Strumenti informatici per la documentazione e l'analisi della lingua nei documenti storico-giuridici

AutoreCostanza Badii
Pagine29-56

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@1. La lingua del diritto: una lingua tecnica ma comune

Lo scopo che ci proponiamo con il presente contributo è quello di illustrare gli studi della lingua del diritto dal punto di vista storico, nonché gli strumenti informatici per la documentazione e l'analisi di tale linguaggio nelle fonti storico-giuridiche.

Approfondire il tema della lingua del diritto ci impone in primo luogo di definire più propriamente che cosa intendiamo con tale espressione.

Il linguaggio adoperato nelle scienze giuridiche si pone come il frutto di una secolare opera di ricostruzioni all'interno dei linguaggi naturali, incidenti principalmente sulla dimensione semantica dei linguaggi stessi: attraverso queste ricostruzioni il linguaggio giuridico è diventato tecnico, ovvero un insieme di termini tecnici introdotti nella struttura di un linguaggio naturale1.

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La lingua giuridica, infatti, riflette i caratteri del suo oggetto: se da un lato il diritto è una realtà profondamente legata al tessuto sociale, dall'altro la sdentici iuris mostra contenuti e caratteri tecnici e rigorosi2.

In una società che sempre di più tende a specializzarsi, la lingua giuridica diventa tecnica, settoriale e specialistica (Fachsprachè)3, e come tale necessita di essere studiata e approfondita.

Ciò è tanto più vero se si tiene conto delle diverse fonti del diritto (Rechtsquellen, quali legislazione, giurisprudenza, dottrina) ognuna delle quali si caratterizza e si differenzia dalle altre per peculiari registri e ricorrenze linguistiche.

Allo stesso modo, molteplici sono le tipologie di documenti-atti giuridici (quali leggi, trattati, contratti, testamenti, ecc), ognuno dei quali si esprime con una propria terminologia4.

Bice Mortara Garavelli5, in particolare, articola il carattere specificamente tecnico del linguaggio giuridico nella distinzione tra:

- tecnicismi specifici (ad es., anatocismo, anticresi), cioè termini di significato tendenzialmente univoco, propri ed esclusivi di ciascun settore, che non hanno corso al di fuori di esso;

- ridefinizioni (ad es., confusione, intesa come modo di estinzione dell'obbligazione), che consistono nell'attribuire a termini della linguaPage 31 comune un significato diverso da quello con il quale essi vengono genericamente adoperate;

- tecnicismi collaterali (ad es., escussione dei testi), definiti come particolari espressioni stereotipiche, non necessarie, a rigore, alle esigenze della denotatività scientìfica, ma preferite per la loro connotazione tecnica6.

I singoli termini, comunque, pur assumendo un valore specifico e autonomo, devono necessariamente essere considerati all'interno del contesto nel quale essi sono localizzati e individuati.

Riteniamo infatti che il contesto rivesta un ruolo fondamentale, in quanto un singolo termine può assumere un valore semantico diverso proprio in relazione all'ambito giuridico nel quale è collocato.

La Rechtssprache, infatti, pur essendo una lingua di scienza7 in quanto propria di una disciplina scientifica quale il diritto, fa anche parte dell'uso comune, come fenomeno umano e sociale.

Oltre a ciò, continuando l'analisi dei caratteri del linguaggio giuridico, ci preme considerare che esso è soggetto al suo interno ad un progressivo inserimento di linguaggi tecnici, laddove la materia oggetto di disposizioni normative presenta caratteri di pregnata specificità.

Basti pensare, a titolo esemplificativo, alla legislazione italiana in tema di elettrosmog (L. n. 36/2001, Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici) o alle direttive europee relative ai rischi biotecnologici (ad esempio, la direttiva n. 98/81/CE del Consiglio, che modifica la direttiva 90/219/CEE sull'impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati).

Sempre più frequenti sono infatti i documenti giuridici che, dovendo determinare parametri normativi e valori limite relativi ai livelli di tossici-Page 32tà, inquinamento, sicurezza dei prodotti, ecc, ricorrono a contenuti e a termini desunti da linguaggi settoriali, che all'interno del corpus giuridico che li ingloba riteniamo assumano comunque una valenza e una connotazione giuridica.

Atteso il carattere ordinamentale e scientifico della lingua del diritto, quindi, l'approccio metodologico teso ad approfondirla richiede una sistematicità che non può tuttavia essere intesa in modo rigoroso, se si vuol rispettare anche la dimensione plastica della lingua, che qualifica e definisce i molteplici e infiniti aspetti della realtà8.

@2. Il nesso diritto-linguaggio-società

Aspetto a nostro avviso fondamentale è il nesso stretto e inscindibile esistente tra diritto e linguaggio, da cui non si può prescindere se si vuole inquadrare in modo completo l'oggetto della presente analisi9.

Si tratta di due fenomeni che presentano caratteri comuni, in quanto entrambi intrinsecamente legati al tessuto nel quale si trovano inseriti, realtà ordinamentali che si modellano e si evolvono sulle esigenze e sulle evoluzioni sociali10.

Celebre a questo proposito il paragone tra diritto e linguaggio del massimo esponente della Geschichtliche Rechtsschule, Friedrich Cari von Savigny.

Secondo Savigny il diritto nasce non dall'arbitrio del legislatore, bensì nel Volksgeist; come il diritto ha la sua manifestazione nei principi dichiarati, tramandati sia per iscritto che oralmente nella coscien-Page 33za popolare, così il linguaggio si manifesta materialmente nell'uso popolare costante e ininterrotto11.

Così come da ricordare è il paragone inverso, tra linguaggio e diritto, sostenuto dall'Istituzionalismo linguistico di Giacomo Devoto e di Giovanni Nencioni12.

L'inversione della comparazione è giustificata dai caratteri comuni ai due fenomeni, individuati da tale corrente nella istituzionalità e nella sistematicità.

A prescindere dal senso della comparazione, quindi (diritto-linguaggio o linguaggio-diritto), entrambi i fenomeni appaiono a loro volta profondamente legati alla realtà sociale sottostante, dove per realtà sociale si intende più specificamente quell'insieme di elementi socio-economico-politici che caratterizzano una determinata epoca e un determinato ambiente, storicamente e geograficamente individuato13.

Ed è proprio tale nesso con la realtà sociale che rende il diritto e il linguaggio, a nostro avviso, così vicini nei loro caratteri più intrinseci.

A questo proposito, pare opportuno tenere presente che la lingua giuridica tende a conservarsi e a ripetere prassi codificate dall'uso o dalla legge, espresse attraverso termini che assumono una specifica accezione per rispettare la certezza del diritto.

Allo stesso tempo, tuttavia, il nesso naturale con le condizioni sociali sottostanti richiede alla lingua giuridica di definire istituti e/o fattispecie di nuova formazione.

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@3. La lingua dei documenti storico-giuridici e le sue peculiarità

Atteso che la lingua del diritto è una lingua tecnica ma allo stesso tempo comune, (si veda il par. 1), preme riflettere sulle caratteristiche che essa presenta, in particolare nei documenti storico-giuridici.

Oltre al valore semantico, infatti, è opportuno porre l'attenzione alle particolarità sintattiche14.

Accade spesso che sia la costruzione sintattica a contrassegnare la tecnicità dei verbi e degli aggettivi.

Particolari reggenze o l'uso di avverbiali strumentali possono modificare infatti il significato comune in significato tecnico.

Alcune caratteristiche di tale lingua sono comunque evidenti.

Si tratta di una lingua scritta, che nasce e si sviluppa nei documenti ufficiali (quali leggi, trattati, convenzioni) e non ufficiali (quali contratti, testamenti, mandati).

Presenta numerosi arcaismi, tautologie ridondanti e latinismi.

Si caratterizza per stili diversi a seconda dell'ambiente e del contesto in cui viene considerata (normativo, notarile, sindacale, parlamentare ecc).

Ciò, del resto, si comprende se si tiene conto dello stile delle diverse fonti del diritto.

Il linguaggio della dottrina giuridica, ad esempio, appare più speculativo e vario di quello normativo; quello giurisprudenziale conia talvolta termini o espressioni nate ad hoc per il singolo caso giuridico e poi riutilizzate successivamente da altri giudici per casi e fattispecie analoghe.

Se la lingua giuridica si presenta infatti per sua natura conservatrice, dal momento che la stabilità nel tempo è una sua caratteristica essenziale, al fine di mantenere la sua precisione e la sua incisività, è vero anche, tuttavia, che essa deve necessariamente coniare nuove espressioni e nuovi istituti per rispondere alle esigenze sociali che in ogni epoca sorgono e si evolvono.

Ciò appare evidente se si pensa che la lingua del diritto interagisce profondamente con la storia e con la cultura di un popolo, così come il lessico specialistico del diritto riflette l'ordinamento giuridico di un paese nel corso di diverse epoche storiche.

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Lo studio di tale lingua in una prospettiva diacronica consente dunque di cogliere non solo l'origine, ma anche le sfumature e le evoluzioni di cui essa è oggetto nei secoli.

@4. La lingua del diritto e le tecnologie informatiche

Se dunque ci chiediamo le ragioni che impongono la necessità di studiare la lingua del diritto, esse sono più di una.

In primo luogo, l'analisi storica di tale linguaggio permette di recuperare e di salvaguardare un enorme patrimonio culturale, altrimenti soggetto al rischio di un inevitabile e pericoloso deterioramento, o addirittura ad una irrimediabile perdita, che trascinerebbe con sé le radici e le fonti della nostra cultura giuridica.

Il linguaggio, in secondo luogo, è strumento di comunicazione e di circolazione dei concetti e degli istituti di cui si compone il diritto.

L'analisi del linguaggio, inoltre, è il presupposto dell'attività interpretativa da cui ciascun giurista non può prescindere nello svolgimento dei suoi compiti15.

A tale proposito, l'articolo 12 delle Preleggi del codice civile al primo comma prevede che...

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