Stalking condominiale e misure cautelari

AutoreCarmelo Minnella
Pagine620-625
620
giur
6/2014 Arch. nuova proc. pen.
LEGITTIMITÀ
staLking condominiaLe
e misure cauteLari
di Carmelo Minnella
SOMMARIO
1. Il caso concreto e i motivi di ricorso. 2. La reciprocità delle
condotte persecutorie non esclude il reato di stalking. 3. Le
misure cautelari dell’allontanamento dalla casa familiare e il
divieto di avvicinamento. 4. Esigenza di allontanare lo stalker
dal condominio: più idonea la misura ex art. 282-bis c.p.p.
con la prescrizione aggiuntiva del divieto di avvicinamento.
1. Il caso concreto e i motivi di ricorso
La pronuncia in rassegna affronta l’annosa questione
di quali siano le misure cautelari idonee ad arginare la
reiterazione di episodi di stalking condominiale (1). Sono
sempre più numerose, infatti, le pronunce dei giudici di
merito che per porre f‌ine allo stillicidio persecutorio, ap-
plicano misure cautelari a carico del condomino indagato
di atti persecutori (2). Anche nel caso giunto dinanzi alla
Suprema Corte, il Giudice per le indagini preliminari pres-
so il Tribunale di Forlì ha disposto il divieto di avvicina-
mento ai luoghi frequentati dalle persone offese ex art.
282-ter c.p.p.
Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cas-
sazione l’indagato lamentando: 1) l’assenza dei gravi
indizi di colpevolezza in quanto le condotte a lui ascritte
non avevano carattere persecutorio ma si inserivano nel
contesto di uno “scontro condominiale”; 2) la mancanza
dell’esigenza cautelare di cui all’art. 274, lett. c, posta a
fondamento del provvedimento restrittivo, in quanto si
sarebbe trattato di condotte estemporanee; 3) l’illogicità
della motivazione sotto il prof‌ilo dell’adeguatezza e della
proporzionalità della misura cautelare applicata in quanto
l’allontanamento imposto all’indagato dal condominio in
cui viveva, unitamente alla sua compagna ed alle due f‌i-
glie in tenera età, incide negativamente sul suo effettivo
esercizio alla genitorialità, con conseguente violazione di
principi costituzionali (artt. 29 e 2 Cost.) e di derivazione
comunitaria (artt. 7, 9 e 33 Carta di Nizza) e della Conven-
zione europea dei diritti dell’uomo (artt. 8 e 12).
2. La reciprocità delle condotte persecutorie non esclu-
de il reato di stalking
Con riferimento al primo motivo, occorre premettere
che, anche se si volesse avallare la tesi dell’indagato se-
condo la quale si è trattato di dissidi e aspri contrasti tra
i vicini di casa, la pacif‌ica giurisprudenza di legittimità
ritiene sussistente il delitto ex art. 612-bis c.p. nel caso di
reciprocità delle condotte persecutorie.
Sulla questione, in termini generali (non solo, quindi,
con riferimento all’ambito condominiale) si è espressa la
Suprema Corte ritenendo che «la reciprocità dei compor-
tamenti molesti non esclude la conf‌igurabilità del delitto di
atti persecutori, incombendo, in tale ipotesi, sul giudice un
più accurato onere di motivazione in ordine alla sussisten-
za dell’evento di danno, ossia dello stato d’ansia o di paura
della presunta persona offesa, del suo effettivo timore per
l’incolumità propria o di persone ad essa vicine o della ne-
cessità del mutamento delle abitudini di vita» (3).
Per giungere a tale conclusione si è partiti dalla premessa
che il paradigma normativo di riferimento, ossia quello del
reato di atti persecutori, prevede che dal comportamento
reiteratamente minaccioso o comunque molesto dell’agente
derivi, quale ulteriore evento dannoso, un perdurante stato
d’ansia o di paura della persona offesa, oppure un fondato
timore della stessa per l’incolumità propria o di soggetti vi-
cini, oppure ancora il mutamento necessitato delle proprie
abitudini di vita: tre fattispecie che valgono a connotare la
posizione della persona offesa come quella di un soggetto
violato nella propria libertà morale - come si desume dalla
collocazione sistematica della norma nella sezione III, del
titolo 12 del secondo libro del c.p. - e costretto ad una posi-
zione seriamente difensiva a causa della debordante invasi-
vità degli atti vessatori posti in essere dall’agente.
Si tratta, come è evidente, di un accertamento che in
tanto può dirsi incensurabile quanto ai requisiti della “offe-
sa” e della “difesa”, in quanto sia esteso a sindacare tutti gli
elementi utili offerti alla cognizione del giudice ed in parti-
colare quelli che possono servire a sceverare un comporta-
mento effettivamente persecutorio da altro comportamento
invece ricadente nell’ambito di una litigiosità, ad armi pari,
nell’ambito di un rapporto che risulti aggressivo, sia pure
con modalità extra-ordinem, ma in maniera biunivoca. Per i
giudici di legittimità, tuttavia, «si intende peraltro sostene-
re che la “reciprocità” dei comportamenti molesti comporti
necessariamente la esclusione, in linea di principio, della
rilevanza penale delle condotte come persecutorie ex art.
612-bis c.p. ma si vuole richiamare l’attenzione su un dato
che, ove ricorrente, comporterebbe un più accurato onere
di motivazione in capo al giudice in ordine al modo in cui
si verrebbe a conf‌igurare in concreto, quale conseguenza
del comportamento di ciascuno, lo stato d’ansia o di paura
della presunta persona offesa, o il suo effettivo timore per
l’incolumità propria o di persone a lei vicine o la necessità
del mutamento delle abitudini di vita» (4).
Deve valutarsi se si conf‌iguri, nel caso della reciprocità
degli atti minacciosi, la posizione di ingiustif‌icata predo-
minanza di uno dei due contendenti, tale da consentire di
qualif‌icarne le iniziative minacciose e moleste come atti di
natura persecutoria (5).
Tornando alla sentenza in commento, in ogni caso, gli
Ermellini escludono la reciprocità delle condotte di mi-
naccia e di molestie, in quanto dagli atti emerge che l’in-
dagato, «per diversi anni, incurante perf‌ino dei richiami

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