Sui rapporti tra processo tributario e processo penaltributario

AutoreUmberto Mignosi e Riccardo Mignosi
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@1. Introduzione.

Com'è noto, l'art. 12, comma 2, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, modificando l'art. 2 del D.L.vo n. 546/1992 (che aveva devoluto alle commissioni tributarie le controversie sui soli tributi ivi tassativamente elencati) ha realizzato l'unificazione della giurisdizione tributaria in capo alle commissioni, disponendo che a queste ultime è attribuita la cognizione dei tributi di ogni genere e specie, compresi quelli regionali, provinciali e comunali oltre che delle sanzioni amministrative, degli interessi e di ogni altro accessorio.

Quindi una giurisdizione tributaria piena. Tale disposizione sancisce, inoltre, che la giurisdizione del giudice ordinario civile (art. 9 c.p.c.) residua solo per le controversie riguardanti gli atti dell'esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella esattoriale.

Pertanto, le liti relative a qualsiasi tributo, compresi i diritti doganali e le accise (comprendenti queste ultime le imposte di fabbricazione sugli oli minerali, sulla birra, sugli spiriti e sui fiammiferi) anche se instaurate successivamente all'entrata in vigore della cennata legge n. 448/2001, sono ora oggetto della giurisdizione speciale tributaria.

L'attuale giurisdizione tributaria è quindi delimitata esternamente dalla nozione di tributo; pertanto, alla luce della più recente concezione del «tributo», devono essere radicate dinanzi alle commissioni le controversie che abbiano ad oggetto quelle prestazioni patrimoniali imposte finalizzate a realizzare il concorso dei consociati alla spesa pubblica. Al riguardo, va richiamato l'importantissimo ruolo svolto dalla giurisprudenza che, nel ridefinire l'ambito di applicazione dell'art. 9 c.p.c., ha adottato una nozione ampia di tributo, comprendente anche, ad esempio, il «canone televisivo» (Cass. 25 novembre 1986, n. 6937, in Rass. trib. 1987, 11, 97) e lo «sconto obbligatorio dei medicinali» (Cass. 28 maggio 1980, n. 3433, in Foro it. 1982, 1, 1399).

Sono, dunque, escluse dalla giurisdizione tributaria tutte le liti riguardanti prestazioni patrimoniali imposte non aventi la finalità di realizzare il concorso alla spesa pubblica, nonché quelle concernenti prestazioni comunque qualificate dall'esistenza di vincoli di tipo sinallagmatico tra debitore e creditore (tali sono, ad esempio, le entrate di natura patrimoniale dello Stato e degli enti locali, devolute alla giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria, quali «i canoni demaniali») (Comm. trib. prov. Siena 5 maggio 1997, n. 204, in Riv. giur. trib. 1997, p. 952) ed «i canoni comunali per la somministrazione dell'acqua potabile» (Cass., S.U., 12 luglio 2001, n. 9489, in Mass. Giust. civ. 2001; Cass., S.U., 24 luglio 2000, n. 520, in Mass. Giust. civ. 2000).

I limiti interni della giurisdizione tributaria sono, invece, dettati dalle previsioni di cui agli artt. 10 (le parti) e 19 (atti impugnabili) del D.L.vo n. 546. Quindi per un verso le controversie devolvibili al giudice tributario sono solo quelle radicate contro gli uffici dell'amministrazione finanziaria, il concessionario della riscossione e gli enti titolari della potestà impositiva in ordine ai tributi oggetto della giurisdizione speciale (art. 10).

Ne consegue l'esclusione delle liti, ancorché di natura tributaria, intercorrenti tra soggetti privati, di cui uno contribuente di diritto e l'altro contribuente di fatto: esempio tipico, le controversie fra il soggetto passivo dell'Iva ed il committente o cessionario, aventi ad oggetto il credito di rivalsa Iva (in giurisprudenza cfr., da ultimo, proprio in ordine all'esercizio della rivalsa ai fini Iva, Cass., S.U., 29 aprile 2003, n. 6632, in Mass. Giust. civ. 2003; Cass., S.U., 11 febbraio 2003, n. 1995, in Banca dati De Agostini Professionale). Per l'altro verso, l'instaurazione della controversia tributaria non può prescindere dalla impugnazione di uno degli atti tassativamente elencati dall'art. 19 del D.L.vo n. 546/1992, ancorché tale disposizione, alla luce della nuova formulazione dell'art. 2, esiga anch'essa di essere interpretata in via estensiva, applicando cioè il brocardo latino lex minus dixit quam voluit.

Tali atti sono:

1) l'avviso di accertamento del tributo;

2) l'avviso di liquidazione del tributo;

3) il provvedimento che irroga le sanzioni;

4) il ruolo e la cartella di pagamento;

5) l'avviso di mora;

6) gli atti relativi alle operazioni catastali;

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7) il rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie e interessi o altri accessori non dovuti;

8) il diniego o la revoca di agevolazioni o il rigetto di domande di definizione agevolata di rapporti tributari;

9) ogni altro atto per il quale la legge ne prevede l'autonoma impugnabilità davanti alle commissioni tributarie.

I tributi amministrati dall'Agenzia delle entrate oggetto del recente «trasferimento» sono i seguenti: a) l'imposta di bollo (D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642);

b) le tasse sulle concessioni governative (D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641);

c) le tasse sui contratti di borsa (R.D. 30 dicembre 1923, n. 3274);

d) l'imposta sugli intrattenimenti e la soppressa imposta sugli spettacoli e tributi connessi (D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 640);

e) le tasse automobilistiche (D.P.R. 5 febbraio 1953, n. 39);

f) il canone di abbonamento alla televisione (R.D.L. 21 febbraio 1938, n. 246, conv. in legge n. 880/1938).

Questione interessante è poi se debbano ritenersi implicitamente abrogate quelle disposizioni che prevedevano, con riferimento ai tributi prima devoluti alla cognizione del giudice ordinario (ad esempio, le accise, i tributi doganali, i tributi regionali), l'onere del previo esperimento del rimedio amministrativo, come il ricorso gerarchico.

La Corte costituzionale ha, al riguardo, costantemente affermato che i ricorsi gerarchici sono alternativi all'esercizio dell'azione giurisdizionale, la quale, dunque, non può essere condizionata dalla loro preventiva proposizione (cfr., tra le tante, Corte cost. 1 aprile 1998, n. 81, in Foro it. 1998, I, c. 969).

È da rilevare al riguardo che l'Agenzia delle entrate, con la circolare n. 25/E del 21 marzo 2002, ha espresso l'avviso che il novellato art. 2 esclude la possibilità di continuare ad avvalersi dei rimedi amministrativi, in quanto questi sarebbero incompatibili con la struttura del processo tributario ed, in particolare, con la previsione ex art. 71, comma 1, D.L.vo n. 546, il quale ha escluso l'esperibilità di tali rimedi in ordine ai tributi devoluti alla cognizione del giudice ordinario.

Qualche mese dopo, l'Agenzia delle dogane, con la circolare n. 41/D del 17 giugno 2002, ha espresso un orientamento parzialmente difforme, sostenendo cioè che i ricorsi amministrativi non sarebbero più proponibili solamente avverso gli avvisi di pagamento ex art. 14 D.L.vo 26 ottobre 1995, n. 504, in materia di accise, mentre i procedimenti amministrativi per la risoluzione delle controversie doganali, previsti e disciplinati dagli artt. 65 e ss. T.U.L.D. (D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43), essendo procedure di natura prevalentemente fattuale e tecnica, rientrano, come sub procedimenti, nell'ambito dell'attività amministrativa di accertamento.

Ergo, l'onere di impugnare l'accertamento dinanzi alla competente commissione tributaria provinciale sussisterebbe solo in seguito alla notifica della determinazione che definisce tale accertamento, determinazione che verrebbe resa, in unico grado, dal direttore regionale delle dogane.

@2. Il contenzioso doganale.

Un discorso a parte merita la giurisdizione delle commissioni tributarie per quanto riguarda le controversie doganali, le quali in particolare si riferiscono alle contestazioni circa la qualificazione, il valore o l'origine delle merci ovvero circa il regime di tara o il trattamento degli imballaggi.

L'art. 76 del T.U. delle disposizioni legislative in materia doganale, approvato con D.P.R. n. 43 del 23 gennaio 1973 (T.U.L.D.), stabiliva che, contro l'accertamento e la rettifica divenuti definitivi, potevano essere esperiti, entro il termine perentorio di 60 giorni, i rimedi giurisdizionali in sede civile e amministrativa previsti dalle norme vigenti; la competenza giurisdizionale...

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