La sorte del contratto concluso dall'institore senza spendere il nome dell'impresa

AutoreUgo Minneci
Pagine105-122
Ugo Minneci
La sorte del contratto concluso dall’institore
senza spendere il nome dell’impresa
S: 1. L’ambiguità del dato normativo. – 2. L’esteriorizzazione dell’incarico institorio come requisi-
to di fattispecie. – 3. Gli interessi tutelati dall’art. 2208. – 4. La possibilità di ravvisare nel caso con-
creto una contemplatio domini implicita. – 5. La pertinenza all’attività quale criterio di imputazione
dell’aare realizzato dall’institore. – 6. La posizione dell’institore verso il soggetto con il quale ha
concluso il contratto. – 7. I rapporti fra imprenditore e preposto. – 8. L’applicabilità della regola alla
gura del procuratore.
1. È noto che per l’ipotesi in cui l’institore concluda un aare senza rivelare che
tratta per il preponente, l’art. 2208 c.c. detta una regola ad hoc che deroga dai principi
generali che governano il fenomeno dell’agire in sostituzione, tanto che si estrinsechi
secondo lo schema del mandato, quanto secondo quello della rappresentanza volonta-
ria1. Nel far seguire al perfezionamento di un contratto pertinente all’impresa la possibi-
lità per il terzo contraente di agire nei confronti sia del preposto che del titolare dell’at-
tività, la norma viene invero ad adottare una soluzione che si discosta non solo dal
disposto dell’art. 1705 c.c. (il quale, come confermato da una recente statuizione delle
Sezioni Unite2, esclude contatti da parte del terzo con il mandante), ma anche dal mec-
canismo, delineato dall’art. 1388 c.c., di deviazione automatica in testa al rappresentato
di tutti gli eetti derivanti dal contratto perfezionato dal sostituto (che rimane così libe-
rato da ogni strascico del relativo rapporto).
Spesso assunta come archetipo della specialità del diritto commerciale rispetto a
quello civile3, la norma conserva a tutt’oggi alcuni nodi irrisolti in punto di fattispecie,
come pure in relazione al suo contenuto precettivo.
Sotto il primo prolo, si suole aermare che la regola si applicherebbe all’ipotesi
dell’institore palese, il quale tenga, al momento della conclusione del contratto, compor-
tamenti tali da ingenerare incertezza circa l’eettivo dominus dell’aare. Non manca
tuttavia chi identica il referente materiale dell’art. 2208 (anche) nella situazione in cui
la qualità di institore risulti ignota o non riconoscibile dal terzo con l’ordinaria diligenza.
Quanto all’altro aspetto, appare incerto se la norma delinei un pezzo di disciplina
della obbligazione (riveniente dal contratto) o del contratto (in quanto tale). Più preci-
samente, rimane da chiarire se la disposizione in esame si limiti ad aggiungere, accanto
1 Come precisa S. D , La «contemplatio domini». Contributo alla teoria della rappresentanza,
Milano, 2001, 464, «contrariamente a quanto sembrerebbe suggerire la lettera del dettato normativo, l’art.
2208 contempla in realtà un’unica fattispecie», cui viene ricollegato il duplice ordine di conseguenze previ-
sto nelle due frasi in cui si articola la disposizione.
2 Il riferimento corre a Cass. Civ. sez. un., 8 ottobre 2008, n. 24772, in Corr.giur., 2009, 619 s., con nota
di D. M, Le azioni contrattuali nel mandato senza rappresentanza: interesse del mandante e adamento
del terzo.
3 Così G. C, Diritto civile e diritto commerciale oltre il sistema dei codici, in Riv. dir. civ., 1974, I, 550.
106 Studi in onore di Umberto Belviso
all’institore, un nuovo obbligato verso il terzo contraente; oppure se, malgrado l’assenza
della spendita del nome altrui, faccia entrare nel corpo dell’aare un soggetto diverso dal
preposto, ferma restando la responsabilità anche di quest’ultimo. Nella prima ipotesi, il
preponente resterebbe estraneo al rapporto contrattuale, ma sarebbe fatto responsabile
ex lege delle obbligazioni gravanti sul preposto; nell’altra, gli verrebbe attribuita la posi-
zione di controparte del terzo contraente (e quindi di destinatario degli eetti vantaggio-
si e svantaggiosi dell’aare)4.
2. Si deve senz’altro a Bigiavi il tentativo più ranato di estrapolare dal novero dei
presupposti applicativi dell’art. 2208 quello del carattere palese della preposizione instito-
ria. Come è noto, almeno per un certo periodo, per munire di un fondamento normativo
la teoria dell’imprenditore occulto, l’illustre autore ha fatto riferimento proprio (alla re-
gola in esame, o meglio) alla possibilità per il terzo contraente di agire anche verso il pre-
ponente: e questo ravvisando nel comportamento dell’ausiliario che stipula senza spende-
re il nome dell’impresa il modo di agire tipico del c.d. institore segreto, ovvero di colui che,
pur presentandosi agli occhi dei terzi come il titolare della iniziativa, risponde in realtà a
un dominus (il preponente, per l’appunto) che preferisce rimanere nascosto5. È altrettanto
risaputo che, in prosieguo di tempo, lo stesso Bigiavi ha retticato il tiro, identicando
nell’art. 147, comma 2 l. fall. (vecchio testo) la norma più idonea a giusticare la respon-
sabilità dell’imprenditore occulto per i debiti relativi all’impresa. Cionondimeno, con ri-
guardo specico all’art. 2208, la dottrina in commento non ha mancato di ribadire che
se è vero che tale norma deve ritenersi costruita sull’ipotesi dell’institore palese che con-
cluda un contratto inerente all’impresa senza spendere il nome del titolare, tuttavia pro-
prio «l’art. 147 e la soluzione in esso implicita vengono a lumeggiare il signicato, altri-
menti incerto, dell’art. 2208, perché … ammettere la gura dell’imprenditore occulto
signica riconoscere anche e necessariamente la gura dell’institore segreto»6.
4 Per la verità, si potrebbe anche immaginare che il legislatore abbia inteso costruire una mera fattispecie di
responsabilità, trattando il comportamento opaco tenuto dall’institore nella fase della stipulazione alla stre-
gua di una scorrettezza precontrattuale, sanzionabile con un obbligo risarcitorio. Quanto all’azione nei
confronti del preponente, per giusticarla, basterebbe un richiamo all’art. 1228 c.c. oppure all’art. 2049
c.c., a seconda dell’inquadramento (per inadempimento o ex delicto) che si ritenga più appropriato per la
responsabilità precontrattuale. Ma in tale modo, il contratto concluso dall’ausiliario verrebbe privato del
valore giuridico che gli è proprio, per essere retrocesso a mero presupposto di fatto, rectius a co-elemento
costitutivo, della predetta gura di responsabilità. Inoltre, interpretare il precetto di cui all’art. 2208 in
chiave esclusivamente risarcitoria equivarrebbe ad ammettere che, tra i vari interessi in gioco, il legislatore
abbia compiuto una precisa scelta di campo, ritenendo meritevole di tutela solo la posizione del terzo con-
traente: di una tutela peraltro subordinata alla disponibilità della prova del danno soerto e, per di più, in-
capace di far conseguire il bene della vita dedotto nel contratto, tutte le volte in cui quest’ultimo non
coincida con una prestazione pecuniaria.
5 Cfr. W. Bigia, Società occulta e imprenditore occulto, in Riv.trim.dir.proc.civ., 1949, I, 19. In un passo
successivo (p. 25), l’autore indica nell’art. 2208 il «punto di partenza» di tutto il ragionamento sulla respon-
sabilità dell’imprenditore occulto.
6 La frase è tratta da W. Bigia, Difesa dell’imprenditore occulto, Padova, 1962, 73. Ma già nel lavoro, L’im-
prenditore occulto, Padova, 1957, 51 ss., l’autore aveva modicato il proprio avviso. Mette altresì conto di
segnalare che, nella impostazione di Bigiavi, titolare dell’aare sarebbe l’institore segreto che lo ha concluso,

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