Lo statuto della proprietà immobiliare tra normativa statale e leggi regionali

AutoreLuciani M.
Pagine757-771
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Massimo Luciani
LO STATUTO DELLA PROPRIETÀ IMMOBILIARE
TRA NORMATIVA STATALE E LEGGI REGIONALI
SOMMARIO: I. Lo statuto della proprietà e la materia ordinamento civile di cui allart. 117, comma 2, lett. l),
Cost. - II. La materia urbanistica, la materia governo del territorio e il riparto di competenze tra
Stato e Regioni. - III. Norme di principio e norme di dettaglio. - IV. La materia edilizia.
I. Lo statuto della pr oprietà e la materia ordinamento civile di cui allar t. 117,
comma 2, lett. l), Cost.
Il titolo di questo scritto suggerirebbe una trattazione più che sintetica: lo statuto
della proprietà non è stretto tra legislazione statale e legislazione regionale per la sem-
plice ragione che la sua definizione è interamente riservata alla legislazione dello Stato.
In realtà, è evidente che, parlando di statuto, si intende riferirsi, più in generale, alla di-
sciplina del diritto (dei diritti) di proprietà e del suo (del loro) esercizio e, in questa
prospettiva, la problematica risulta ben più ampia e impone un ben diverso sforzo rico-
struttivo. Procediamo, comunque, per ordine, prendendo le mosse proprio dallaffer-
mazione tranchante dellesordio: che la definizione dello statuto della proprietà è inte-
ramente riservata alla legge dello Stato.
Come è noto, l art. 117, comma 2, lett. l), Cost., riserva allo S tato la materia
ordinamento civile. Subito dopo lentrata in vigore del nuovo Titolo V ci si è chiesti
quale fosse il significato di questo sintagma e come a mio avviso era prevedibile la
giurisprudenza costituzionale ha dato ragione a coloro che sostenevano che la sua in-
troduzione non aveva modificato nulla rispetto al passato: la più risalente giurispruden-
za (sin dalla sent. n. 7 del 1956) aveva riservato allo Stato la materia del diritto priva-
to e il riferimento all’“ordinamento civile non aveva spostato i termini della questio-
ne. Non a caso, lesistenza del limite del diritto privato è stata ribadita in una pronuncia
(la sent. n. 352 del 2001) che (essendo stata depositata il 6 novembre 2001) era già ben
consapevole dellimminente entrata in vigore della l. cost. n. 3 del 2001. Non è certo
sorprendente, dunque, se la sent. n. 295 del 2009 ha poi affermato che «lart. 117, se-
condo comma, lettera l), della Costituzione ha codificato il limite del «diritto privato»
consolidatosi nella giurispr udenza anterior e alla r iforma costituzionale del 2001 (v.,
tra le molte, le sentenze n. 190 del 2001; n. 379 del 1994; n. 35 del 1992; n. 51 del
1990; n. 691 del 1988; n. 38 del 1977; n. 108 del 1975 e n. 7 del 1956)».
È interessante ricordare che una delle primissime pronunce in materia successive
alla revisione costituzionale del 2001, la sent. n. 300 del 2003 (in materia di fondazioni
di origine bancaria, ormai definitivamente privatizzate), aveva ritenuto che la materia
ordinamento civile comprendesse anche «la disciplina delle per sone giuridiche di
diritto pr ivato» e che «non è [...] possibile invocare le funzioni attr ibuite alla compe-
tenza delle Regioni per rivendicar e a esse il potere di inger enza nellorga nizzazione di
soggetti che appartengono a un ambito diverso da quello pubblicistico che è il lor o».
Questo, però, con unimporrante precisazione: «ciò non toglie, na turalmente, che nei
confronti dellattività delle fondazioni di origine bancaria, come di quella di qualun-
que altro soggetto dell«ordinamento civile», valgano anche le nor me regiona li, ema-
nate nellambito delle proprie competenze per disciplinare i diversi settori dellattività
nei quali queste istituzioni, secondo i propri statuti, opera no».

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