La discrezionalità strumentale della stazione appaltante e il modello organizzativo ex d.lgs. n. 231/'01
Autore | Portaluri P.L. |
Pagine | 1493-1500 |
1493
Pier Luigi Portaluri
LA DISCREZIONALITÀ STRUMENTALE
DELLA STAZIONE APPALTANTE
E IL MODELLO ORGANIZZATIVO EX D.LGS. N. 231/’01
I. In linea di principio la p.A., nell’impostare il bando di gara per l’aggiudicazione
di un appalto pubblico, gode di discrezionalità str umentale circa la previsione sia dei
requisiti di partecipazione alla gara, sia dei criteri di valutazione delle offerte, i quali
risultino essere ulteriori rispetto a quelli minimi imposti dalla legge.
Si tratta di un potere di scelta che attiene al merito dell’azione amministrativa1,
giustificato dall’esigenza di garantire alla p.A. l’affidabilità tecnica, morale e finanzia-
ria dei partecipanti. Dalla necessità, cioè, di ancorare la valutazione della serietà di
un’impresa non solo a elementi definiti dalla normazione generale, ma anche a criteri
più aderenti alle esigenze specifiche e concrete sottese alla singola procedura, così da
precisare i contorni e quindi tutelare meglio l’interesse pubblico alla selezione del mi-
glior contraente possibile.
La stazione appaltante è tuttavia tenuta a indicare nel bando in modo chiaro i re-
quisiti di partecipazione richiesti e le modalità di redazione delle offerte, al fine di evi-
tare che sia compromesso il principio di massima concorrenza2.
Questa discrezionalità strumentale risponde a una duplice esigenza:
a) da un lato – come detto – individuare il miglior partner contrattuale a garanzia
della corretta esecuzione dell’appalto;
b) dall’altro, e in ossequio a principi fondamentali del diritto comunitario, rendere
più trasparente l’operato della stazione appaltante (cioè il procedimento di scelta).
L’oggetto di un potere siffatto è, sì, ampio: può infatti dispiegarsi dalle minute
modalità di confezionamento e di consegna del plico, alle ben più ampie tematiche
concernenti la dimostrazione del possesso dei requisiti di capacità tecnico-finanziaria,
come pure all’individuazione dei criteri d’attribuzione dei punteggi all’offerta (o di un
determinato punteggio a uno specifico elemento di valutazione), etc..
Ma, involgendo profili attinenti alla tutela della concorrenza, incontra un limite
sensibile: la fissazione di requisiti e parametri di valutazione aggiuntivi rispetto a quelli
minimi di legge dev’essere infatti esercitato in modo non discriminatorio, logico, ra-
gionevole e proporzionato rispetto all’oggetto dell’appalto3; in caso contrario, si tradur-
rebbe in una vieta limitazione all’accesso alla gara.
Perciò, se è vero che la stazione appaltante può calibrare i requisiti di partecipa-
zione a una gara (o gli elementi di valutazione delle offerte) prevedendone di più rigo-
rosi o in numero superiore a quelli di legge (anche) al dichiarato fine di limitare la pla-
tea dei possibili concorrenti o di restringere la partecipazione alla gara a soggetti parti-
colarmente qualificati4, tuttavia una tale scelta dovrà sempre essere condotta nel rispet-
1 Tar Lazio, I, 1 marzo 2002, n. 1577; III, 27 novembre 2002, n. 10823; III-ter 27 novembre 2003, n.
11966; I-ter, 11 novembre 2004, n. 12914; I-bis, 3 luglio 2006, n. 5360; Cons. Stato, IV 29 ottobre 2002, n.
5942; V, 3 1 dicembre 2003, n. 9305; V, 5 ottobre 2005, n. 5318; V, ord. 28 ottobre 2005, n. 5240; V, 15
marzo 2006, n. 1387; V, 14 aprile 2006, n. 2959; IV, 9 maggio 2006, n. 2567; IV, 15 settembre 2006, n.
5377; V, 8 settembre 2008, n. 3083; Tar Molise, I, 2 aprile 2008, n. 107; Tar Bologna, I, 11 aprile 2008, n.
1424.
2 Cons. Stato, A.p., ord. 4 dicembre 1998, n. 1.
3 Tar Milano, I, 18 giugno 2007, n. 5269.
4 Cons. Stato, V, 15 febbraio 2007, n. 647.
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