Tari: Tre Regole Fondamentali Che Il Legislatore Non Deve Ignorare

AutoreEugenio Righi
Pagine356-357
356
dott DOTTRINA
4/2016 Arch. loc. cond. e imm.
TARI: TRE REGOLE
FONDAMENTALI
CHE IL LEGISLATORE
NON DEVE IGNORARE (*)
di Eugenio Righi
1. Non è ancora entrata a pieno regime la nuova tas-
sa comunale sui rif‌iuti solidi urbani (1) ed è già guerra
sul peso che le tariffe stabilite dai Comuni per la sua ap-
plicazione avranno sugli utenti del servizio, domestici ed
economici.
I dati statistici sulle determinazioni adottate dai Co-
muni più grandi, pubblicizzati dalla stampa quotidiana e
tecnica, hanno subito creato vasto allarmismo, mettendo
in evidenza un generale trend di rilevanti incrementi ri-
spetto alla già pesante situazione in atto, specialmente
per i tanti enti locali rimasti f‌inora fermi all’applicazione
della vecchia TARSU (2).
Sotto accusa, oltreché al fatto obiettivo e conseguente
degli aumenti, è stato messo il procedimento di f‌issazione,
normativamente previsto (3), delle tariffe individuali del
nuovo tributo, nonché quello di quantif‌icazione del costo
complessivo del servizio, elemento basilare per suddivi-
derne l’onere fra i singoli utenti-contribuenti.
Su questi aspetti problematici del diffuso malcontento,
giunto all’attenzione del Parlamento nazionale, lo scriven-
te si è già ripetutamente espresso (4), senza trovare f‌inora
particolari appoggi e attenzioni; una “vox clamantis in de-
serto”, divenuta oggi - a quanto pare - stentorea e corale.
Non vale ripetersi in questa sede, ma solo rammentare
in tutta brevità il succo delle deduzioni già esposte: la nor-
mativa sulla TARI (così come per le precedenti, discusse
TIA 1 e 2) si limita a raccomandare la copertura integrale
del costo complessivo del servizio comunale, tacendo del
tutto sui limiti per la determinazione delle tariffe indivi-
duali, in palese violazione del principio di legalità sanci-
to dall’art. 23 Cost.; appare inoltre fuori controllo la fase
determinante della quantif‌icazione del costo complessivo
del servizio, lasciata alla mercé dei suoi gestori (Comuni,
concessionari, società partecipate) attraverso la “costru-
zione” di un piano f‌inanziario-relazione tecnica sui vari,
complessi fattori, attivi e passivi, del costo effettivo del
servizio, le cui risultanze conclusive sono le tariffe, da
onorare a piè di lista e senza riscontri da parte di organi
tecnici esterni di controllo (5).
La prima regola da imporre è dunque quella di risol-
vere e sanare, a livello legislativo, le gravi carenze f‌in qui
evidenziate.
2. La preoccupazione del legislatore risulta da tempo
incentrata prevalentemente sull’obiettivo della copertura
integrale del costo del servizio: obiettivo importante, fre-
nato anche da situazioni impreviste e paradossali, come
la spesa per far smaltire all’estero vagoni di nostri rif‌iuti
e quella per nuove e capienti discariche, non soltanto non
eliminate dalla “raccolta differenziata” dei rif‌iuti, ma at-
tualmente gravate anche da tributo regionale (6).
Eppure il problema della raccolta e dello smaltimento
dei rif‌iuti assume un rilievo che va ben oltre gli aspetti
puramente economici e tecnici: all’interesse dei cittadini
di mantenere ordine e pulizia nei locali posseduti e occu-
pati si aff‌ianca, con prevalente valenza, quello del decoro
pubblico, la tutela dell’ambiente e aspetti igienico-sanitari
e paesaggistici notevoli.
Basta andare a ritroso nella storia delle normative sul
tema in esame per rendersi conto della crescente consa-
pevolezza del ruolo assunto dall’attività ili raccolta e di
smaltimento dei rif‌iuti: f‌ino agli anni ‘30 dello scorso seco-
lo, la “nettezza dell’abitato” costituiva spesa obbligatoria
per i bilanci comunali (art. 91 del R.D. 3 marzo 1934, n.
383, T.U. della legge comunale e provinciale), rientrava
fra le funzioni da svolgere a mezzo di aziende municipaliz-
zate (R.D. 15 ottobre 1925, n. 2578), ma non coinvolgeva
il cittadino; questi poteva liberamente gestire i propri ri-
f‌iuti, con la facoltà di avvalersi, a richiesta e dietro corri-
spettivo, del servizio comunale (R.D. 27 dicembre 1923,
n. 2962).
La svolta netta e decisiva sulla natura e la funzione del
servizio e sul suo f‌inanziamento avvenne con la legge 20
marzo 1941. n. 366: nasceva un tributo vero e proprio, di
natura obbligatoria, basato su due parametri fondamenta-
li: la superf‌icie dei locali e la loro destinazione; i cittadi-
ni, individuati nei possessori e detentori dei locali, erano
tutti tenuti a corrispondere il nuovo onere, senza facoltà
discrezionali sull’utilizzo del servizio comunale.
Rileggendo il testo di quella legge, si rimane colpiti
dalla presentazione e def‌inizione della forma impositiva
introdotta, così formulate all’art. 1, primo comma: «La
raccolta, il trasporto e lo smaltimento (utilizzazione o di-
spersione e distruzione) dei rif‌iuti urbani assumono, nei
rif‌lessi dell’igiene, dell’economia e del decoro, carattere di
interesse pubblico».
Norma esemplare: esemplare perché coglie appieno
la duplice funzione del servizio, non limitata a soddisfare
una esigenza dei “produttori di rif‌iuti”, ma a riconoscere il
ruolo dell’intervento pubblico nel settore come fattore es-
senziale di tutela del territorio nei suoi molteplici aspetti
(igienici, paesaggistici, di ordine e di decoro urbani).
Questa è stata la tesi espressa da chi scrive (7) per so-
stenere che - in armonia e coerenza con il principio gene-
rale sancito dall’art. 2 Cost. (normalmente ignorato) - la
raccolta e lo smaltimento dei rif‌iuti assume valenza di in-
teresse pubblico, per il cui soddisfacimento tutti i cittadi-
ni sono tenuti a partecipare ed a contribuire come dovere
inderogabile di solidarietà politica, economica e sociale.
Palesemente fuorviante e riduttivo appare, al riguardo,
il motto europeo «chi inquina, paga», peraltro, falso, per-

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