Società del rischio e tutela ambientale: sulla legitimatio ad causam degli enti esponenziali nel processo penale

AutoreLucia La Gioia
Pagine109-114

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“Parvemi sempre che uno dei più eloquenti criterî per giudicare il grado maggiore o minore di libertà civile lasciato ai cittadini dai rettori della nazione sia quello che si desume dalla maggiore o minore balìa che hanno i privati nello esercizio della azione penale da promuoversi contro i colpevoli di un delitto” 1 .

Così scriveva F. Carrara nel 1865, ma ancora oggi la partecipazione al processo penale degli enti esponenziali, portatori di istanze sociali nella forma di interessi diffusi o collettivi, è un nodo cruciale su cui si confrontano dottrina e giurisprudenza2.

Il dibattito circa il ruolo e i poteri degli enti esponenziali nel processo penale si accende con la crescente consapevolezza dell’inadeguatezza delle istituzioni dello Statoapparato, volte alla tutela di una società improntata ad una visione fondamentalmente individualistica, come pure delle istituzioni processuali, concepite per la tutela dei reati tradizionali. Nella nuova “società del rischio”, invece, occorre fronteggiare le esigenze di tutela dei nuovi interessi superindividuali evidenziati dalla mutata coscienza sociale. Infatti, a partire dalla fine degli anni ‘70, emergono, come antagonisti alle posizioni sociali, economiche e giuridiche dominanti nella società, “nuovi” diritti di libertà, secondo l’istanza dinamica contenuta nell’articolo 3, comma II della

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Costituzione, sempre più spesso aggrediti da nuove figure di reato lesive di interessi diffusi o collettivi3.

Tali nuovi diritti riguardano l’ambiente e il territorio, il patrimonio storico, artistico e paesaggistico, la salute, l’igiene e la genuinità degli alimenti, la sicurezza, la dignità umana, il lavoro, l’informazione, la tutela dei consumatori o di altre categorie di soggetti ritenuti deboli in determinati contesti e reclamano un’adeguata tutela giurisdizionale. Di tale nuova istanza sociale, che mira a realizzare uguaglianza, giustizia e libertà sostanziali, si fa portavoce un numero sempre crescente di enti rappresentativi degli interessi generali lesi dalle varie fattispecie di reato, specie quelle di nuovo conio (si pensi all’illecito ambientale, alla responsabilità medica, alla violazione delle norme antinfortunistiche, alla frode nel commercio, ai reati societari e via dicendo)4.

La richiesta di tutela collettiva portata avanti da tali enti esponenziali se, da un lato, si scontra con la struttura giuridica del nostro ordinamento, è, al medesimo tempo, incentivata dalla sempre maggiore sfiducia nel ruolo di monopolista dell’accusa del pubblico ministero, non sempre capace di affrontare i problemi moderni e di comprenderne le implicazioni che, per la loro novità e complessità, sono spesso alieni alla tradizionale cultura della giurisprudenza5.

Il legislatore ha via via previsto sempre più numerose ipotesi di legittimazione di enti esponenziali nei processi penali, ma la svolta pare profilarsi con il c.p.p. del 1988 che affianca alla tradizionale costituzione come parte civile in conseguenza di un danno immediato e diretto ex art. 74 e ss., un’inedita possibilità di intervento di tali enti quali persone offese dal reato agli artt. 90 e ss., prescindendo da un’istanza di risarcimento. Tuttavia, dalla formula restrittiva dell’art. 91 c.p.p. si intuisce la scarsa applicazione a cui sarà destinato tale istituto, in contrapposizione al frequente ricorso allo schema dell’azione civile nel processo penale attraverso la costituzione di parte civile, rimanendo ancorati alle precedenti elaborazioni sorte e giustificate nel vigore del c.p.p. 1930.

Oggi (in seguito ai gravi crack finanziari che hanno dato forti scosse al sistema economico italiano, alle nuove concezioni dell’ambiente quale bene giuridico meritevole di tutela effettiva, alla elaborazione di unità di risk management che consentano la prevenzione dell’errore in medicina e quindi della tutela della salute, ai nuovi profili di responsabilità che si possono ve-

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nire a delineare con l’etica di fine vita, all’inasprimento della responsabilità datoriale per infortuni sul lavoro, ecc.) torna alla ribalta il dibattito sulla carenza negli ordinamenti giuridici europei di strumenti capaci di tutelare efficacemente situazioni giuridiche facenti capo simultaneamente a più soggetti.

Recenti indagini comparatistiche, nate dal confronto con le esperienze e gli strumenti degli ordinamenti di matrice anglosassone nei casi di “mass torts”, hanno spinto più parti ad evidenziare la necessità di una riforma palingenetica della giustizia, che tenga conto delle esigenze di tutela derivanti dalla società di...

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