisce una chiara dimostrazione
delle difficoltà che, talora, sorgevano nella non sempre
agevole operazione interpretativa di sussunzione dei
proventi derivanti da illecito penale in una delle categorie
reddituali prefissate dalla legge.
3. Attività intrinsecamente illecite ed estrinsecamente
illecite
In linea generale e accantonando il particolare e singo-
lare caso sopra evocato, prima del 2006, per addivenire ad
un condiviso inquadramento del provento da illecito penale
in una delle sei categorie reddituali predeterminate dal
legislatore, una soluzione era quella di separare le attività
intrinsecamente illecite da quelle estrinsecamente tali.
Più in dettaglio.
Poiché non sempre era automatica la riconduzione dei
proventi da illecito penale nelle categorie di reddito intro-
dotte dal D.p.r. n. 917/86, con la conseguenza che non po-
tevano indiscriminatamente ritenersi tassabili i proventi
derivanti da qualsiasi tipo di reato (4), veniva suggerita
una distinzione tra attività intrinsecamente illecita ed at-
tività estrinsecamente illecita e si concludeva sostenendo
che solo i proventi scaturenti da una attività estrinseca-
mente illecita potevano correttamente essere tassati, in
quanto classificabili in una delle categorie reddituali.
Scrivono, al riguardo, Sara Gennai e Alessandro Traver-
si, richiamando fra l’altro un’importante sentenza a Sezio-
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