Sulla Installazione Della Canna Fumaria
Autore | Maurizio de Tilla |
Pagine | 294-297 |
294
giur LEGITTIMITÀ
3/2016 Arch. loc. cond. e imm.
SULLA INSTALLAZIONE
DELLA CANNA FUMARIA
di Maurizio de Tilla
1. - Con la decisione in rassegna la Corte di cassazione
ha affermato che nel condominio degli edifici le parti co-
muni formano oggetto, a favore di tutti i condòmini, di un
compossesso pro indiviso il quale si esercita diversamente
a seconda che le cose siano oggettivamente utili alle sin-
gole unità immobiliari cui siano collegate materialmente o
per destinazione funzionale (suolo, fondazioni, muri mae-
stri, oggettivamente utili per la statica) oppure siano sog-
gettivamente utili nel senso che la loro unione materiale
o la destinazione funzionale ai piani o porzioni di piano
dipende dall’attività dei rispettivi proprietari (portone,
anditi, scale, ascensore, ecc.). Nel primo caso l’esercizio
del possesso consiste nel beneficio che il piano o la por-
zione di piano (e, per traslato, il proprietario) trae da tali
utilità, nel secondo caso si risolve nell’espletamento della
predetta attività da parte del proprietario.
Ciò posto, il godimento delle cose comuni da parte dei
singoli condòmini assurge ad oggetto di tutela possesso-
ria quando uno di loro abbia alterato e violato, senza il
consenso degli altri condòmini ed in loro pregiudizio, lo
stato di fatto o la destinazione della cosa oggetto del co-
mune possesso, in modo da impedire o da restringere il
godimento spettante a ciascun compossessore pro indiviso
sulla cosa medesima (Cass. 26 gennaio 2000 n. 855; Cass.
11 marzo 1993 n. 2947; Cass. 21 luglio 1988 n. 4733; Cass.
18 luglio 1984 n. 4195). La modifica di una parte comune
e della sua destinazione ad opera di taluno dei condòmini,
sottraendo la cosa alla sua specifica funzione e quindi al
compossesso di tutti i condomini, legittima di conseguen-
za gli altri condòmini all’esperimento dell’azione di reinte-
grazione per conseguire la riduzione della cosa al pristino
stato in modo che essa possa continuare a fornire quella
utilitas alla quale era asservita anteriormente alla conte-
stata modificazione, senza che sia necessaria la specifica
prova del possesso di detta parte quando risulti che essa
consista in una porzione immobiliare in cui l’edificio si ar-
ticola (Cass. 13 luglio 1993 n. 7691).
Nel caso esaminato la Corte di merito - premesso di
avere verificato lo stato del fabbricato - aveva accertato
che la canna in contestazione aveva dimensioni non tra-
scurabili, rappresentata come era da una sovrastruttura
apposta nella facciata del palazzo condominiale priva di
qualsiasi collegamento dal punto di vista architettonico o
funzionale con la parete esterna dell’edificio, per cui alte-
rava notevolmente l’estetica dell’edificio, pure bisognevole
di manutenzione, e costituiva un elemento di grave degra-
do. Inoltre sussisteva anche la lamentata turbativa al godi-
mento della luce proveniente dalla finestra collocata pro-
prio al di sotto della canna fumaria, evincibile dalle foto
prodotte, in quanto "l’ingombro della struttura provoca
ombra sulla finestra dell’appartamento, diminuendone la
luminosità". La Corte Suprema ha ritenuto corretta la de-
cisione di accoglimento della domanda di manutenzione
nel possesso, incidendo detta struttura sull’estetica dello
stabile, oltre a notevolmente ridurre la luce nella stanza
che affaccia dalla finestra sottostante la canna.
Il giudice di merito aveva correttamente ritenuto che
con la apposizione della canna fumaria e della struttura
di copertura della stessa la condomina aveva immutato lo
stato della cosa comune eccedendo i limiti segnati dalle
concorrenti facoltà dei compossessori ex art. 1102 c.c., im-
pedendo un analogo uso da parte di questi ultimi ed anzi
sottraendo al loro uso, assicurato dal possesso, il relativo
beneficio derivante dalla libertà da ingombri della porzio-
ne del bene comune.
Intanto, la Corte Suprema, con la decisione che si an-
nota, ha affermato che l’uso particolare che il comproprie-
tario faccia del bene comune non può considerarsi estra-
neo alla destinazione normale dell’area, a condizione però
che si verifichi in concreto che, per le dimensioni del ma-
nufatto o per altre eventuali ragioni di fatto, tale uso non
alteri l’utilizzazione del cortile praticata dagli altri com-
proprietari, né escluda per gli stessi la possibilità di fare
del bene medesimo un analogo uso particolare (cfr. Cass.
20 agosto 2002 n. 12262; Cass. 17 maggio 1997 n. 4394).
Correttamente la sentenza impugnata ha dato conto
proprio della inesistenza di tale condizione ed in partico-
lare della alterazione della destinazione naturale dell’area
occupata con la struttura contenente la canna fumaria
e per tale ragione ha ritenuto commettere molestia la
società che aveva immutato lo stato di fatto degradando
gravemente l’estetica dell’edificio ed alterando precedenti
facoltà di utilizzazione da parte degli altri condomini, in
particolare dei resistenti. Del resto le denotate modalità
(obiettive) dell’aggressione possessoria disvelavano la
sussistenza del c.d. animus turbandi il quale, come è dato
ormai acquisito, consiste nella volontarietà del fatto com-
piuto a detrimento dell’altrui possesso, contro il divieto
espresso anche solo presunto del possessore e si profila,
in linea di massima, tutte le volte che in concreto si col-
gono gli estremi della turbativa, rendendosi normalmente
irrilevante l’eventuale convinzione dell’autore di questa di
esercitare propri diritti (cfr. Cass. 10 settembre 1997 n.
8829; Cass. 29 novembre 2004 n. 22414).
Sulla materia della canna fumaria l’interpretazione
della giurisprudenza è variegata e, spesso, oscillante.
Si è anzitutto affermato che l’uso particolare o più in-
tenso del bene comune ai sensi dell’art. 1102 c.c. - dal qua-
le esula ogni utilizzazione che si risolva in un’imposizione
di limitazioni o pesi sul bene comune - presuppone, per-
ché non si configuri come illegittimo, che non ne risultino
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