La sopraelevazione degli edifici in condominio

AutoreAlessandro Cocchiara
Pagine547-559

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    Relazione svolta: all'incontro di studi sul tema Questioni attuali in materia di condominio e locazione, Frascati, 14-16 febbraio 2000.

@1. Cenni storici

L'art. 564 c.c. del 1865 disponeva: Il proprietario dell'ultimo piano di una casa non può, senza il consenso dei proprietari degli altri piani, alzare nuovi piani o nuove fabbriche, eccettuate quelle costituenti parapetti di lastrici solari qualora possa derivarne danno al valore della proprietà degli altri.

La disposizione, inserita in un contesto normativo che dedicava alla proprietà divisa per piani solo tre articoli (artt. 562-563 e appunto l'art. 564 c.c. del 1865), consentiva ampia libertà di iniziativa edilizia al solo proprietario dell'ultimo piano 1, posto che l'unico limite che incontrava era quello di non realizzare fabbriche che arrecassero danno al valore delle proprietà sottostanti. In tal caso detto proprietario comunque avrebbe potuto sopraelevare, purché si fosse procurato il preventivo consenso degli altri proprietari dei piani sottostanti.

Nella pratica era poi necessario procurarsi il consenso, atteso che normalmente, eccettuati rari casi, la sopraelevazione incideva comunque sul valore delle proprietà degli altri; il concetto di valore della proprietà era ben diverso e di portata più ampia del danno materiale alla stessa proprietà.

Ovviamente anche il (o pericolo di) danno materiale sotto il profilo statico, estetico, di aerosità, luminosità, etc., in quanto incidente sul «valore» delle proprietà esclusive, poteva costituire ragione ostativa all'iniziativa del sopraelevante, che, quindi, senza il consenso degli altri condomini non avrebbe potuto sopraelevare.

Comunque, ottenuto il consenso, il proprietario dell'ultimo piano non doveva alcuna indennità o indennizzo per l'eseguita sopraelevazione 2.

Dal punto di vista economico-sociale, caratterizzato dalla proprietà esclusiva degli edifici e dall'ignoranza, quindi, del fenomeno condominiale, da parte del legislatore, la sopraelevazione era in definitiva intesa come il naturale completamento di uno stabile, limitato ad un numero di piani minore di quello originariamente previsto, senza problemi connessi alla statica. Anche per i piccoli proprietari, così come avviene ancora oggi in alcune zone del Paese, era frequente il caso di realizzazione per gradi del fabbricato, in rapporto alle disponibilità economiche del momento.

A causa del fenomeno dell'urbanesimo di sempre più vasti ceti sociali dovuto anche all'industrializzazione, fiorente nei pressi o addirittura nei centri abitati e soprattutto dopo il primo conflitto mondiale, che procurò una grave crisi di alloggi, il legislatore prese finalmente «cognizione» dell'istituto condominiale e disciplinò più compiutamente, rispetto allo scarno art. 564 c.c. 1865, il diritto di sopraelevazione, consapevole delle mutate tecniche edilizie che consentivano le sopraelevazioni, anche mediante adeguate opere di rafforzamento e delle norme regolamentari che autorizzavano maggiori altezze degli edifici in rapporto alle larghezze stradali.

Così il R.D.L. 15 gennaio 1934 n. 56, convertito nella legge 10 gennaio 1935, n. 8, nel dettare una completa disciplina del condominio, all'art. 12 disponeva: Il proprietario dell'ultimo piano dell'edificio, il quale voglia elevare nuovi piani e nuove fabbriche, deve accertare se le condizioni statiche del fabbricato lo consentano, eseguendo, ove occorra, le opere di consolidamento necessarie a sostenere il peso della nuova fabbrica, e deve corrispondere agli altri condomini un indennizzo non superiore al valore della porzione di area da occuparsi con la sopraelevazione diviso per il numero dei piani sovrastanti, compreso quello da edificare.

La sopraelevazione può essere vietata qualora essa alteri notevolmente l'aspetto architettonico dell'edificio, ne danneggi la consistenza, rendendo più frequenti le riparazioni o abbreviandone la durata, ovvero se essa diminuisce l'aria e la luce dei piani sottostanti.

Il proprietario dell'ultimo piano che eserciti, nei limiti sopra indicati, la facoltà di elevare nuovi piani o nuove fabbriche, è tenuto a ricostruire il lastrico o la terrazza su cui tutti o parte dei condomini avessero diritto d'uso, in modo da non rendere più imcomodo l'uso privato.

Brevemente può osservarsi: 1) che non era più richiesto il preventivo consenso degli altri condomini per l'esercizio del diritto di sopraelevazione da parte del proprietario dell'ultimo piano; 2) che quest'ultimo era abilitato anche a far eseguire preventive opere di consolidamento onde assicurare la statica del fabbricato; 3) che la sopraelevazione era vietata nei casi di notevole alterazione dell'aspetto architettonico dell'edificio, di danneggiamento della consistenza, anche in riferimento a maggiori oneri di manutenzione o di abbreviazione della «durata», di diminuzione dell'aria o della luce dei piani sottostanti; 4) che era in ogni caso e per la prima volta previsto l'obbligo di corrispondere un indennizzo a favore degli altri condomini; 5) che l'indennizzo era determinato in base al valore della porzione dell'area da occupare 3 - dividendo - diviso per il numero dei piani sovrastanti compreso quello di edificare; 6) che il sopraelevante era tenuto a ricostruire il lastrico o la terrazza preesistenti ed occupati dalla sopraelevazione.

Non è questa la sede per riportare le dispute sorte sull'interpretazione ed applicazione della citata norma che ormai hanno solo un valore «storico» 4.

Sono, invece, ancora vigenti, in quanto non abrogate dal successivo art. 1127 c.c., le disposizioni di cui agli artt. 216 e 217 R.D. 28 aprile 1938 n. 1165, che insieme a tutte le altre norme del titolo XII dettano una disciplina particolare del condominio e dei diritti ed obblighi dei singoli proprietari nelle cooperative a contributo erariale e mutuatari della Cassa Depositi e Prestiti 5.

L'art. 216 cit. attribuisce la facoltà di sopraelevare al proprietario dell'ultimo piano purché sia proprietario anche della terrazza soprastante ovvero quando l'edificio sia coperto da tetto, previo consenso insindacabile del Ministero LL.PP. e della Cassa Depositi e Prestiti (primo comma).

Non è richiesto il consenso dei proprietari dei piani sottostanti che, però, possono far valere le loro ragioni, nel Page 548 caso in cui provino che la sopraelevazione arrechi danno al loro alloggio, mediante opposizione da presentare al Ministero predetto. Analoga opposizione può essere fatta dai proprietari dei fabbricati vicini, appartenenti allo stesso gruppo originario cooperativistico (secondo comma).

L'art. 217 cit. riconosce, poi, l'indennità di sopraelevazione soltanto nel caso di sopraelevazione operata dal proprietario dell'ultimo piano in edificio coperto da tetto (nulla deve invece il proprietario della sovrastante terrazza).

L'indennità, inoltre, è calcolata con criteri diversi da quelli previsti dall'art. 1127, poiché essa corrisponde alla somma risultante dalla divisione del valore dell'area da occuparsi con la sopraelevazione per il numero dei piani dell'edificio compresa la sopraelevazione (senza quindi la detrazione dell'importo della quota preesistente spettante al sopraelevante) e ripartendo tale somma fra tutti i condomini in proporzione del costo dei rispettivi alloggi.

È evidente che il criterio di ripartizione, ragguagliato al costo degli alloggi, è diverso e più puntuale rispetto a quello indeterminato dell'art. 1127 c.c.

Inoltre dette disposizioni nulla dicono circa l'obbligo di ricostruzione del lastrico solare o del tetto, che, comunque, può ritenersi sussistente in base al principio fondamentale di cui all'art. 1102 c.c., che trova applicazione particolare nel condominio nelle fattispecie regolate dagli artt. 1120 e 1122 c.c.

L'esclusione di indennizzo ai proprietari dei piani sotto stanti per il caso di sopraelevazione effettuata dal proprietario dell'ultimo piano su terrazza di copertura (e non sul tetto), prescinde dai requisiti di bisogno economico previsti in tema di edilizia economica e popolare. Peraltro detta disciplina - in virtù dell'espressa previsione dell'art. 201 del citato R.D. - è sottoposta a limiti temporali e cessa di essere operante allorché tutti gli alloggi di un determinato edificio siano stati riscattati o ammortizzati, con la conseguenza che, successivamente, detta sopraelevazione resta regolata dalla disciplina del codice civile (art. 1127), che prevede un'indennità quale corrispettivo non solo dell'occupazione della colonna d'aria, ma anche del maggior uso del suolo e degli altri elementi comuni 6.

L'art. 1127 c.c. rispetto alla precedente disciplina della sopraelevazione ha apportato, in breve, le seguenti modifiche: 1) ha attribuito la facoltà di sopraelevazione sia al proprietario dell'ultimo piano sia al proprietario esclusivo del lastrico solare (o terrazza di copertura dell'edificio); 2) ha introdotto, quale condizione di ammissibilità della sopraelevazione, l'idoneità statica dell'edificio; 3) ha precisato che gli altri condomini possono opporsi nel caso in cui la sopraelevazione pregiudichi l'aspetto architettonico dell'edificio o diminuisca notevolmente l'aria o la luce dei piani sottostanti; 4) nulla ha previsto circa l'obbligo o facoltà per chi sopraelevi di eseguire eventuali lavori di rafforzamento o consolidamento delle strutture preesistenti; 5) ha precisato che si deve tener conto, quale dividendo a base del calcolo dell'indennità, del valore attuale dell'area da occupare; 6) ha stabilito un criterio di determinazione dell'indennità alquanto empirico e semplicistico, che non tiene conto di tutte le possibili variabili delle concrete fattispecie.

Va subito precisato che l'art. 1127 c.c. è di immediata applicazione nel senso che l'art. 564 c.c. del 1865, circa i diritti del proprietario dell'ultimo piano di un edificio, come in generale la disciplina della comunione e del condominio dettata da tale codice, è stato abrogato dall'attuale codice civile, il quale regola...

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