Le tabelle millesimali condominiali

AutoreFabrizio Invrea
Pagine503-513

    Relazione svolta il 13 maggio 2005 ad Aosta, nell'ambito del Convegno di aggiornamento organizzato dalla locale Confedilizia.


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Premessa alla problematica. - Il punto di partenza della nostra indagine è costituito dalla determinazione della natura giuridica della ripartizione millesimale, da operarsi con riferimento ai principi posti dal codice civile per l'istituto condominiale.

Senza voler qui affrontare il problema se il condominio sia strutturato secondo il principio della unitarietà del centro di interessi attraverso cui si articola, ancorché non unificato mediante l'attribuzione della personalità giuridica, può comunque evidenziarsi una quanto meno tendenziale unitarietà dell'istituto, quale è data desumere dalla disciplina giuridica positiva risultante dagli art. 1117 e ss. c.c. Si tratta infatti di norme improntate ad un criterio di rappresentatività degli interessi comuni, secondo la regola della maggioranza deliberante, propria delle collettività (tendenzialmente) personificate.

Nell'ambito di codesto sistema debbono essere interpretate le norme contenute negli artt. 68 e 69 delle disposizioni per l'attuazione del codice civile, che esprimono i principi formativi e modificativi delle tabelle millesimali, quali strumenti di partecipazione dei singoli condomini alla vita del condominio.

L'art. 68 citato prevede infatti che «Per gli effetti indicati negli articoli 1123, 1124,1126 e 1136 del codice, il regolamento di condominio deve precisare il valore proporzionale di ciascun piano o di ciascuna porzione di piano spettante in proprietà esclusiva ai singoli condomini» e che tali valori «devono essere espressi in millesimi in apposita tabella allegata al regolamento di condominio».

L'art. 69, poi, prevede che i valori stessi possano eventualmente essere riveduti o modificati nei casi in cui siano risultino errati ovvero si alteri notevolmente nel tempo il loro rapporto originario a causa delle mutate condizioni materiali dell'edificio.

La necessità della tabella e gli elementi della stima. - L'istituto condominiale è andato espandendosi negli ultimi decenni e non v'è dubbio che la casa in condominio, il vivere in condominio, ha occupato spazi sempre maggiori nel tessuto urbano e suburbano fino a divenire una caratteristica peculiare del «residenziale» nella sua più ampia accezione urbanistica.

Il regime condominiale si ha allorché, nello stesso edificio o nello stesso gruppo di edifici, vi sono due o più unità immobiliari appartenenti a proprietari diversi e, contestualmente, parti dell'edificio, impianti o servizi in proprietà comune, pro quota, agli stessi proprietari delle predette unità autonome.

Questa particolare comunione viene definita come «la concorrenza di più quote di proprietà, uguali o diverse fra loro, sullo stesso bene a favore di una pluralità di comproprietari».

Le quote di comproprietà sono normalmente espresse in millesimi, il che sta a significare che l'unità immobiliare A ha un potere X sulle parti comuni e l'unità immobiliare B ha un potere Y sulle stesse parti comuni. La sommatoria di X + Y deve essere uguale a 1.000 (o altra cifra in concreto rappresentativa della somma complessiva delle quote).

Possiamo allora dire che i millesimi di una unità immobiliare rappresentano la quota di potere che la stessa unità ha sulle parti, impianti e beni comuni dell'edificio. Detta quota di potere rappresenta il rapporto o la relazione di ciascuna unità immobiliare rispetto alle altre e verso l'intero edificio. Ovvero i millesimi sono l'espressione di grandezze immobiliari rappresentative della comproprietà sulle parti comuni di un edificio o di un complesso di edifici, il cui valore totale viene espresso normalmente con il numero 1.000.

Il professionista deve dunque ricercare queste «grandezze» che preesistono al calcolo, giacché esse nascono con la redazione stessa del progetto edilizio, allorché questo va ad individuare ciò che resterà di proprietà privata e ciò che farà parte della comunione.

La determinazione delle carature millesimali rientra nel campo estimativo specialistico, laddove però ogni stima, di qualsiasi fatto e natura, è originata da un momento economico, che ne costituisce il suo scopo. Infatti la stima di uno stesso immobile può produrre valori diversi fra loro se lo scopo differisce, ovvero se il momento economico, generatore della iniziativa estimativa, sia diverso.

Cosicché la discrezionalità dello stimatore, ancorché presente nella pratica estimativa in misura limitata, resta ancora più costretta dalle esigenze tipiche di questa stima particolare, che deve raggiungere il massimo «equilibrio» fra le unità immobiliari di uno stesso stabile, l'una verso l'altra, e tutte assieme verso l'intero edificio.

La stima che ne deriva non è pertanto rappresentativa di un valore economico autonomo e concreto dell'unità immobiliare, ma bensì di un valore di consistenza teorica rapportato a quello analogo delle altre unità e dell'intero stabile.

I sistemi di formazione in uso alla luce del disposto legislativo. - La legge non indica con precisione quale dev'essere il metodo di valutazione da seguire per la determinazione tabellare del valore di ciascuna proprietà esclusiva rientrante nell'edificio in condominio.

L'unico riferimento preciso è dato dall'ultimo comma dell'art. 68 disp. att. c.c., il quale esclude espressamente dalla valutazione alcuni indici, che in verità normalmente influiscono nella determinazione del valore commerciale.

Questo perché si tratta di criteri che attengono più al valore economico (variabile) del bene che non alla sua consistenza patrimoniale (intrinseca), la quale invece, come dianzi accennato, rileva ai fini della particolare stima in oggetto.

Su tale punto va detto però che prima dell'entrata in vigore del codice vigente le opinioni della dottrina e della giurisprudenza non erano affatto concordi, poiché alcuni sostenevano che fosse opportuno tener conto del valore locativo dell'immobile, mentre altri osservavano che occorreva valutare le miglioria o per-Page 504fino gli abbellimenti, ed altri ancora proponevano di assumere a base il reddito imponibile ai fini fiscali ovvero il valore commerciale.

L'art. 68 citato, come detto, si limita invece a di sporre che nell'accertamento dei valori «non si tiene conto del canone locatizio, dei miglioramenti e dello stato di manutenzione di ciascun piano o di ciascuna porzione di piano», ma non indica a quali elementi positivi occorre al contrario far riferimento.

La mens legis di tale norma è illustrata dalla Relazione del Guardasigilli al Re: «È sembrato superfluo enunciare i dati in base ai quali l'accertamento deve esser compiuto, essendo ovvio che nella stima comparativa dei piani o porzioni di piani, agli effetti della determinazione del valore proporzionale di ciascun piano o porzione di esso rispetto all'edificio, sarà da tener conto degli elementi che li differenziano tra loro, quali il numero dei vani, l'ampiezza, l'esposizione, la luminosità, l'altezza del piano rispetto al suolo, ecc.».

La valutazione di detti elementi si traduce, all'atto pratico, nell'applicazione di determinati coefficienti riduttori (minori cioè della unità), i quali, riferiti al criterio base della superficie complessiva dell'unità immobiliare, ne diminuiscono l'entità trasformandola da superficie reale in superficie virtuale. Essi in genere sono: a) coefficiente di destinazione; b) coefficiente di piano; c) coefficiente di orientamento; d) coefficiente di prospetto; e) coefficiente di luminosità.

Ma nulla esclude che si possano anche utilizzare ulteriori parametri, salvo quelli esplicitamente vietati dal citato ultimo comma dell'art. 68, disp. att. c.c.

Tabelle derivate per settori e servizi. - Quanto detto riguarda le quote millesimali inerenti l'intero stabile condominiale, ovvero i «millesimi di proprietà generale».

Tuttavia all'interno di un condominio (o di un complesso di condominii) vi possono essere dei settori separati dal corpo principale del fabbricato od autonomi rispetto ad esso, sì da costituire delle vere e proprie comunioni parziali di pertinenza soltanto di una parte dei condomini; ovvero vi possono essere parti di fabbricato, impianti o servizi cui partecipano solo alcuni di essi o vi partecipano tutti ma in maniera diversa. In tali casi può essere opportuno redigere apposite tabelle, facendole derivare da quella principale di proprietà generale ed adattandole alla parte immobiliare, all'impianto od al tipo di servizio di partecipazione differenziata.

Ciò anche in conformità del disposto dei commi secondo e terzo dell'art. 1123, c.c., il quale, dopo aver sancito al primo comma il principio generale di proporzionalità al valore delle singole proprietà individuali ai fini della ripartizione delle spese, ai due successivi commi prevede appunto le suesposte situazioni particolari e per l'effetto stabilisce che «Se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell'uso che ciascuno può farne» e che «Qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte dell'intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che ne trae utilità».

Dunque possono essere formate le più svariate tabelle inerenti corpi strutturali separati ed autonomi, tipo i bassi fabbricati ad uso box o deposito, le diverse scale del medesimo condominio, le colonne di alloggi sottostanti a parti distinte di lastrici o tetti, le strade, i giardini od i terrazzi d'uso parziario, gli edifici autonomi d'un unico complesso condominiale, e via dicendo.

Ancor più frequenti sono poi le tabelle particolari riguardanti strutture, impianti o servizi di utilizzo separato o differenziato, come ad esempio avviene per il riscaldamento centrale, l'ascensore, le scale, la portineria, la lavanderia centralizzata, l'impianto centralizzato di condizionamento d'aria o di...

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