Sulla forma del regolamento condominiale

AutoreFranco Petrolati
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@1. L'orientamento delle Sezioni Unite

In tema di forma del regolamento condominiale sono recentemente intervenute le Sezioni Unite della Corte di cassazione (Cass., S.U., 30 dicembre 1999 n. 943, in Giust. civ. 2000, I, 320, in questa Rivista 2000, 32; Corriere giur. 2000, 468, n. IZZO) per affermare il principio di diritto secondo cui «Per la modifica di clausole del regolamento di condominio contrattuale è richiesto il consenso, manifestato in forma scritta ad substantiam di tutti i partecipanti alla comunione».

Per motivare tale conclusione la Suprema Corte ha, in realtà, formulato ed argomentato un convincimento di ben più ampia portata, secondo il quale la forma scritta è imposta a pena di nullità non solo per la modifica ma anche per la (prima) formazione del regolamento e ciò in relazione sia al regolamento contrattuale che a quello approvato a maggioranza (c.d. regolamento in senso stretto).

Si sono, al riguardo, enumerate quattro essenziali ragioni.

In primo luogo si è richiamata la previsione della trascrizione del regolamento nel registro presso l'associazione professionale dei proprietari dei fabbricati (art. 1138, comma 3, c.c. in relazione all'art. 71 att. c.c.): nonostante la disposizione sia divenuta inapplicabile a causa della soppressione dell'ordinamento corporativo, infatti, sarebbe univoca la originaria volontà del legislatore di imporre il requisito della scrittura al regolamento.

In secondo luogo si è fatto riferimento all'art. 1136, comma 7, c.c., secondo cui deve redigersi processo verbale, da trascrivere in un altro registro conservato dall'amministratore del condominio, di tutte le deliberazioni assembleari, tra le quali è da comprendere anche l'approvazione del regolamento a maggioranza.

In terzo luogo si è argomentato che la forma deve ritenersi imposta a pena di nullità, in quanto laddove, come nel caso di specie, difetti una disposizione che specificamente prescriveva la scrittura solo ad probationem, quest'ultima costituisce un elemento essenziale per la stessa validità dell'atto.

Infine si è ribadita la necessità della forma scritta ad essentiam per le clausole del regolamento aventi efficacia contrattuale in quanto limitative dei diritti dei singoli condomini sulle rispettive unità immobiliari o sui beni comuni; tali clausole configurano, infatti, secondo lo ius receptum, oneri reali o servitù prediali suscettibili di essere opposti ai terzi se trascritti nei registri della conservatoria.

Una volta, quindi, dimostrata l'imprescindibilità della forma scritta per la validità di un (qualsiasi) regolamento di condominio se ne è dedotto - a fortiori - che il medesimo requisito è conseguentemente imposto anche per la successiva modifica del regolamento stesso.

Nella fattispecie esaminata dalle Sezioni Unite si è, quindi, ritenuto che una clausola del regolamento contrattuale, che vietava la sosta di veicoli nel cortile comune, non potesse essere modificata da un comportamento concludente di tutti i condomini, i quali avevano pur dato costante esecuzione ad altra successiva delibera assembleare, adottata a maggioranza, con cui tale sosta era stata autorizzata e regolata.

L'orientamento prescelto è stato, quindi, confermato da talune ulteriori pronunce delle sezioni semplici della Cassazione.

Così Cass. 18 febbraio 2000 n. 1830, in relazione ad un regolamento contrattuale, ha affermato che il limite al diritto di godimento spettante a ciascun condomino iure proprietatis sulle parti comuni ha natura negoziale e può essere modificato solo per iscritto e con il consenso unanime di tutti i condomini.

Da ultimo Cass. 18 aprile 2002 n. 5626 ha ribadito la distinzione tra clausole contrattuali e non, del regolamento di...

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