In tema di spendita del nome sociale nella rappresentanza cambiaria
Autore | Federico Briolini |
Pagine | 933-963 |
Federico Briolini
In tema di spendita del nome sociale
nella rappresentanza cambiaria*
S: 1. Premessa. – 2. La sottoscrizione cambiaria e «il nome e cognome o la ditta di colui che si
obbliga» (art. 8 l. camb.). – 3. Il problema della sottoscrizione con il nome del rappresentato. – 4.
(segue) La responsabilità del falsus procurator «anonimo» e del falsario. – 5. (segue) La regola dell’art. 11
l. camb. – 6. (segue) Il falsus procurator e il falsario nel sistema della pubblicità delle società di capitali
e l’art. 11 l. camb. – 7. (segue) La dissociazione tra «l’autore della documentazione» e «colui che si
obbliga». Sviluppi sulla composizione della rma cambiaria delle società. – 8. Rilievi conclusivi in
tema di autograa.
1. Da diversi anni, nella giurisprudenza in materia di rappresentanza cambia-
ria delle società sono consolidate alcune affermazioni, che possono ordinarsi come
segue:
i) «la sottoscrizione (di emittenza o) di girata di un assegno (o di una cambiale)…
deve soddisfare le esigenze di chiarezza, univocità e certezza, onde in ogni caso la
sottoscrizione stessa deve essere riconoscibile, nel senso che essa deve consentire che
sia accertata l’identità del sottoscrittore»;
ii) nel caso in cui «l’assegno (o la cambiale) sia emesso o girato da un ente collettivo
(persona giuridica, società commerciale)… la dicitura di emissione o di girata, se
pur non deve necessariamente contenere una specica formula dalla quale risulti il
rapporto di rappresentanza, [deve essere] tale da esplicitare un collegamento tra il
rmatario e l’ente, cosicché non vi siano dubbi in ordine al fatto che la dichiarazio-
ne cartolare sia stata emessa dal sottoscrittore in nome e per conto dell’ente»1;
iii) viola questi principî – vale a dire: non soddisfa le richiamate «esigenze di chiarezza,
univocità e certezza», né esplicita il «collegamento tra il rmatario e l’ente» – «la
dicitura di emissione o di girata» costituita da un «fregio» illeggibile, apposto su un
timbro recante la ragione o denominazione di una società;
iv) di conseguenza, la banca (ovvero il debitore) che paghi o negozî un titolo così con-
trassegnato, omettendo «il diligente controllo della legittimazione del presentatore»
richiesto dalla legge (artt. 46, comma 3°, l. camb. e 38 l. ass.), va incontro a respon-
sabilità2.
* Pubblicato anche in Banca borsa titoli di credito.
1 Così, da ultimo, Cass., 9 giugno 2006, n. 13463, in Banca e borsa, 2007, II, 553, con nota di D L,
“Timbri e scarabocchi”: note sulla sottoscrizione degli assegni bancari da parte di amministratori di società, e
Cass., 23 aprile 2004, n. 7761, in Giur. it., 2004, 1881, nella cui (identica) massima si leggono entrambe le
aermazioni riportate nel testo.
2 In questo senso cfr. – per rammentare solo le pronunzie più recenti – Cass., 12 dicembre 2005, n.
27378, in Foro it., 2007, I, 255, con nota di S, La responsabilità della banca per il pagamento
di assegni a soggetto non legittimato (in motivazione); Cass., 25 gennaio 2001, n. 1058, in Riv. not.,
2002, 225; Cass., 15 ottobre 1999, n. 11621, in Banca e borsa, 2000, II, 654, con nota di P;
934 Studi in onore di Umberto Belviso
Sulle prime, tali assunti parrebbero pienamente condivisibili, essendo – per dir così
– intuitiva l’irregolarità della contemplatio domini eseguita da un soggetto che non solo
risulti inidenticabile, ma trascuri anche di esprimere sulla chartula il nesso che lo lega
alla società (in ipotesi) rappresentata.
Tuttavia, credo che una riessione più attenta su questi aspetti rivesta qualche inte-
resse: sia perché, al suo esito, si potrebbe revocare in dubbio la correttezza di convinci-
menti che, pure, si palesano quasi indiscussi; sia perché, e correlativamente, alcuni risul-
tati applicativi comunemente recepiti potrebbero apparire meno sicuri di quanto oggi si
sia portati a considerarli.
Con maggior precisione, nelle pagine che seguono mi propongo di vericare se sia
possibile – in determinate ipotesi – attribuire ecacia cartolare al trasferimento operato
per conto di una società, pur quando il sottoscrittore abbia apposto sul titolo una rma3
che la communis opinio su riferita giudica formalmente irregolare e, dunque, inidonea a
produrre eetti impegnativi per l’ente4.
Cass., 1° luglio 1997, n. 5886; Cass., 28 giugno 1988, n. 4367, in Banca e borsa, 1989, II, 315, con
nota di M. R.[]; tra le decisioni di merito, Trib. Milano, 12 gennaio 2009, di prossima pub-
blicazione ivi, con nota di N; App. Salerno, 11 febbraio 2002, in Giur. it., 2002, 1433; App.
Milano, 18 agosto 2000, in Banca e borsa, 2002, II, 120, con nota di B; Trib. Verona, 29 otto-
bre 1997, ivi, 1999, II, 216; Trib. Roma, 6 ottobre 1997, e Trib. Napoli, 10 giugno 1997, ambedue
ivi, 1999, II, 238; Pret. Macerata, 4 aprile 1997, in Foro it., 1997, I, 2323; Trib. Milano, 29 aprile
1994, in Banca e borsa, 1996, II, 71, con nota di S, «Sottoscrizione meccanica» e «rma» dei
titoli cambiari; Trib. Milano, 9 dicembre 1993, in Giur. it., 1994, I, 2, 650; Trib. Padova, 2 marzo
1993, in Nuovo dir., 1994, 419, con nota di B; Trib. Milano, 21 maggio 1992, in Banca e borsa,
1993, II, 601, con nota di P.
Il caso tipico in cui i giudici hanno avuto modo di aermare tali principî è quello della sottrazione di un
assegno bancario tratto all’ordine di una società e presentato all’incasso – eventualmente, previa cancellazio-
ne della clausola «non trasferibile» – con una girata falsa: caso nel quale è costante la condanna della banca
trattaria (o negoziatrice), per aver pagato (o negoziato) il titolo senza il «diligente controllo della legittima-
zione del presentatore» di cui si parla nel testo.
3 Conformemente a una consuetudine linguistica che ormai non distingue, e altresì all’uso fattone dalle
leggi speciali in tema di cambiale e di assegno, qui di seguito impiegherò i termini «sottoscrizione» e «rma»
alla stregua di sinonimi [cfr., già, C, Studi sulla sottoscrizione, in Riv. dir. comm., 1929, I, 512 s.,
e più di recente P, L’assegno bancario, I, Padova, 1964, 68, nt. 1; v. anche, per taluni rilievi sul signi-
cato della parola «signature» nel sistema delle leggi uniformi, G, Sulla sottoscrizione della cambiale
e dell’assegno bancario, in Banca e borsa, 1955, I, 454 ss.; nonché S (nt. 2), 84, nt. 6, dove critiche
alla «sinonimia arbitrariamente stabilita» dalla legge cambiaria].
4 Invece, non intendo arontare la questione se la rma debba essere autografa (nel senso di non ripro-
dotta meccanicamente): anzi, ai ni che interessano si può senz’altro muovere dal presupposto che l’au-
tograa sia necessaria. Invero, e come emergerà dall’indagine, si tratta di temi che – per quanto presenti-
no signicativi elementi di contiguità e alcuni punti di contatto (cfr. ultra, nn. 3 e 8) – devono reputarsi
concettualmente diversi. Per convincersene, è suciente notare che, se l’autograa fosse richiesta, la sua
assenza renderebbe priva di rilievo la riconoscibilità della sottoscrizione (nel senso chiarito nel testo, sub
i), ovvero la riferibilità di questa all’ente (si pensi a un timbro che riproduca, senza alcuna ambiguità e in
extenso, la rma dell’obbligato, e se del caso quella del rappresentante), mentre all’inverso il difetto
dell’uno o dell’altro di tali requisiti non potrebbe essere «sanato» dall’autograa della sottoscrizione
(come accade proprio nelle ipotesi di cui si è detto poc’anzi, ove sulla chartula gura un «fregio» scritto sì
di pugno dal preteso rappresentante, ma composto violando – almeno secondo la giurisprudenza – la
regola che esige l’indicazione del «nome e cognome» o della «ditta di colui che si obbliga»: artt. 8 l. camb.
e 11 l. ass., sui quali v. subito oltre nel testo).
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