Sulla ripartizione delle spese di riscaldamento

AutoreMaurizio de Tilla
Pagine51-54

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Con la decisione in rassegna la Corte di Cassazione ha affermato che trattandosi di spese che attengono alla conservazione, cioè alla tutela dell'integrità materiale e, quindi, del valore capitale dell'impianto comune, la sostituzione della caldaia del riscaldamento interessa i condomini quali proprietari dell'impianto, a cui carico la legge (art. 1123 primo comma c.c.) pone l'obbligo di concorrere alle spese, configurando a carico di essi obligationes propter rem, che, nascendo dalla contitolarità del diritto reale sull'impianto comune, sono dovute in proporzione della quota che esprime la misura dell'appartenenza. In altri termini, è proprio il nesso che esiste fra il diritto di comproprietà e l'obbligo che fa sì che il quantum del contributo debba corrispondere al valore della quota.

Consegue da ciò che, ove nell'edificio condominiale vi siano locali (ad es. box-cantine) non serviti dall'impianto di riscaldamento centralizzato, i condomini titolari, soltanto, della proprietà di tali locali, non sono contitolari dell'impianto centralizzato, non essendo questo legato da una relazione di accessorietà, cioè da un collegamento strumentale, materiale e funzionale all'uso o al servizio di quei beni; cosicché, venendo meno il presupposto per l'attribuzione della proprietà comune dell'impianto viene meno anche l'obbligazione propter rem di contribuire alle spese per la conservazione dello stesso.

La Corte Suprema ha, inoltre, rilevato che secondo la disciplina dettata dal codice non è invece applicabile alle spese di conservazione, qual è quella per la sostituzione della caldaia, il criterio di ripartizione di cui al secondo comma dell'art. 1123 c.c., il quale ha ad oggetto solo le spese per l'uso ed in particolare per l'uso di quelle cose e impianti comuni che, essendo su scettibili per struttura e funzione, di godimento personale e soggettivo differenziato, consentono di porre l'uso che ciascun condomino può farne, e, quindi, la misura di quell'uso, a criterio di determinazione del quantum del contributo di spesa necessaria a coprire il costo.

Tale essendo la disciplina prevista, in generale dai primi due commi dell'art. 1123 c.c., la Corte ha rilevato che, pur essendo tale normativa derogabile, la deroga è possibile solo per via contrattuale, attraverso una convenzione che obblighi tutti i condomini, non rientrando fra le attribuzioni dell'assemblea condominiale quella di deliberare in ordine a criteri di ripartizione delle spese, in contrasto con quelli previsti dalla legge, traducendosi una tale deroga in una lesione dei diritti del singolo condomino attraverso il mutamento del valore riconosciuto alla parte di edificio di sua proprietà esclusiva.

La decisione va condivisa, anche se, in senso contrario, si è ritenuto che è nulla la deliberazione condominiale che fissi l'applicazione di un criterio di ripartizione di spese per la sostituzione della caldaia del riscaldamento centralizzato con riferimento alla tabella delle proprietà, diretta a determinare i valori in millesimi da servire per la ripartizione di tutte le spese relative alle parti comuni, che opera soltanto una elencazione di stile delle parti comuni dell'edificio e «di quant'altro previsto dall'art. 1117 c.c.», invece che fare riferimento alla tabella di ripartizione della spesa in base all'uso del riscaldamento da ciascun condomino effettuato (Pret. Bari 17 marzo 1989, in Rass. equo canone 1989, 185).

Sul piano dell'uso generale del servizio di riscaldamento va osservato che in tema di ripartizione di tali spese in un edificio in condominio la qualità dell'uso che un singolo appartamento può fare del servizio stesso, a norma dell'art. 1123 secondo comma c.c., va calcolata ai fini della determinazione della spesa in rapporto alla capacità potenziale di assorbimento e cioè in forza del fabbisogno obiettivo dell'appartamento stesso, secondo uno dei tanti criteri possibili (numero dei radiatori o delle bocchette, massa o superficie irradiante, superficie irradiata, cubatura degli ambienti, contatore, ecc.). Ne consegue che, procedu-Page 52tosi a tale determinazione del fabbisogno, non può apportarsi alcuna diminuzione di correlativa spesa proporzionale per effetto di ragioni particolari (nella specie: temperatura degli appartamenti dell'ultimo piano del fabbricato inferiore a quella degli altri che hanno determinato quel fabbisogno o che lo aumentano rispetto ad appartamenti di eguale estensione od uguale cubatura). In tal senso Cass. 4 agosto 1978 n. 3839, in Foro it. 1978, I, 2438, con nota di BRANCA.

Si è, altresì, osservato che la ripartizione delle spese di riscaldamento centralizzato di un edificio in condominio, deliberata dall'assemblea o disciplinata dal regolamento condominiale, è in contrasto con l'art. 1123, primo capoverso soltanto se debba essere effettuata in base al valore delle proprietà delle singole quote, ovvero in base a un diverso criterio che appaia inidoneo, per la sua evidente irrazionalità, a fissare un congruo rapporto fra la spesa e l'uso individuale.

Qualora, invece, questo rapporto possa...

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