Lo strumento rimediale del promissory estoppel

AutorePaolo Pardolesi
Pagine19-84
LO STRUMENTO RIMEDIALE DEL PROMISSORY ESTOPPEL
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CAPITOLO PRIMO
LO STRUMENTO RIMEDIALE
DEL PROMISSORY ESTOPPEL
SOMMARIO: 1. Profili introduttivi. - 2. Origini del promissory estoppel in Inghil-
terra. - 3. Il percorso evolutivo del promissory estoppel nell’esperienza giu-
ridica nord-americana. - 3.1 Le difficoltà di Williston. - 3.2 L’avvento della
Section 90: dal Restatement [First] of Contracts al Restatement [Second] of
Contracts. - 4. Sviluppi del promissory estoppel nell’esperienza nord-
americana: una seconda anima? - 5. La teoria dello scambio e l’efficienza
della promessa non reciprocata.
1. Profili introduttivi
L’estoppel, come principio generale – ma, prim’ancora, come
rimedio processuale, secondo la vocazione ancestrale del diritto
inglese –, nasce (at common law e in equity) come eccezione di-
fensiva deputata a precludere l’operatività delle regole ordinarie in
casi in cui la loro applicazione avrebbe potuto produrre risultati
sostanzialmente ingiusti1. Il principio occupa, in prima approssi-
1 Per il Black’s Law Dictionary, il termine estoppel “means that party is
prevented by his own act from claiming a right to detriment of other party who
has entitled to rely on such conduct and has acted accordingly”. In altre parole,
l’estoppel è un divieto o un impedimento che preclude la possibilità di allegare o
negare taluni fatti o taluni stati di fatto “in consequence of previous allegation,
or denial or conduct or admission, or in consequence of a final adjudication of
the matter in a court of law. It operates to put party entitled to its benefits in
same position as if thing represented were true (…). Elements or essential of es-
toppel include change of position of party so that party aginst whom estoppel is
invoked has received profit or benefit or party invoking estoppel has changed
his position to his detriment”. Per una ricognizione approfondita di tale istituto
v., orientativamente, S. WILKEN - T. VILLIERS, Waiver, variation and estoppel2,
Oxford e a., 2002, 93; E. COOKE, The modern law of estoppel, Oxford e a.,
2000, 6. Un passo più indietro l’analisi riporta alle pagine classiche di M. M.
BIGELOW, A treatise on the law of estoppel and its application in practice4, Bo-
ston, 1886 (ma la prima edizione data 1872); e a quelle, meno familiari ma di
perdurante spessore (specie per quel che attiene al difficile decollo inglese del
concetto di “good faith”) di M. CABABE, The principles of estoppel: an essay,
London, 1888. In Italia lo studio più recente si deve a F. ASTONE, Venire contra
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mazione, lo spazio che in altre esperienze è presidiato dal divieto
di venire contra factum proprium2; e si specifica in una serie di ac-
cezioni, che vanno, col tempo, distaccandosi dall’impronta arche-
tipica di regola probatoria, per acquisire caratteri sempre più indi-
viduati sul piano sostanziale: quanto basta per rendere poco pro-
mettente qualsivoglia tentativo di riguardare l’estoppel come un
corpo unitario3. A ben vedere, nelle pieghe di tale istituto appare
possibile individuare tre figure che hanno progressivamente acqui-
sito sempre più rilevanza: 1) l’estoppel by record o per rem judica-
tam (istituto processuale simile al divieto del bis in idem)4; 2)
l’estoppel by deed (eccezione processuale che trova applicazione
in atti di natura formale: in breve, tale istituto – basandosi su di un
titolo formale, come può essere un contratto di vendita o
un’ipoteca – impedisce all’altra parte del medesimo negozio di ne-
gare quanto ivi dichiarato)5 e 3) l’estoppel in pais (che, a differen-
factum proprium, Napoli, 2006, 105 ss.; v. altresì C. MAROCCO CARENA, voce
«Estoppel», in Digesto, disc. priv., sez. civ., VIII, Torino, 1992, 18 ss.
2 In senso conforme v. G. MARINI, Promessa ed affidamento nel diritto dei
contratti, Napoli, 1995, 14 (che rimarca come alla base di tale istituto vi sia “un
principio assai simile a quello incorporato nell’estoppel”); e F. ASTONE, op. cit.,
105 s., secondo cui “il nesso tra divieto di venire contra factum proprium ed
estoppel è (…) strettissimo”.
3 Tuttavia, esercizi in tal senso non sono mancati e contribuiscono, anzi, al
folklore della materia. L’ultimo in ordine di tempo, per quanto consta, si deve a
E. COOKE, op cit., passim.
4 Sul punto mette conto rimarcare come, secondo un autorevole orienta-
mento dottrinale (S. WILKEN - T. VILLIERS, op. cit., 103 ss.; E. COOKE, op. cit.,
4), l’istituto abbia raggiunto un livello di autonomia tale da non poter essere
considerato una reale forma di estoppel. Al riguardo J. M. NGUGI, Promissory
estoppel: the life history of an ideal legal transplant, (2007) 41 U. Rich. L. Rev.
425, sottolinea come “this is an estoppel only in the sense that for the two par-
ties who have litigated an issue, neither the parties to that proceeding nor those
claiming under them, will be allowed subsequently to controvert the truth of the
facts so found”.
5 Per un approfondimento di tale istituto v., orientativamente, S. WILKEN
T. VILLIERS, op. cit., 303; J. M. NGUGI, op. cit., 449 ss., che sottolinea come “the
rationale for estoppel by deed was that a litigant would not be permitted to deny
the validity of her own ‘solemn’ acts to the detriment of another. Another justi-
fication was that the court would presume that a person who took the ‘solemn’
act of executing a deed had satisfied herself as to the truth of the statements con-
tained in the deed”; H. M. HERMAN, The law of estoppel, Albany, W.C. Little &
Co., 1871, 231.
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za delle prime due figure, si impone all’attenzione come creazione
originale dell’equity, “fondata sull’idea che dovesse negarsi, a chi
avesse dichiarato un determinato fatto, la facoltà di contestarlo”)6.
Proprio il rilievo che l’ultima di queste tre figure assumerà
nell’evoluzione ed affermazione del promissory estoppel ci spinge
ad esaminarne con maggiore attenzione le peculiarità: l’estoppel in
pais (o altrimenti definito equitable estoppel) già agli inizi del XIX
secolo veniva concesso nel caso in cui una parte – attraverso un
suo comportamento (anche tacito) o una sua dichiarazione formale
– avesse indotto l’altra a confidare su un determinato dato di fatto
e a regolarsi di conseguenza. Originariamente molto ristretto,
l’ambito applicativo di tale estoppel ha progressivamente allargato
i suoi orizzonti, sviluppandosi “in varie forme e con varie denomi-
nazioni”7. Pertanto, non sorprende il fatto che, già nel corso dello
stesso secolo, il crescente sviluppo commerciale e la necessità di
garantire la certezza e la stabilità degli scambi economici abbiano
spinto tanto le corti di common law quanto quelle di equity nella
direzione di un’applicazione espansiva attraverso la figura del-
l’estoppel by representation8. Tale estoppel, infatti, veniva conces-
so nelle ipotesi in cui una parte avesse dichiarato a controparte una
determinata circostanza di fatto con la consapevolezza che ciò, per
un verso, avrebbe indotto quest’ultima a comportarsi in una deter-
minata maniera e, per l’altro, qualora la circostanza si fosse rivela-
ta falsa, ne avrebbe assicurato un inevitabile pregiudizio. Ecco, al-
lora, che in ipotesi di tal fatta l’applicazione dell’estoppel impedi-
va al dichiarante “di essere ammesso a negare la circostanza in
questione, salvaguardando così [il destinatario] dal pregiudizio
che, diversamente, avrebbe dovuto sopportare”9.
6 F. ASTONE, op. cit., 107 s. Sull’estoppel in pais si rinvia a J. M. NGUGI,
op. cit., 451 ss.; E. COOKE, op. cit., 16; M. M. BIGELOW, op. cit., 3; M. CABABE,
op. cit., 78 ss.
7 F. ASTONE, op. cit., 109.
8 In merito a tale forma di estoppel v., di nuovo, S. WILKEN - T. VILLIERS,
op. cit., 151; nonché E. COOKE, op. cit., passim.; e G. SPENCER BOWER, The law
relating to the estoppel by representation2, London, 1966, passim.
9 F. ASTONE, op. cit., 110. L’A., in particolare, mette in risalto come in
questa fase della sua evoluzione l’estoppel, essendo saldamente legato all’atte-
stazione di una situazione di mero fatto, risultasse, per un verso, istituto di natu-

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