Suolo e sottosuolo condominiale

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine85-90

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Le massime qui riprodotte sono state tratte dalla banca-dati della CASA EDITRICE LA TRIBUNA e - straordinariamente - dalla edizione 2009 de Il nuovissimo Codice delle locazioni (a cura di CORRADO SFORZA FOGLIANI; STEFANO MAGLIA) Ed. La Tribuna; quelle della Corte di Cassazione senza l`indicazione degli estremi di pubblicazione sono massime ufficiali del C.E.D.

@a. Adiacente o circostante

■ Il suolo ed il sottosuolo, che a norma dell’art. 1117 n. 1 c.c. è presunto comune tra i condomini di un edificio — salvo titolo contrario - è soltanto quello occupato e circoscritto dalle fondamenta e dai muri perimetrali esterni dell’edificio; il suolo adiacente o circostante può rientrare fra le cose comuni soltanto per diverso titolo, potendo trovarsi in rapporto di accessorietà o di pertinenza con l’edificio stesso.

    * Cass. civ., sez. II, 26 marzo 1974, n. 841

■ Il suolo su cui sorge l’edificio, che a norma dell’art. 1117 n. 1 cod. civ. è presunto comune tra i condomini di un edificio, è soltanto quello occupato e circoscritto dalle fondamenta e dai muri perimetrali esterni, mentre il suolo adiacente o circostante può rientrare tra le cose comuni unicamente per diverso titolo.

    * Cass. civ., sez. II, 13 gennaio 1984, n. 273, Purificato c. Ascani

■ Per stabilire in concreto se una determinata area adiacente all’edificio in condominio, o situata fra le parti di esso, sia comune o appartenga esclusivamente all’appartamento che ad esso ha accesso o è situato allo stesso livello, è necessaria una valutazione dello stato effettivo dei luoghi e di rapporti strutturali e funzionali intercorrenti tra l’edificio condominiale e lo spazio in questione. Tale valutazione si traduce in un apprezzamento di fatto insindacabile in cassazione, quando sia stato congruamente motivato. (Nella specie, è stato ritenuto che una chiostrina, situata poco al disotto del livello di un appartamento, sito al piano terreno, dovesse considerarsi bene comune per le sue caratteristiche e per la sua destinazione ed utilizzazione).

    * Cass. civ., sez. II, 29 agosto 1966, n. 2290

@b. Cantine, sotterranei

■ Poiché l’edificio condominiale comprende l’intero manufatto che va dalle fondamenta al tetto, e quindi anche i vani scantinati compresi tra le fondamenta stesse, ed il suolo su cui sorge l’edificio, oggetto di proprietà comune ai sensi dell’art. 1117 cod. civ. è non la superficie, a livello del piano di campagna, che viene scavata per la posa delle fondamenta, bensì quella porzione del terreno su cui viene a poggiare l’intero edificio, e, immediatamente, la parte infima dello stesso. Di conseguenza, anche per stabilire a chi spetti la proprietà di un locale dell’edificio condominiale, sottostante al piano terreno, deve farsi riferimento, non alle ordinarie norme poste dagli artt. 840 e 934 cod. civ., ma a quelle che regolano la proprietà condominiale, divisa per piani orizzontali, gradatamente accertandosi al predetto fine: a) se il titolo, esplicitamente o implicitamente, attribuisca a taluno la proprietà esclusiva; b) se, tacendo il titolo, la proprietà esclusiva possa riconoscersi ugualmente in quanto acquisita per usucapione; c) se, non potendo neanche accamparsi l’usucapione, il locale, per la sua struttura, non possa considerarsi tra le parti dell’edificio necessarie all’uso comune o tra le cose destinate ad un servizio o al godimento comune, e debba viceversa considerarsi destinato ad uso esclusivo.

    * Cass. civ., sez. II, 4 marzo 1983. n. 1632, Alessandri c. Amalberti

■ Poiché l’edificio condominiale comprende l’intero manufatto che va dalle fondamenta al tetto e, quindi, anche i vani scantinati compresi tra le fondamenta stesse ed il suolo su cui sorge l’edificio, costituisce oggetto di proprietà comune, ai sensi dell’art. 1117 c.c., non la superficie a livello del piano di campagna che viene scavata per la posa delle fondamenta, bensì quella porzione del terreno su cui viene a poggiare l’intero edificio ed immediatamente, la parte infima di esso. Di conseguenza, per stabilire a chi spetti la proprietà di un locale dell’edificio condominiale sottostante al piano terreno deve farsi riferimento alle norme che regolano la proprietà condominiale per piani orizzontali e, perciò, con riguardo ai piani o porzioni di piano che siano o meno sotto il livello del circostante piano di campagna, agli atti di acquisto dei singoli appartamenti e delle altre unità immobiliari ed al regolamento di condominio allegato agli atti di acquisto o in essi richiamato (cosiddetto regolamento contrattuale).

    * Cass. civ., sez. II, 23 luglio 1994, n. 6884, Dionisi c. Condominio di Via delle Ortensie n. 18 e Via delle Orchidee n. 19 in Rieti

■ Ai sensi dell’art. 1117 n. 1 c.c. deve intendersi per «suolo su cui sorge l’edificio», oggetto di proprietà comune, il terreno su cui viene a poggiare l’intero stabile e quindi quello sottostante alle strutture più profonde dello stesso, sicché i vani scantinati, anche i più bassi, non possono mai presumersi comuni per loro natura, in mancanza di un titolo contrario, ma solo se ed in quanto risultino obiettivamente destinati all’uso ed al godimento comune. (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza impugnata la quale aveva escluso che il piano scantinato di un edificio fosse destinato all’uso ed al godimento comune, in quanto in base al regolamento di condominio il cantinato de quo era suddiviso in cinque distinte unità immobiliari con destinazione a box o a deposito, ciascuna avente una propria millesimazione).

    * Cass. civ., sez. II, 27 aprile 1993, n. 4934, De Lucia c. Chiaro

■ In tema di condominio negli edifici, oggetto di proprietà comune, ai sensi dell’art. 1117 c.c., è quella porzione di terreno su cui viene a poggiare l’intero stabile, cioè la parte infima di questo, esistente sotto il piano cantinato più basso, per cui i vani scantinati possono presumersi comuni non in quanto facenti parte del «suolo su cui sorge l’edificio» ma solo se ed in quantoPage 86 risultino obiettivamente destinati all’uso ed al godimento comune. (Nell’affermare il suddetto principio la S.C. ha ritenuto corretta la decisione del giudice di merito che aveva ritenuto superata la presunzione di comunione nel caso di un locale seminterrato comunicante, attraverso una botola, unicamente con un negozio sito al piano terreno, sicché per la sua struttura non poteva considerarsi tra le parti dell’edificio necessarie all’uso comune ovvero tra le cose destinate ad un servizio o al godimento comune, bensì destinato ad uso esclusivo di quel negozio).

    * Cass. civ., sez. III, 17 agosto 1990, n. 8376

■ È da ritenersi consentito il collegamento dei propri scantinati con il cortile comune, attuato mediante «bocche di lupo» (varchi di aria-luce nel muro perimetrale e feritoie munite di solide griglie metalliche sul piano di calpestio del cortile), in quanto non pregiudica la destinazione del cortile o l’essenza strutturale e funzionale delle cose comuni, né il pari uso da parte degli altri condomini, né il loro diritto di comproprietà sul sottosuolo e costituisce espressione del potere di modificazione consentita ad ogni condomino per il miglior godimento delle cose comuni in funzione della proprietà solitaria.

    * Cass. civ., sez. II, 9 settembre 1970, n. 1378

■ Ai fini della determinazione dell’equo canone di immobili con destinazione abitativa deve essere computata nella superficie convenzionale ai sensi dell’art. 13 legge 27 luglio 1979 n. 392 la quota della cantina, quando sussista un rapporto pertinenziale a norma dell’art. 817 c.c. - non escluso dall’esistenza di contratti di locazione autonomi con lo stesso conduttore - tra la cantina e l’immobile principale.

    * Cass. civ., sez. III, 6 marzo 1998, n. 2480, Fimpa Spa c. Boscaro ed altro.

@c. Costruzioni autonome

■ La comunione, anche del suolo, di cui all’art. 1117 cod. civ., postula che su uno stesso suolo insistano diversi piani o porzioni di piani costituenti un unico edificio, onde le costruzioni fra loro separate, ancorché su suolo originariamente del medesimo proprietario, non rientrano nella previsione della citata norma e delle presunzioni di comunione ivi poste con la conseguenza che con il loro trasferimento viene alienato pure il suolo sul quale esse sorgono, a meno che l’alienante non costituisca soltanto un diritto di superficie in favore dell’acquirente (ai sensi dell’art.952 cod. civ.) riservandosi, al momento della vendita, la...

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